Responsabilità del contribuente in caso di omessa dichiarazione dei redditi
In caso di omessa dichiarazione dei redditi il contribuente è responsabile anche se ha affidato l’incarico al commercialista.
Con sentenza n. 16469/2020 la Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, ha stabilito che la responsabilità penale del contribuente, in caso di evasione fiscale per omessa dichiarazione, non viene meno neppure qualora l’incarico sia stato conferito ad un commercialista sul quale il mandante è obbligato a vigilare.
La Corte di Cassazione ha avuto modo di analizzare il reato di evasione fiscale per omessa dichiarazione, di cui all’articolo 5 della Legge sui reati tributari (D.lgs n. 74/2000) anche nel caso in cui il contribuente abbia fornito mandato al commercialista.
La questione aveva ad oggetto un procedimento penale per il reato di cui all’art 5 del D.Lgs. n. 74/2000 nel quale il legale rappresentante di una società cooperativa era stato imputato per aver omesso di presentare le dichiarazioni dei redditi (pur essendovi obbligato), IVA, per aver cercato di evadere le imposte sui redditi ed il valore aggiunto.
Il legale rappresentante della società cooperativa eccepiva un vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del dolo specifico.
Ed infatti per il ricorrente, la sola presenza di un’evasione non poteva essere di per sé un elemento sufficiente per l’integrazione del reato a quest’ultimo contestato.
Ed inoltre, il legale rappresentante della società non riusciva neppure a comprendere come mai la Corte territoriale non avesse attribuito alcuna rilevanza all’errore commesso dal commercialista.
Ed infine, il ricorrente lamentava come, a contrario, l’obbligo di presentare le dichiarazioni dei redditi fosse stato adempiuto. La Corte di Cassazione ha però respinto il ricorso presentato dal ricorrente sulla base di alcuni motivi di diritto qui di seguito riportati.
In tema di reati tributari, la prova del dolo specifico nel caso di evasione per omessa dichiarazione ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 74 nel 2000 si desume dall’entità del superamento della soglia di punibilità vigente nonché dalla consapevolezza del soggetto obbligato dell’esatto importo dell’imposta dovuta.
Più precisamente, per ciò che concerne la prova del dolo specifico nel reato di evasione per omessa dichiarazione (art. 5 del D.Lgs n. 74/2000), secondo la Corte di Cassazione, Sez. III Penale, sentenza n. 37532 del 2019 :
“la prova del dolo specifico di evasione, nel delitto di omessa dichiarazione (art. 5, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74), non deriva dalla semplice violazione dell’obbligo dichiarativo né da una culpa in vigilando sull’operato del professionista che trasformerebbe il rimprovero per l’atteggiamento anti-doveroso da doloso in colposo, ma dalla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l’omessa dichiarazione all’evasione dell’imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale”.
Il dolo specifico viene integrato dalla esclusiva intenzione del soggetto di sottrarsi al pagamento delle imposte e ciò, nella piena consapevolezza, della illiceità del fine e del mezzo.
Al fine della configurazione del dolo specifico, il soggetto deve non solo aver lasciato inadempiuto l’obbligo di dichiarazione in modo consapevole ma anche essere conscio che tale comportamento/inadempienza corrisponde ad un’evasione di imposta superiore alla soglia di punibilità stabilita.
L’affidamento ad un professionista, in questo caso, non esonera il soggetto obbligato dalla responsabilità penale di omessa dichiarazione.
Ed infatti, trattandosi nel caso concreto di un reato omissivo proprio, la responsabilità del soggetto obbligato è personale ed infatti
“Gli obblighi fiscali, infatti, hanno carattere strettamente personale e non ammettono sostituti ed equipollenti poiché’ essi rispondono ad una speciale finalità di diritto tributario, quale quella di colpire il complesso dei redditi tassabili. Pertanto, i predetti obblighi non possono considerarsi adempiuti dal contribuente con il semplice conferimento dell’incarico ad uno studio professionale, dato che cio’ comporterebbe una estrema facilità di evasione”
Tuttavia, secondo la Cass. Penale III Sezione del 18 settembre 2015 n. 37856
“in tema di reati tributari, che la prova del dolo specifico di evasione, nel delitto di omessa dichiarazione (D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5), non deriva dalla semplice violazione dell’obbligo dichiarativo né da una “culpa in vigilando” sull’operato del professionista che trasformerebbe il rimprovero per l’atteggiamento antidoveroso da doloso in colposo, ma dalla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l’omessa dichiarazione all’evasione dell’imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale” (Cass. Penale del 5 maggio 2016 n. 18845/2016).
In tal caso ovvero nell’ambito di omessa dichiarazione fiscale, il proposito del soggetto agente di non adempiere l’obbligo di dichiarazione deve già essere presente nel momento in cui quest’intento assume consistenza giuridica poiché, se si trattasse di un’intenzione sopravvenuta, quest’ultima non godrebbe di alcuna rilevanza, a prescindere dalla mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali.
La prova della sussistenza della volontà di non adempiere al proprio obbligo di presentazione della dichiarazione al fine di configurare un’evasione, può desumersi dal successivo comportamento del contribuente e, più concretamente, dal mancato pagamento delle imposte dovute e non dichiarate.
