Revocatoria: filiazione sufficiente per rendere l’azione fondata?
Con sentenza n. 1608 del 2018 il Tribunale di Pescara ha valutato la fondatezza di un’azione revocatoria.
Nel caso in esame il Tribunale ha ritenuto che l’azione revocatoria avanzata dal Concessionario fosse si ammissibile, ma infondata, per difetto dell’eventus damni e della scientia damni in capo al terzo, di cui all’art. 2901 c.c.
Secondo il Giudice non sussiste la condizione richiesta dall’art. 2901 c.c., rappresentata dalla esistenza di un atto di disposizione del proprio patrimonio da parte del debitore, tale da poter pregiudicare o rendere più difficoltosa, più incerta ovvero più dispendiosa la realizzazione coattiva del credito della controparte (cd. eventus damni).
E’ noto che il presupposto oggettivo dell’azione revocatoria ordinaria (cd. “eventus damni“) ricorre non solo nel caso in cui l’atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito, con la conseguenza che grava sul creditore l’onere di dimostrare tali modificazioni quantitative o qualitative della garanzia patrimoniale, mentre è onere del debitore, che voglia sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore (cfr. ex multis Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 19207 del 19/07/2018).
Inoltre la sussistenza dell’eventus damni va valutata ex ante, nel senso che non è necessario che l’atto abbia reso impossibile la soddisfazione del credito, ma è sufficiente che abbia causato maggiore difficoltà o incertezza nel recupero coattivo, secondo una valutazione operata ex ante, con riferimento alla data dell’atto dispositivo e non a quella futura dell’effettiva realizzazione del credito, avendo riguardo anche alla modificazione qualitativa della composizione del patrimonio (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 13172 del 25/05/2017; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16986 del 01/08/2007).
Nella specie, il Tribunale ha ritenuto corretta la stima eseguita dal CTU che i beni oggetto di revocatoria fossero stati venduti al giusto prezzo.
Inoltre il venditore ha dimostrato che – al momento del compimento dell’atto negoziale controverso (30.6.10) – il patrimonio proprio e di quello delle sue società era tale da poter soddisfare ampiamente le ragioni creditorie del Concessionario.
A fronte della tempestiva allegazione e della rituale dimostrazione, da parte del Venditore, dell’esistenza, all’epoca della vendita, di tale enorme patrimonio societario, l’attrice nulla ha dedotto né, tanto meno, ha dimostrato in senso contrario (cfr. il vuoto di controdeduzioni ovvero di contestazioni sul punto; per il generale principio per cui la “non contestazione” – cui è processualmente equiparabile la contestazione generica – è un “comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà ritenerlo sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti”, cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5356 del 05/03/2009; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7074 del 28/03/2006; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10031 del 25/05/2004).
Il Tribunale ha inoltre rilevato il difetto di prova in ordine alla sussistenza della cd. scientia damni in capo alla terza acquirente.
Com’è noto, in tema di azione revocatoria ordinaria, allorché – come nella specie – l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito nonché a titolo oneroso, l’ulteriore presupposto per l’esercizio dell’actio pauliana è la c.d. scientia damni, ossia la conoscenza da parte del debitore e del terzo (la cui posizione – per quanto riguarda i presupposti soggettivi dell’azione – in tale fattispecie è sostanzialmente analoga a quella del debitore (Cass. civ. n. 17327/2011), del pregiudizio alle ragioni creditorie.
Tale requisito soggettivo si sostanzia nella consapevolezza del pregiudizio (dimostrabile anche in base a presunzioni: cfr. Cass. civ. nn. 13404/2008; 5972/2005; 2748/2005; 15257/2004; 1054/1999; 5095/1995) che l’atto arreca alle ragioni del creditore, mediante sottrazione di garanzia patrimoniale.
Non vi è, per contro, la contestuale necessità né di un animus nocendi, né di una volontà concertata tra debitore e terzo, né della specifica conoscenza nel terzo di quel determinato credito, per la cui tutela la revocatoria viene proposta, né dello stato di insolvenza del debitore, né della conoscenza di tale stato da parte del terzo (Cass. civ. nn. 10430/2005; 11518/95; 1007/90), essendo sufficiente che la consapevolezza investa la riduzione della consistenza del patrimonio (da intendersi anche come maggiore difficoltà di esazione dello stesso) di detto debitore in danno dei creditori complessivamente considerati (Cass. civ. nn. 15257/2004; 1007/1990; 987/1989).
Nel caso in esame il Tribunale ha accertato che la mancanza delle scientia damni in capo ai contraenti può ricavarsi dalla congruità del prezzo di vendita dei beni di cui si è già detto sopra (per il principio per cui “in tema di azione revocatoria ordinaria, la consapevolezza, da parte del terzo, dell’idoneità dell’atto a recare pregiudizio alle ragioni del creditore può essere desunta anche da elementi indiziari, tra cui […] il pagamento di un prezzo inferiore a quello di mercato […]”, cfr. ex multis Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13404 del 23/05/2008).
Inoltre tale insussistenza è stata accertata sebbene un evidente rapporto di filiazione tra venditore e acquirente.
Infatti la terza acquirente ha dato prova che:
-i due non convivevano più da tempo e comunque in tempo antecedente alla vendita oggetto di revocatoria come risulta dall’omologa della separazione e dalla testimonianza della madre non contestata dalla controparte;
-di non essere a conoscenza dei debiti erariali del padre, maturati dal 2001 ma contestatigli molto più tardi;
-di essere all’epoca dei fatti di giovanissima età (diciottenne).
