Rinuncia all'istanza di fallimento: la sentenza della Cassazione

La Corte di Cassazione, Sez. I Civile, con ordinanza n. 16180 depositata il 28 giugno 2017 si è pronunciata in merito all’ipotesi di rinuncia all’istanza di fallimento.

Nel caso di specie, i Giudici di seconde cure hanno revocato il fallimento di una S.r.l. in virtù del fatto che tutti i creditori, in pendenza del giudizio di reclamo, hanno presentato dichiarazione di desistenza dal ricorso di fallimento e, secondo i Giudici del gravame, tali dichiarazioni hanno giustificato la revoca della sentenza di fallimento, essendo venuta meno la legittimazione all’azione degli originari ricorrenti.

Tale pronuncia è stata poi impugnata dinanzi la Corte di Cassazione dal Curatore del fallimento della S.r.l. il quale ha denunciato l’errore della Corte territoriale nell’aver ritenuto che le dichiarazioni di desistenza da parte dei creditori all’istanza di fallimento, intervenute in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento stessa, ne provocassero la revoca.

Ad un tale riguardo, i Magistrati del Palazzaccio, richiamando altre precedenti pronunce di legittimità, hanno specificato che: “La desistenza o rinuncia del creditore istante rilasciata in data successiva alla dichiarazione di fallimento, non è idonea a determinare l’accoglimento del reclamo e , conseguentemente, la revoca della sentenza di fallimento” ed altresì che: “Nel giudizio di opposizione della sentenza dichiarativa di fallimento hanno rilievo esclusivamente i fatti esistenti al momento della stessa e non quelli sopravvenuti, perché la pronuncia di revoca del fallimento, cui l’opposizione tende, presuppone l’acquisizione della prova che non sussistevano le condizioni per l’apertura della procedura, alla stregua della situazione di fatto esistente al momento in cui essa venne aperta.”

Pertanto i Giudici della Suprema Corte hanno accolto integralmente il ricorso e cassato la sentenza impugnata contestualmente alla pronuncia del seguente principio di diritto: “Nel giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento hanno rilievo esclusivamente i fatti esistenti al momento della sua decisione e non quelli sopravvenuti, perché la pronuncia di revoca del fallimento, cui il reclamo tende, presuppone l’acquisizione della prova che non sussistevano i presupposti per l’apertura della procedura alla stregua della situazione di fatto esistente al momento in cui essa venne aperta; ne discende che la rinuncia all’azione o desistenza del creditore istante, che sia intervenuta dopo la dichiarazione di fallimento, è irrilevante perché al momento della decisione del tribunale sussisteva ancora la sua legittimazione all’azione”.

Dott.ssa Carmen Giovannini

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La Corte di Cassazione, Sez. I Civile, con ordinanza n. 16180 depositata il 28 giugno 2017 si è pronunciata in merito all’ipotesi di rinuncia all’istanza di fallimento.

Nel caso di specie, i Giudici di seconde cure hanno revocato il fallimento di una S.r.l. in virtù del fatto che tutti i creditori, in pendenza del giudizio di reclamo, hanno presentato dichiarazione di desistenza dal ricorso di fallimento e, secondo i Giudici del gravame, tali dichiarazioni hanno giustificato la revoca della sentenza di fallimento, essendo venuta meno la legittimazione all’azione degli originari ricorrenti.

Tale pronuncia è stata poi impugnata dinanzi la Corte di Cassazione dal Curatore del fallimento della S.r.l. il quale ha denunciato l’errore della Corte territoriale nell’aver ritenuto che le dichiarazioni di desistenza da parte dei creditori all’istanza di fallimento, intervenute in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento stessa, ne provocassero la revoca.

Ad un tale riguardo, i Magistrati del Palazzaccio, richiamando altre precedenti pronunce di legittimità, hanno specificato che: “La desistenza o rinuncia del creditore istante rilasciata in data successiva alla dichiarazione di fallimento, non è idonea a determinare l’accoglimento del reclamo e , conseguentemente, la revoca della sentenza di fallimento” ed altresì che: “Nel giudizio di opposizione della sentenza dichiarativa di fallimento hanno rilievo esclusivamente i fatti esistenti al momento della stessa e non quelli sopravvenuti, perché la pronuncia di revoca del fallimento, cui l’opposizione tende, presuppone l’acquisizione della prova che non sussistevano le condizioni per l’apertura della procedura, alla stregua della situazione di fatto esistente al momento in cui essa venne aperta.”

Pertanto i Giudici della Suprema Corte hanno accolto integralmente il ricorso e cassato la sentenza impugnata contestualmente alla pronuncia del seguente principio di diritto: “Nel giudizio di reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento hanno rilievo esclusivamente i fatti esistenti al momento della sua decisione e non quelli sopravvenuti, perché la pronuncia di revoca del fallimento, cui il reclamo tende, presuppone l’acquisizione della prova che non sussistevano i presupposti per l’apertura della procedura alla stregua della situazione di fatto esistente al momento in cui essa venne aperta; ne discende che la rinuncia all’azione o desistenza del creditore istante, che sia intervenuta dopo la dichiarazione di fallimento, è irrilevante perché al momento della decisione del tribunale sussisteva ancora la sua legittimazione all’azione”.

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