Strada sconnessa, il ciclista cade ma non è colpa del comune
La Cassazione, con una recente sentenza, conferma il principio di autoresponsabilità in materia di cose in custodia dettato dall’orientamento interpretativo riguardo all’art. 2051 c.c.
La questione in causa ha ad oggetto il dissesto di un manto stradale, sul quale un ciclista si era imbattuto con la sua bicicletta cadendo a causa di alcune buche di varie dimensioni. La Cassazione, da ultimo si è pronunciata in merito con la sentenza n. 28057 del 30 ottobre 2024.
In principio, il ciclista aveva chiamato in causa il Comune al fine di vedersi risarcire i danni subiti a causa del suddetto evento ma la sua domanda veniva rigettata dal giudice di primo grado, in quanto lo stesso riteneva una responsabilità da caso fortuito con la sola e unica responsabilità in capo al danneggiato, e rappresentando come il dissesto stradale non presentasse alcuna peculiarità di insidia tale da non essere prevista ed evitata con le normali azioni di cautele da parte del danneggiato.
Dello stesso avviso seguiva il giudice di secondo grado, che argomentava in uguali termini e che respingeva di fatto la domanda del danneggiato specificando come la buca de manto stradale, dove il danneggiato si era imbattuto, poteva essere evitata se lo stesso avesse tenuto una velocità adeguata tale alla condizione del luogo in cui si trovava in quanto la buca veniva considerata ben visibile, sia per le dimensioni che per le condizioni di luminosità in cui l’evento stesso si era verificato.
Il ciclista, nel rivolgersi alla Corte adduceva come i giudici di merito non avessero verificato se la sua stessa condotta potesse essere effettivamente idonea ad interrompere il nesso causale intercorrente tra res custodita, dal Comune custode della strada, ed evento dannoso, e tale da risultare munita di quell’efficacia causale utile ad escludere la produzione dell’evento lesivo, in quanto eccezionale, autonoma, imprevedibile ed evitabile.
A tal riguardo, la Corte si pronuncia ritenendo che la colpa del custode non attenga ad elemento costitutivo della sua responsabilità e con la conseguenza che la prova liberatoria, che eventualmente dovrebbe palesare nel caso in cui il danneggiato dimostri un nesso di causalità tra la cosa e l’evento dannoso, non potrebbe essere di per sé l’assenza di colpa ma solamente la sussistenza di un fatto (fortuito in senso stretto) o un atto (del danneggiato o del terzo) che si andrebbe a porre in una connessione causale con l’evento di danno e che, ai sensi dell’art. 41 secondo comma, si caratterizzerebbe per esserne causa esclusiva.
Da ultimo, la Corte ribadisce che la concorrenza causale della condotta del danneggiato non richieda alla stessa di presentarsi anche come autonoma, eccezionale, imprevedibile e inevitabile ma che sia sufficiente la sola natura colposa (Cass. 2376/2024).
Dott.ssa Serenella Angelini
Strada sconnessa, il ciclista cade ma non è colpa del comune
La Cassazione, con una recente sentenza, conferma il principio di autoresponsabilità in materia di cose in custodia dettato dall’orientamento interpretativo riguardo all’art. 2051 c.c.
La questione in causa ha ad oggetto il dissesto di un manto stradale, sul quale un ciclista si era imbattuto con la sua bicicletta cadendo a causa di alcune buche di varie dimensioni. La Cassazione, da ultimo si è pronunciata in merito con la sentenza n. 28057 del 30 ottobre 2024.
In principio, il ciclista aveva chiamato in causa il Comune al fine di vedersi risarcire i danni subiti a causa del suddetto evento ma la sua domanda veniva rigettata dal giudice di primo grado, in quanto lo stesso riteneva una responsabilità da caso fortuito con la sola e unica responsabilità in capo al danneggiato, e rappresentando come il dissesto stradale non presentasse alcuna peculiarità di insidia tale da non essere prevista ed evitata con le normali azioni di cautele da parte del danneggiato.
Dello stesso avviso seguiva il giudice di secondo grado, che argomentava in uguali termini e che respingeva di fatto la domanda del danneggiato specificando come la buca de manto stradale, dove il danneggiato si era imbattuto, poteva essere evitata se lo stesso avesse tenuto una velocità adeguata tale alla condizione del luogo in cui si trovava in quanto la buca veniva considerata ben visibile, sia per le dimensioni che per le condizioni di luminosità in cui l’evento stesso si era verificato.
Il ciclista, nel rivolgersi alla Corte adduceva come i giudici di merito non avessero verificato se la sua stessa condotta potesse essere effettivamente idonea ad interrompere il nesso causale intercorrente tra res custodita, dal Comune custode della strada, ed evento dannoso, e tale da risultare munita di quell’efficacia causale utile ad escludere la produzione dell’evento lesivo, in quanto eccezionale, autonoma, imprevedibile ed evitabile.
A tal riguardo, la Corte si pronuncia ritenendo che la colpa del custode non attenga ad elemento costitutivo della sua responsabilità e con la conseguenza che la prova liberatoria, che eventualmente dovrebbe palesare nel caso in cui il danneggiato dimostri un nesso di causalità tra la cosa e l’evento dannoso, non potrebbe essere di per sé l’assenza di colpa ma solamente la sussistenza di un fatto (fortuito in senso stretto) o un atto (del danneggiato o del terzo) che si andrebbe a porre in una connessione causale con l’evento di danno e che, ai sensi dell’art. 41 secondo comma, si caratterizzerebbe per esserne causa esclusiva.
Da ultimo, la Corte ribadisce che la concorrenza causale della condotta del danneggiato non richieda alla stessa di presentarsi anche come autonoma, eccezionale, imprevedibile e inevitabile ma che sia sufficiente la sola natura colposa (Cass. 2376/2024).
Dott.ssa Serenella Angelini
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