Il ricorso non depositato telematicamente è improcedibile
Il ricorso per Cassazione depositato in modalità non telematica va dichiarato improcedibile.
È questa la massima deducibile dalla più recente giurisprudenza come si evince dalla lettura dell’ordinanza numero, n. 10689 20 aprile 2023 emessa dalla Sezione i Civile della Corte di Cassazione, la quale si rende portavoce di un principio innovativo e cruciale alla stregua dei dettami propri della Riforma Cartabia volta a realizzare su tutti i principi di razionalizzazione e di incremento della telematizzazione del processo civile, in funzione della sua efficienza.
Un siffatto principio è meritevole della giusta eco nella misura in cui esprime esponenzialmente uno dei principi sottesi dal recente d.lgs. n.149/2022, anche noto come Riforma Cartabia tale per cui il deposito di atti e provvedimenti sin dal primo gennaio scorso, data spartiacque soprattutto nel campo civilistico, è da considerarsi tassativamente in forma telematica.
È per l’appunto l’art. 35, comma II, del d.lgs. a prevedere come negli uffici già informatizzati, espressione che allude ai Tribunali, alle varie Corti di Appello dislocate sul territorio nazionale e dinnanzi alla Corte di Cassazione si debba far riferimento unicamente a quella disciplina atta a considerare la forma dei depositi unicamente in modalità telematica. Sicchè dalla data del primo gennaio 2023 è da ritenersi tassativamente vigente l’art. 196-quater disp. att. c.p.c., il quale prevede come per l’appunto il deposito di atti processuali debba avvenire unicamente in modalità telematiche.
La ratio sottesa ad una simile disciplina è da considerarsi in funzione di più alti principi quali quello della razionalizzazione, dell’efficienza e della necessaria quanto impellente necessità di adeguare il sistema giuridico all’inevitabile e quanto più travolgente processo di transizione digitale. Il culmine dell’evoluzione del processo di transizione digitale trova il proprio apice e la propria sublimazione nella nota riforma Cartabia che si fa portatrice di un intento nato ormai circa un decennio fa’ e che necessitava per ovvie motivazioni, per evitare un blocco repentino su tutti, che la transizione non fosse brusca ed immediata.
Il caso di specie da cui trae le sue mosse l’ordinanza in commento, la numero 10689 emessa dalla Suprema Corte di Cassazione nasce dalla pronuncia di un decreto da parte del Tribunale di Cagliari, con cui era stata respinta una richiesta di protezione internazionale. Il suddetto decreto veniva infatti ritualmente impugnato dinanzi alla Corte di Cassazione con ricorso depositato in modalità non telematica, che proprio per tale motivo veniva rigettato dalla Corte dichiarandolo improcedibile.
È dunque, in sintesi importante e quanto più cruciale ribadire che con l’entrata in vigore della Riforma Cartabia segnatamente ogni qualsivoglia forma di deposito che attenga agli uffici già informatizzati, art. 35 d.lgs. 149/2022 (Tribunali, Corti di Appello e per l’appunto la Cassazione) avvenga unicamente in modalità telematica in virtù dell’impellente e travolgente fenomeno della transizione digitale.
Dott. Riccardo Tombolesi
Il ricorso non depositato telematicamente è improcedibile
Il ricorso per Cassazione depositato in modalità non telematica va dichiarato improcedibile.
È questa la massima deducibile dalla più recente giurisprudenza come si evince dalla lettura dell’ordinanza numero, n. 10689 20 aprile 2023 emessa dalla Sezione i Civile della Corte di Cassazione, la quale si rende portavoce di un principio innovativo e cruciale alla stregua dei dettami propri della Riforma Cartabia volta a realizzare su tutti i principi di razionalizzazione e di incremento della telematizzazione del processo civile, in funzione della sua efficienza.
Un siffatto principio è meritevole della giusta eco nella misura in cui esprime esponenzialmente uno dei principi sottesi dal recente d.lgs. n.149/2022, anche noto come Riforma Cartabia tale per cui il deposito di atti e provvedimenti sin dal primo gennaio scorso, data spartiacque soprattutto nel campo civilistico, è da considerarsi tassativamente in forma telematica.
È per l’appunto l’art. 35, comma II, del d.lgs. a prevedere come negli uffici già informatizzati, espressione che allude ai Tribunali, alle varie Corti di Appello dislocate sul territorio nazionale e dinnanzi alla Corte di Cassazione si debba far riferimento unicamente a quella disciplina atta a considerare la forma dei depositi unicamente in modalità telematica. Sicchè dalla data del primo gennaio 2023 è da ritenersi tassativamente vigente l’art. 196-quater disp. att. c.p.c., il quale prevede come per l’appunto il deposito di atti processuali debba avvenire unicamente in modalità telematiche.
La ratio sottesa ad una simile disciplina è da considerarsi in funzione di più alti principi quali quello della razionalizzazione, dell’efficienza e della necessaria quanto impellente necessità di adeguare il sistema giuridico all’inevitabile e quanto più travolgente processo di transizione digitale. Il culmine dell’evoluzione del processo di transizione digitale trova il proprio apice e la propria sublimazione nella nota riforma Cartabia che si fa portatrice di un intento nato ormai circa un decennio fa’ e che necessitava per ovvie motivazioni, per evitare un blocco repentino su tutti, che la transizione non fosse brusca ed immediata.
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