La sospensione feriale vale solo per i termini processuali
Con la pronuncia numero 3903 del 2023, la Corte di Cassazione ha ritenuto irrilevante, rispetto al decorso del termine dilatorio per l’emanazione dell’avviso di accertamento di cui all’art. 12 comma 7 della legge n. 212/2000, la sospensione per ferie prevista, per i termini processuali, in forza dell’art. 1 della legge n. 742 del 1969.
Nell’esaminare le ragioni della decisione va premesso che l’art. 12 dello statuto dei diritti del contribuente, al comma 7, garantisce espressamente a quest’ultimo la facoltà di comunicare, nel termine di 60 giorni dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, osservazioni e richieste, perché siano valutate dagli uffici impositori prima dell’emanazione dell’avviso di accertamento.
Si tratta di una disposizione testualmente ispirata al principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, che assume notevole rilevanza nell’ottica del rispetto del diritto al contraddittorio preventivo del cittadino nei confronti del Fisco: grazie ad essa è possibile evitare una scorretta valutazione delle risultanze istruttorie e così prevenire l’emanazione di un avviso di accertamento inesatto e i suoi connessi (e significativi) effetti lesivi; così dando attuazione, oltre che a una più generale esigenza di deflazione processuale, ai principi costituzionali di buon andamento della P.A. (art. 97), di capacità contributiva (art. 53) e di uguaglianza (art. 3).
Si comprende perché l’avviso di accertamento non possa essere emanato prima della scadenza del termine di 60 giorni, salvo che ricorrano particolari (e motivate) condizioni di urgenza.
A dire il vero, la giurisprudenza, sino a qualche anno addietro, era divisa sulla questione dell’invalidità dell’avviso emanato (nel senso di sottoscritto) dall’Agenzia delle Entrate prima del decorso del termine: tanto da rendere necessario l’intervento delle Sezioni Unite (18184/2013) che, con una pronuncia rispettosa dei principi anzidetti, ha stabilito che deve ritenersi nullo (salvo la sussistenza di ragioni di urgenza) l’avviso emanato in anticipo, nonostante la legge non preveda esplicitamente questa sanzione. Con questo fondamentale arresto l’ordinamento italiano si è pertanto uniformato, sul punto, al diritto unionale, nel quale è possibile rinvenire l’esistenza di un diritto generalizzato al contraddittorio, che discende direttamente dal diritto di difesa e va tutelato anche nell’ambito del procedimento amministrativo-tributario, come riconosciuto dalla Corte di Giustizia Ue, tra gli altri, nel caso Sopropè del 18 dicembre 2008 (C-394/07).
Venendo alla pronuncia in commento, la Suprema Corte sembra dunque, implicitamente, ritenere inconferenti tali principi rispetto al caso della sospensione dei termini processuali, che non giustificherebbero in alcun modo un’estensione dello spatium deliberandi, di natura endoprocedimentale, tra il pvc e l’accertamento, concesso per la presentazione, da parte del contribuente, di osservazioni e richieste all’Agenzia.
L’avviso resta infatti valido, a detta della Corte, se emanato dopo i 60 giorni dal pvc, senza che la sospensione dei termini processuali per ferie possa influenzarne il computo e dunque allungare il periodo entro il quale all’Amministrazione è precluso – a pena di nullità dello stesso – sottoscrivere l’accertamento.
Le conseguenze “aberranti” paventate dalla commissione tributaria regionale della Campania, nella sentenza cassata, rispetto a questa soluzione, sono agilmente superate dalla sottolineatura che la sospensione del termine processuale si giustifica, come evincibile dal tenore letterale della disposizione di cui all’art. 1 della Legge 742 del 1969, solo in relazione alla fase giurisdizionale e non di certo, dunque, a quella amministrativa.
L’art. 1, ribadisce la Cassazione, ragiona infatti espressamente di giurisdizione ordinaria o amministrativa e tanto il legislatore, quanto la stessa Corte costituzionale, nell’intervenire in materia, sembrano aver tenuto ulteriormente ben distinti i termini processuali da quelli endoprocedimentali.
Questo, in conclusione, il principio di diritto sancito: “in tema di sospensione feriale dei termini, l’art. 1 della L. n 742 del 7 ottobre 1969 art. 1 pur nel più ampio contenuto assicurato dai numerosi interventi della Corte costituzionale, è applicabile ai soli termini processuali, con esclusione dei termini endoprocedimentali, che cadenzano il procedimento amministrativo sino all’emissione del provvedimento amministrativo, quest’ultimo impugnabile dinanzi a una giurisdizione, sia essa ordinaria, amministrativa, contabile o tributaria. Ne discende che al termine dilatorio previsto della L. n. 212 del 27 luglio 2000, art. 12, comma 7 a garanzia del contraddittorio procedimentale in materia di accertamento tributario, non è applicabile la sospensione dei termini del periodo feriale”.
