Procreazione medicalmente assistita: l'intervento delle Sezioni Unite della Cassazione
Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, si sono espresse in tema di procreazione medicalmente assistita stabilendo che non è automaticamente trascrivibile il provvedimento giudiziario straniero né a fortiori l’originario atto di nascita che indichi quale genitore del bambino il genitore che insieme al padre biologico ne ha voluto la nascita, ricorrendo alla surrogazione nel Paese estero, sia pure in conformità della lex loci.
IL FATTO:
Il caso che ha portato alla sentenza in epigrafe riguardava un bambino nato all’estero attraverso la maternità surrogata.
Nell’ambito del piano riproduttivo condiviso di una coppia dello stesso sesso, uno dei due fornisce i propri gameti, che vengono combinati con l’ovocita di un donatore in una procedura di fecondazione in vitro. Gli embrioni sono stati poi trasferiti nell’utero di un’altra donna non anonima, che ha portato a termine la gravidanza e ha dato alla luce il bambino.
Gli uomini, entrambi cittadini italiani, si sono sposati in Canada e l’atto è stato trascritto nel registro delle unioni civili italiano.
Al momento della nascita del bambino, il certificato di nascita presentato dalle autorità canadesi riportava solo il padre biologico, PF, mentre non veniva menzionato né il partner del padre biologico, né la madre surrogata né l’ovocita donatore.
Le parti, ricorrendo nel 2017 alla Corte Suprema della British Columbia richiedevano la correzione dell’atto di nascita canadese, la stessa Corte Suprema disponeva tale rettificazione.
Le parti, sulla base del provvedimento reso dalla Suprema Corte della British Columbia chiedevano all’ufficiale di Stato civile richiedevano all’ufficiale di stato civile italiano di rettificare anche l’atto di nascita del bambino in Italia, che indicava come genitore il solo padre biologico, il quale però rifiutava la richiesta.
A seguito di tale rifiuto, i ricorrenti proponevano ricorso ex art. 702-bis cpc alla Corte d’appello di Venezia.
Con tale atto la ricorrente fa valere ex art. Decreto Legislativo n. 67 n. 218 del 1995, riconoscimento italiano dei provvedimenti canadesi. Sottolineano che le suddette norme canadesi sono diventate definitive e non sono contrarie all’ordine pubblico e alla legalità dell’atto che porta alla nascita del bambino in conformità con le leggi del paese di attuazione.
La Corte d’appello ha stabilito che la tutela dell’interesse superiore del minore, sia a livello nazionale che internazionale, è uno dei diritti fondamentali riconosciuti dalle convenzioni internazionali.
Anche la previsione che il minore debba avere genitori di sesso diverso non può essere desunta dall’ordine pubblico, posto che il nostro ordinamento prevede la possibilità per un minore di avere due genitori dello stesso sesso nel caso in cui uno dei genitori abbia ottenuto un cambiamento del genere di assegnazione.
Quanto invece al divieto di ricorrere alla pratica della surrogazione della maternità, è necessario rammentare che la L.40/2004 vietata la procreazione assistita per le coppie omosessuali, che invece è consentita in molti Paesi europei. In Italia è vietata anche la maternità così detta “per altri” ovvero il ricorso a una donna estranea alla coppia per portare avanti la gravidanza, procedura che è consentita in un numero limitatissimo di altri Paesi soprattutto extra UE.
La Corte d’appello ha osservato che la scelta del legislatore era frutto di discrezionalità e non esprimeva sul piano costituzionale un principi fondamentali volto al mantenimento dell’ordine pubblico, alla luce di ciò, non possono ritenersi rilevanti le sanzioni penali inflitte dall’articolo 12 co 6 di tale legge, che punisce chiunque realizzi, organizzi o promuova la maternità surrogata in qualsiasi forma, e non può essere privato della personalità giuridica legalmente acquisita dal proprio paese di nascita.
Dopo un esito positivo presso la Corte d’appello, il giudice di legittimità investito della impugnazione rimette la questione alle sezioni Unite, che con l’ordinanza del 21 gennaio 2022, n. 1842 hanno enunciato il seguente obiter dictum:
“Poiché la pratica della maternità surrogata, quali che siano le modalità della condotta e gli scopi perseguiti, offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane, non è automaticamente trascrivibile il provvedimento giudiziario straniero, e a fortiori l’originario atto di nascita, che indichi quale genitore del bambino il genitore d’intenzione, che insieme al padre biologico ne ha voluto la nascita ricorrendo alla surrogazione nel Paese estero, sia pure in conformità della lex loci. Nondimeno, anche il bambino nato da maternità surrogata ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con colui che ha condiviso il disegno genitoriale.
L’ineludibile esigenza di assicurare al bambino nato da maternità surrogata gli stessi diritti degli altri bambini nati in condizioni diverse è garantita attraverso l’adozione in casi particolari, ai sensi dell’art. 44, primo comma, lettera d), della legge n. 184 del 1983. Allo stato dell’evoluzione dell’ordinamento, l’adozione rappresenta lo strumento che consente di dare riconoscimento giuridico, con il conseguimento dello status di figlio, al legame di fatto con il partner del genitore genetico che ha condiviso il disegno procreativo e ha concorso nel prendersi cura del bambino sin dal momento della nascita”.
