Riassunzione di processo interrotto: quando decorre il termine?
Con sentenza n. 6398 del 2018, la Corte Suprema di Cassazione si è trovata ad affrontare la questione della decorrenza del termine per la riassunzione di un giudizio interrotto per fallimento di una delle parti.
Nel caso in esame secondo il ricorrente, considerato che la comunicazione della sentenza dichiarativa di fallimento era stata effettuata via fax in favore di un avvocato (quello che la rappresentava nella procedura prefallimentare) diverso da quello che la rappresentava nel giudizio (poi interrotto), doveva escludersi che a seguito di tale comunicazione l’evento interruttivo fosse stato portato a conoscenza legale della parte costituita e che tale conoscenza si era avuta solo a seguito della dichiarazione in udienza dell’evento medesimo.
Conseguentemente il ricorso in riassunzione depositato doveva considerarsi tempestivo.
Gli Ermellini ritengono fondato il motivo addotto dal ricorrente.
Infatti, “ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione, ai sensi dell’art. 305 c.p.c., la conoscenza dell’evento che determina l’interruzione del processo – la quale, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, deve essere legale, cioè deve essere acquisita non in via di fatto ma per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento medesimo, assistita da fede privilegiata (Cass. 28/12/2016, n. 27165; Cass. 25/02/2015, n. 3782; Cass. 07/03/2013, n. 5650; Cass. 11/02/2010, n. 3085) – deve investire, non già la parte personalmente, ma il suo difensore, quale soggetto tecnico in grado di valutare gli effetti giuridici dell’evento medesimo e di capire se e da quale momento decorre il termine per riassumere il giudizio”.
“Va poi ricordato – continua la Corte – che, in relazione all’ipotesi (inversa rispetto a quella in esame) in cui la parte interessata alla prosecuzione del giudizio sia la stessa parte colpita dall’evento interruttivo, in caso di interruzione automatica del processo determinata dall’apertura del fallimento, giusta l’art. 43, terzo comma, legge fall., ai fini del decorso del termine per la riassunzione non è sufficiente la sola conoscenza, da parte del curatore fallimentare, dell’evento interruttivo rappresentato dalla dichiarazione di fallimento, ma è necessaria anche la conoscenza dello specifico giudizio sul quale l’effetto interruttivo è in concreto destinato ad operare” (Cass. 07/03/2013, n. 5650; Cass. 28/12/2016, n. 27165).
Questo principio deve trovare applicazione anche con riguardo all’ipotesi in cui la parte interessata alla prosecuzione sia quella estranea all’evento interruttivo in quanto l’esigenza della conoscenza legale si configura sia in relazione alla parte coinvolta dall’evento interruttivo sia in relazione alla parte cui l’evento medesimo non si riferisce.
Sicché ai fini dell’idoneità della conoscenza dell’evento interruttivo a far decorrere il termine di riassunzione, ex art. 305 c.p.c., non è sufficiente, pertanto, il carattere formalmente “legale” della stessa, ma è necessario che abbia specificamente ad oggetto tanto l’evento in sé considerato quanto lo specifico processo nel quale esso deve esplicare i propri effetti.
Ne consegue che la semplice comunicazione di deposito della sentenza di fallimento non può essere considerata un evento idoneo a far decorrere il termine per la riassunzione, mentre al contrario lo è la dichiarazione eseguita in udienza dal difensore.
In conclusione la Corte di Cassazione, ritenendo tempestivo il ricorso in riassunzione depositato, accoglie il ricorso e cassa la sentenza con rinvio.
Avv. Gavril Zaccaria
Riassunzione di processo interrotto: quando decorre il termine?
Con sentenza n. 6398 del 2018, la Corte Suprema di Cassazione si è trovata ad affrontare la questione della decorrenza del termine per la riassunzione di un giudizio interrotto per fallimento di una delle parti.
Nel caso in esame secondo il ricorrente, considerato che la comunicazione della sentenza dichiarativa di fallimento era stata effettuata via fax in favore di un avvocato (quello che la rappresentava nella procedura prefallimentare) diverso da quello che la rappresentava nel giudizio (poi interrotto), doveva escludersi che a seguito di tale comunicazione l’evento interruttivo fosse stato portato a conoscenza legale della parte costituita e che tale conoscenza si era avuta solo a seguito della dichiarazione in udienza dell’evento medesimo.
Conseguentemente il ricorso in riassunzione depositato doveva considerarsi tempestivo.
Gli Ermellini ritengono fondato il motivo addotto dal ricorrente.
Infatti, “ai fini della decorrenza del termine per la riassunzione, ai sensi dell’art. 305 c.p.c., la conoscenza dell’evento che determina l’interruzione del processo – la quale, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, deve essere legale, cioè deve essere acquisita non in via di fatto ma per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento medesimo, assistita da fede privilegiata (Cass. 28/12/2016, n. 27165; Cass. 25/02/2015, n. 3782; Cass. 07/03/2013, n. 5650; Cass. 11/02/2010, n. 3085) – deve investire, non già la parte personalmente, ma il suo difensore, quale soggetto tecnico in grado di valutare gli effetti giuridici dell’evento medesimo e di capire se e da quale momento decorre il termine per riassumere il giudizio”.
“Va poi ricordato – continua la Corte – che, in relazione all’ipotesi (inversa rispetto a quella in esame) in cui la parte interessata alla prosecuzione del giudizio sia la stessa parte colpita dall’evento interruttivo, in caso di interruzione automatica del processo determinata dall’apertura del fallimento, giusta l’art. 43, terzo comma, legge fall., ai fini del decorso del termine per la riassunzione non è sufficiente la sola conoscenza, da parte del curatore fallimentare, dell’evento interruttivo rappresentato dalla dichiarazione di fallimento, ma è necessaria anche la conoscenza dello specifico giudizio sul quale l’effetto interruttivo è in concreto destinato ad operare” (Cass. 07/03/2013, n. 5650; Cass. 28/12/2016, n. 27165).
Questo principio deve trovare applicazione anche con riguardo all’ipotesi in cui la parte interessata alla prosecuzione sia quella estranea all’evento interruttivo in quanto l’esigenza della conoscenza legale si configura sia in relazione alla parte coinvolta dall’evento interruttivo sia in relazione alla parte cui l’evento medesimo non si riferisce.
Sicché ai fini dell’idoneità della conoscenza dell’evento interruttivo a far decorrere il termine di riassunzione, ex art. 305 c.p.c., non è sufficiente, pertanto, il carattere formalmente “legale” della stessa, ma è necessario che abbia specificamente ad oggetto tanto l’evento in sé considerato quanto lo specifico processo nel quale esso deve esplicare i propri effetti.
Ne consegue che la semplice comunicazione di deposito della sentenza di fallimento non può essere considerata un evento idoneo a far decorrere il termine per la riassunzione, mentre al contrario lo è la dichiarazione eseguita in udienza dal difensore.
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