Published On: 13 Aprile 2019Categories: Articoli, Diritto del Lavoro, Gavril Zaccaria

Sentenza digitale o cartacea: stessa decorrenza per impugnare?

Con ordinanza n. 9029 del 2019 la Corte di Cassazione Sezione Lavoro ha affrontato una interessante questione relativa all’individuazione della data corretta di decorrenza del termine lungo per il gravame.

Veniva infatti eccepita la tardività del ricorso ex art. 327 c.p.c. perché avviato alla notifica il 13 gennaio 2017, oltre il termine di sei mesi (scaduto l’11 gennaio 2017) e decorrente dalla data di pubblicazione della sentenza gravata, avvenuta l’11 luglio 2016 mediante deposito in cancelleria.

La Corte ha innanzitutto rilevato che la sentenza impugnata non era stata redatta in formato elettronico, ma bensì in formato cartaceo e dunque depositata in cancelleria in data 11 luglio 2016, come da attestazione del funzionario apposta in calce al provvedimento.

Secondo gli Ermellini la data rilevante è soltanto l’attestazione dell’avvenuto deposito da parte del Cancelliere e non la diversa data (14 luglio 2016) della successiva comunicazione di cancelleria avvenuta via PEC.

La Suprema Corte precisa che, nel caso in esame, non può trovare applicazione la disciplina dettata per le sentenze redatte in formato elettronico, in cui è dal momento della trasmissione del provvedimento per via telematica mediante PEC che il procedimento decisionale è completato e si esterna, divenendo il provvedimento, dalla relativa data, irretrattabile dal giudice che l’ha pronunciato e legalmente noto a tutti, con decorrenza del termine lungo di decadenza per le impugnazioni ex art. 327 c.p.c. (Cass. n. 17278 del 2016).

Infatti, nel caso di redazione della sentenza in formato elettronico, la relativa data di pubblicazione, ai fini del decorso del termine cd. “lungo” di impugnazione, coincide non già con quella della sua trasmissione alla cancelleria da parte del giudice, bensì con quella dell’attestazione del cancelliere, giacché è solo da tale momento che la sentenza diviene ostensibile agli interessati (Cass. n. 24891 del 2018).

Al contrario, nel caso qui in discussione, trattandosi di sentenza redatta in formato cartaceo, il momento in cui la sentenza viene ad esistenza coincide con la sua pubblicazione ossia con l’attestazione del cancelliere del suo deposito ufficiale in cancelleria.

Ove mai poi la sentenza riporti due diverse date il giudice deve accertare – attraverso istruttoria documentale ovvero ricorrendo a presunzioni semplici, o, infine, alla regola di cui all’art. 2697 c.c. – il momento in cui la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il suo inserimento nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo (Cass. S.U. n. 18569 del 2016).

Da tale momento la sentenza diviene ostensibile agli interessati, e dunque da questo momento il temine lungo per impugnare inizia a decorrere.

In conclusione, nel caso di sentenza depositata in formato analogico, il termine cd. “lungo” decorre dal deposito del provvedimento e non dalla comunicazione di cancelleria.

Per tali motivi il Collegio ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Avv. Gavril Zaccaria

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Sentenza digitale o cartacea: stessa decorrenza per impugnare?

Con ordinanza n. 9029 del 2019 la Corte di Cassazione Sezione Lavoro ha affrontato una interessante questione relativa all’individuazione della data corretta di decorrenza del termine lungo per il gravame.

Veniva infatti eccepita la tardività del ricorso ex art. 327 c.p.c. perché avviato alla notifica il 13 gennaio 2017, oltre il termine di sei mesi (scaduto l’11 gennaio 2017) e decorrente dalla data di pubblicazione della sentenza gravata, avvenuta l’11 luglio 2016 mediante deposito in cancelleria.

La Corte ha innanzitutto rilevato che la sentenza impugnata non era stata redatta in formato elettronico, ma bensì in formato cartaceo e dunque depositata in cancelleria in data 11 luglio 2016, come da attestazione del funzionario apposta in calce al provvedimento.

Secondo gli Ermellini la data rilevante è soltanto l’attestazione dell’avvenuto deposito da parte del Cancelliere e non la diversa data (14 luglio 2016) della successiva comunicazione di cancelleria avvenuta via PEC.

La Suprema Corte precisa che, nel caso in esame, non può trovare applicazione la disciplina dettata per le sentenze redatte in formato elettronico, in cui è dal momento della trasmissione del provvedimento per via telematica mediante PEC che il procedimento decisionale è completato e si esterna, divenendo il provvedimento, dalla relativa data, irretrattabile dal giudice che l’ha pronunciato e legalmente noto a tutti, con decorrenza del termine lungo di decadenza per le impugnazioni ex art. 327 c.p.c. (Cass. n. 17278 del 2016).

Infatti, nel caso di redazione della sentenza in formato elettronico, la relativa data di pubblicazione, ai fini del decorso del termine cd. “lungo” di impugnazione, coincide non già con quella della sua trasmissione alla cancelleria da parte del giudice, bensì con quella dell’attestazione del cancelliere, giacché è solo da tale momento che la sentenza diviene ostensibile agli interessati (Cass. n. 24891 del 2018).

Al contrario, nel caso qui in discussione, trattandosi di sentenza redatta in formato cartaceo, il momento in cui la sentenza viene ad esistenza coincide con la sua pubblicazione ossia con l’attestazione del cancelliere del suo deposito ufficiale in cancelleria.

Ove mai poi la sentenza riporti due diverse date il giudice deve accertare – attraverso istruttoria documentale ovvero ricorrendo a presunzioni semplici, o, infine, alla regola di cui all’art. 2697 c.c. – il momento in cui la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il suo inserimento nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo (Cass. S.U. n. 18569 del 2016).

Da tale momento la sentenza diviene ostensibile agli interessati, e dunque da questo momento il temine lungo per impugnare inizia a decorrere.

In conclusione, nel caso di sentenza depositata in formato analogico, il termine cd. “lungo” decorre dal deposito del provvedimento e non dalla comunicazione di cancelleria.

Per tali motivi il Collegio ha dichiarato inammissibile il ricorso.

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