Dott.ssa Veronica Venturi
Dott.ssa Olga Cosentino
Procreazione medicalmente assistita: l'intervento delle Sezioni Unite della Cassazione
Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, si sono espresse in tema di procreazione medicalmente assistita stabilendo che non è automaticamente trascrivibile il provvedimento giudiziario straniero né a fortiori l’originario atto di nascita che indichi quale genitore del bambino il genitore che insieme al padre biologico ne ha voluto la nascita, ricorrendo alla surrogazione nel Paese estero, sia pure in conformità della lex loci.
IL FATTO:
Il caso che ha portato alla sentenza in epigrafe riguardava un bambino nato all’estero attraverso la maternità surrogata.
Nell’ambito del piano riproduttivo condiviso di una coppia dello stesso sesso, uno dei due fornisce i propri gameti, che vengono combinati con l’ovocita di un donatore in una procedura di fecondazione in vitro. Gli embrioni sono stati poi trasferiti nell’utero di un’altra donna non anonima, che ha portato a termine la gravidanza e ha dato alla luce il bambino.
Gli uomini, entrambi cittadini italiani, si sono sposati in Canada e l’atto è stato trascritto nel registro delle unioni civili italiano.
Al momento della nascita del bambino, il certificato di nascita presentato dalle autorità canadesi riportava solo il padre biologico, PF, mentre non veniva menzionato né il partner del padre biologico, né la madre surrogata né l’ovocita donatore.
Le parti, ricorrendo nel 2017 alla Corte Suprema della British Columbia richiedevano la correzione dell’atto di nascita canadese, la stessa Corte Suprema disponeva tale rettificazione.
Le parti, sulla base del provvedimento reso dalla Suprema Corte della British Columbia chiedevano all’ufficiale di Stato civile richiedevano all’ufficiale di stato civile italiano di rettificare anche l’atto di nascita del bambino in Italia, che indicava come genitore il solo padre biologico, il quale però rifiutava la richiesta.
A seguito di tale rifiuto, i ricorrenti proponevano ricorso ex art. 702-bis cpc alla Corte d’appello di Venezia.
Con tale atto la ricorrente fa valere ex art. Decreto Legislativo n. 67 n. 218 del 1995, riconoscimento italiano dei provvedimenti canadesi. Sottolineano che le suddette norme canadesi sono diventate definitive e non sono contrarie all’ordine pubblico e alla legalità dell’atto che porta alla nascita del bambino in conformità con le leggi del paese di attuazione.
La Corte d’appello ha stabilito che la tutela dell’interesse superiore del minore, sia a livello nazionale che internazionale, è uno dei diritti fondamentali riconosciuti dalle convenzioni internazionali.
Anche la previsione che il minore debba avere genitori di sesso diverso non può essere desunta dall’ordine pubblico, posto che il nostro ordinamento prevede la possibilità per un minore di avere due genitori dello stesso sesso nel caso in cui uno dei genitori abbia ottenuto un cambiamento del genere di assegnazione.
Quanto invece al divieto di ricorrere alla pratica della surrogazione della maternità, è necessario rammentare che la L.40/2004 vietata la procreazione assistita per le coppie omosessuali, che invece è consentita in molti Paesi europei. In Italia è vietata anche la maternità così detta “per altri” ovvero il ricorso a una donna estranea alla coppia per portare avanti la gravidanza, procedura che è consentita in un numero limitatissimo di altri Paesi soprattutto extra UE.
La Corte d’appello ha osservato che la scelta del legislatore era frutto di discrezionalità e non esprimeva sul piano costituzionale un principi fondamentali volto al mantenimento dell’ordine pubblico, alla luce di ciò, non possono ritenersi rilevanti le sanzioni penali inflitte dall’articolo 12 co 6 di tale legge, che punisce chiunque realizzi, organizzi o promuova la maternità surrogata in qualsiasi forma, e non può essere privato della personalità giuridica legalmente acquisita dal proprio paese di nascita.
Dopo un esito positivo presso la Corte d’appello, il giudice di legittimità investito della impugnazione rimette la questione alle sezioni Unite, che con l’ordinanza del 21 gennaio 2022, n. 1842 hanno enunciato il seguente obiter dictum:
“Poiché la pratica della maternità surrogata, quali che siano le modalità della condotta e gli scopi perseguiti, offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane, non è automaticamente trascrivibile il provvedimento giudiziario straniero, e a fortiori l’originario atto di nascita, che indichi quale genitore del bambino il genitore d’intenzione, che insieme al padre biologico ne ha voluto la nascita ricorrendo alla surrogazione nel Paese estero, sia pure in conformità della lex loci. Nondimeno, anche il bambino nato da maternità surrogata ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con colui che ha condiviso il disegno genitoriale.
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