Conseguentemente l’azione veniva rigettata.
Avv. Gavril Zaccaria
Revocatoria: filiazione sufficiente per rendere l’azione fondata?
Con sentenza n. 1608 del 2018 il Tribunale di Pescara ha valutato la fondatezza di un’azione revocatoria.
Nel caso in esame il Tribunale ha ritenuto che l’azione revocatoria avanzata dal Concessionario fosse si ammissibile, ma infondata, per difetto dell’eventus damni e della scientia damni in capo al terzo, di cui all’art. 2901 c.c.
Secondo il Giudice non sussiste la condizione richiesta dall’art. 2901 c.c., rappresentata dalla esistenza di un atto di disposizione del proprio patrimonio da parte del debitore, tale da poter pregiudicare o rendere più difficoltosa, più incerta ovvero più dispendiosa la realizzazione coattiva del credito della controparte (cd. eventus damni).
E’ noto che il presupposto oggettivo dell’azione revocatoria ordinaria (cd. “eventus damni“) ricorre non solo nel caso in cui l’atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito, con la conseguenza che grava sul creditore l’onere di dimostrare tali modificazioni quantitative o qualitative della garanzia patrimoniale, mentre è onere del debitore, che voglia sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore (cfr. ex multis Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 19207 del 19/07/2018).
Inoltre la sussistenza dell’eventus damni va valutata ex ante, nel senso che non è necessario che l’atto abbia reso impossibile la soddisfazione del credito, ma è sufficiente che abbia causato maggiore difficoltà o incertezza nel recupero coattivo, secondo una valutazione operata ex ante, con riferimento alla data dell’atto dispositivo e non a quella futura dell’effettiva realizzazione del credito, avendo riguardo anche alla modificazione qualitativa della composizione del patrimonio (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 13172 del 25/05/2017; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16986 del 01/08/2007).
Nella specie, il Tribunale ha ritenuto corretta la stima eseguita dal CTU che i beni oggetto di revocatoria fossero stati venduti al giusto prezzo.
Inoltre il venditore ha dimostrato che – al momento del compimento dell’atto negoziale controverso (30.6.10) – il patrimonio proprio e di quello delle sue società era tale da poter soddisfare ampiamente le ragioni creditorie del Concessionario.
A fronte della tempestiva allegazione e della rituale dimostrazione, da parte del Venditore, dell’esistenza, all’epoca della vendita, di tale enorme patrimonio societario, l’attrice nulla ha dedotto né, tanto meno, ha dimostrato in senso contrario (cfr. il vuoto di controdeduzioni ovvero di contestazioni sul punto; per il generale principio per cui la “non contestazione” – cui è processualmente equiparabile la contestazione generica – è un “comportamento univocamente rilevante ai fini della determinazione dell’oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà ritenerlo sussistente, in quanto l’atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall’ambito degli accertamenti richiesti”, cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5356 del 05/03/2009; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7074 del 28/03/2006; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10031 del 25/05/2004).
Il Tribunale ha inoltre rilevato il difetto di prova in ordine alla sussistenza della cd. scientia damni in capo alla terza acquirente.
Com’è noto, in tema di azione revocatoria ordinaria, allorché – come nella specie – l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito nonché a titolo oneroso, l’ulteriore presupposto per l’esercizio dell’actio pauliana è la c.d. scientia damni, ossia la conoscenza da parte del debitore e del terzo (la cui posizione – per quanto riguarda i presupposti soggettivi dell’azione – in tale fattispecie è sostanzialmente analoga a quella del debitore (Cass. civ. n. 17327/2011), del pregiudizio alle ragioni creditorie.
Tale requisito soggettivo si sostanzia nella consapevolezza del pregiudizio (dimostrabile anche in base a presunzioni: cfr. Cass. civ. nn. 13404/2008; 5972/2005; 2748/2005; 15257/2004; 1054/1999; 5095/1995) che l’atto arreca alle ragioni del creditore, mediante sottrazione di garanzia patrimoniale.
Non vi è, per contro, la contestuale necessità né di un animus nocendi, né di una volontà concertata tra debitore e terzo, né della specifica conoscenza nel terzo di quel determinato credito, per la cui tutela la revocatoria viene proposta, né dello stato di insolvenza del debitore, né della conoscenza di tale stato da parte del terzo (Cass. civ. nn. 10430/2005; 11518/95; 1007/90), essendo sufficiente che la consapevolezza investa la riduzione della consistenza del patrimonio (da intendersi anche come maggiore difficoltà di esazione dello stesso) di detto debitore in danno dei creditori complessivamente considerati (Cass. civ. nn. 15257/2004; 1007/1990; 987/1989).
Nel caso in esame il Tribunale ha accertato che la mancanza delle scientia damni in capo ai contraenti può ricavarsi dalla congruità del prezzo di vendita dei beni di cui si è già detto sopra (per il principio per cui “in tema di azione revocatoria ordinaria, la consapevolezza, da parte del terzo, dell’idoneità dell’atto a recare pregiudizio alle ragioni del creditore può essere desunta anche da elementi indiziari, tra cui […] il pagamento di un prezzo inferiore a quello di mercato […]”, cfr. ex multis Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13404 del 23/05/2008).
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-i due non convivevano più da tempo e comunque in tempo antecedente alla vendita oggetto di revocatoria come risulta dall’omologa della separazione e dalla testimonianza della madre non contestata dalla controparte;
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