Dott. Alberto Grassi
Laureando Matteo Nicolì
La sospensione feriale vale solo per i termini processuali
Con la pronuncia numero 3903 del 2023, la Corte di Cassazione ha ritenuto irrilevante, rispetto al decorso del termine dilatorio per l’emanazione dell’avviso di accertamento di cui all’art. 12 comma 7 della legge n. 212/2000, la sospensione per ferie prevista, per i termini processuali, in forza dell’art. 1 della legge n. 742 del 1969.
Nell’esaminare le ragioni della decisione va premesso che l’art. 12 dello statuto dei diritti del contribuente, al comma 7, garantisce espressamente a quest’ultimo la facoltà di comunicare, nel termine di 60 giorni dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, osservazioni e richieste, perché siano valutate dagli uffici impositori prima dell’emanazione dell’avviso di accertamento.
Si tratta di una disposizione testualmente ispirata al principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, che assume notevole rilevanza nell’ottica del rispetto del diritto al contraddittorio preventivo del cittadino nei confronti del Fisco: grazie ad essa è possibile evitare una scorretta valutazione delle risultanze istruttorie e così prevenire l’emanazione di un avviso di accertamento inesatto e i suoi connessi (e significativi) effetti lesivi; così dando attuazione, oltre che a una più generale esigenza di deflazione processuale, ai principi costituzionali di buon andamento della P.A. (art. 97), di capacità contributiva (art. 53) e di uguaglianza (art. 3).
Si comprende perché l’avviso di accertamento non possa essere emanato prima della scadenza del termine di 60 giorni, salvo che ricorrano particolari (e motivate) condizioni di urgenza.
A dire il vero, la giurisprudenza, sino a qualche anno addietro, era divisa sulla questione dell’invalidità dell’avviso emanato (nel senso di sottoscritto) dall’Agenzia delle Entrate prima del decorso del termine: tanto da rendere necessario l’intervento delle Sezioni Unite (18184/2013) che, con una pronuncia rispettosa dei principi anzidetti, ha stabilito che deve ritenersi nullo (salvo la sussistenza di ragioni di urgenza) l’avviso emanato in anticipo, nonostante la legge non preveda esplicitamente questa sanzione. Con questo fondamentale arresto l’ordinamento italiano si è pertanto uniformato, sul punto, al diritto unionale, nel quale è possibile rinvenire l’esistenza di un diritto generalizzato al contraddittorio, che discende direttamente dal diritto di difesa e va tutelato anche nell’ambito del procedimento amministrativo-tributario, come riconosciuto dalla Corte di Giustizia Ue, tra gli altri, nel caso Sopropè del 18 dicembre 2008 (C-394/07).
Venendo alla pronuncia in commento, la Suprema Corte sembra dunque, implicitamente, ritenere inconferenti tali principi rispetto al caso della sospensione dei termini processuali, che non giustificherebbero in alcun modo un’estensione dello spatium deliberandi, di natura endoprocedimentale, tra il pvc e l’accertamento, concesso per la presentazione, da parte del contribuente, di osservazioni e richieste all’Agenzia.
L’avviso resta infatti valido, a detta della Corte, se emanato dopo i 60 giorni dal pvc, senza che la sospensione dei termini processuali per ferie possa influenzarne il computo e dunque allungare il periodo entro il quale all’Amministrazione è precluso – a pena di nullità dello stesso – sottoscrivere l’accertamento.
Le conseguenze “aberranti” paventate dalla commissione tributaria regionale della Campania, nella sentenza cassata, rispetto a questa soluzione, sono agilmente superate dalla sottolineatura che la sospensione del termine processuale si giustifica, come evincibile dal tenore letterale della disposizione di cui all’art. 1 della Legge 742 del 1969, solo in relazione alla fase giurisdizionale e non di certo, dunque, a quella amministrativa.
L’art. 1, ribadisce la Cassazione, ragiona infatti espressamente di giurisdizione ordinaria o amministrativa e tanto il legislatore, quanto la stessa Corte costituzionale, nell’intervenire in materia, sembrano aver tenuto ulteriormente ben distinti i termini processuali da quelli endoprocedimentali.
Questo, in conclusione, il principio di diritto sancito: “in tema di sospensione feriale dei termini, l’art. 1 della L. n 742 del 7 ottobre 1969 art. 1 pur nel più ampio contenuto assicurato dai numerosi interventi della Corte costituzionale, è applicabile ai soli termini processuali, con esclusione dei termini endoprocedimentali, che cadenzano il procedimento amministrativo sino all’emissione del provvedimento amministrativo, quest’ultimo impugnabile dinanzi a una giurisdizione, sia essa ordinaria, amministrativa, contabile o tributaria. Ne discende che al termine dilatorio previsto della L. n. 212 del 27 luglio 2000, art. 12, comma 7 a garanzia del contraddittorio procedimentale in materia di accertamento tributario, non è applicabile la sospensione dei termini del periodo feriale”.
Dott. Alberto Grassi
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