Responsabilità del contribuente in caso di omessa dichiarazione dei redditi
In caso di omessa dichiarazione dei redditi il contribuente è responsabile anche se ha affidato l’incarico al commercialista.
Con sentenza n. 16469/2020 la Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, ha stabilito che la responsabilità penale del contribuente, in caso di evasione fiscale per omessa dichiarazione, non viene meno neppure qualora l’incarico sia stato conferito ad un commercialista sul quale il mandante è obbligato a vigilare.
La Corte di Cassazione ha avuto modo di analizzare il reato di evasione fiscale per omessa dichiarazione, di cui all’articolo 5 della Legge sui reati tributari (D.lgs n. 74/2000) anche nel caso in cui il contribuente abbia fornito mandato al commercialista.
La questione aveva ad oggetto un procedimento penale per il reato di cui all’art 5 del D.Lgs. n. 74/2000 nel quale il legale rappresentante di una società cooperativa era stato imputato per aver omesso di presentare le dichiarazioni dei redditi (pur essendovi obbligato), IVA, per aver cercato di evadere le imposte sui redditi ed il valore aggiunto.
Il legale rappresentante della società cooperativa eccepiva un vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del dolo specifico.
Ed infatti per il ricorrente, la sola presenza di un’evasione non poteva essere di per sé un elemento sufficiente per l’integrazione del reato a quest’ultimo contestato.
Ed inoltre, il legale rappresentante della società non riusciva neppure a comprendere come mai la Corte territoriale non avesse attribuito alcuna rilevanza all’errore commesso dal commercialista.
Ed infine, il ricorrente lamentava come, a contrario, l’obbligo di presentare le dichiarazioni dei redditi fosse stato adempiuto. La Corte di Cassazione ha però respinto il ricorso presentato dal ricorrente sulla base di alcuni motivi di diritto qui di seguito riportati.
In tema di reati tributari, la prova del dolo specifico nel caso di evasione per omessa dichiarazione ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 74 nel 2000 si desume dall’entità del superamento della soglia di punibilità vigente nonché dalla consapevolezza del soggetto obbligato dell’esatto importo dell’imposta dovuta.
Più precisamente, per ciò che concerne la prova del dolo specifico nel reato di evasione per omessa dichiarazione (art. 5 del D.Lgs n. 74/2000), secondo la Corte di Cassazione, Sez. III Penale, sentenza n. 37532 del 2019 :
“la prova del dolo specifico di evasione, nel delitto di omessa dichiarazione (art. 5, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74), non deriva dalla semplice violazione dell’obbligo dichiarativo né da una culpa in vigilando sull’operato del professionista che trasformerebbe il rimprovero per l’atteggiamento anti-doveroso da doloso in colposo, ma dalla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l’omessa dichiarazione all’evasione dell’imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale”.
Il dolo specifico viene integrato dalla esclusiva intenzione del soggetto di sottrarsi al pagamento delle imposte e ciò, nella piena consapevolezza, della illiceità del fine e del mezzo.
Al fine della configurazione del dolo specifico, il soggetto deve non solo aver lasciato inadempiuto l’obbligo di dichiarazione in modo consapevole ma anche essere conscio che tale comportamento/inadempienza corrisponde ad un’evasione di imposta superiore alla soglia di punibilità stabilita.
L’affidamento ad un professionista, in questo caso, non esonera il soggetto obbligato dalla responsabilità penale di omessa dichiarazione.
Ed infatti, trattandosi nel caso concreto di un reato omissivo proprio, la responsabilità del soggetto obbligato è personale ed infatti
“Gli obblighi fiscali, infatti, hanno carattere strettamente personale e non ammettono sostituti ed equipollenti poiché’ essi rispondono ad una speciale finalità di diritto tributario, quale quella di colpire il complesso dei redditi tassabili. Pertanto, i predetti obblighi non possono considerarsi adempiuti dal contribuente con il semplice conferimento dell’incarico ad uno studio professionale, dato che cio’ comporterebbe una estrema facilità di evasione”
Tuttavia, secondo la Cass. Penale III Sezione del 18 settembre 2015 n. 37856
“in tema di reati tributari, che la prova del dolo specifico di evasione, nel delitto di omessa dichiarazione (D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 5), non deriva dalla semplice violazione dell’obbligo dichiarativo né da una “culpa in vigilando” sull’operato del professionista che trasformerebbe il rimprovero per l’atteggiamento antidoveroso da doloso in colposo, ma dalla ricorrenza di elementi fattuali dimostrativi che il soggetto obbligato ha consapevolmente preordinato l’omessa dichiarazione all’evasione dell’imposta per quantità superiori alla soglia di rilevanza penale” (Cass. Penale del 5 maggio 2016 n. 18845/2016).
In tal caso ovvero nell’ambito di omessa dichiarazione fiscale, il proposito del soggetto agente di non adempiere l’obbligo di dichiarazione deve già essere presente nel momento in cui quest’intento assume consistenza giuridica poiché, se si trattasse di un’intenzione sopravvenuta, quest’ultima non godrebbe di alcuna rilevanza, a prescindere dalla mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali.
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