Published On: 15 Maggio 2016Categories: Articoli, Claudia Barbara Bondanini, Diritto Penale

Premeditazione in capo al reo: la sentenza della Cassazione

Gli Ermellini statuiscono, con sentenza n. 18460/2016: l’estensione dell’elemento cronologico e la complessità della condotta criminosa portano a riconoscere la circostanza aggravante della premeditazione in capo al reo.

La vicenda, cruenta ed efferata, che in questa sede viene raccontata, vede un giovane marito e padre di due gemellini che, ritenutosi offeso sia dalla decisione della moglie di volersi separare, che dalle condizioni, economicamente svantaggiose, del relativo accordo, ha voluto punire i suoi cari.

Alle 7.00 del mattino, l’imputato ha inizialmente cosparso la moglie di alcool, dandole fuoco e chiudendola in una stanza ad urlare e disperarsi dal dolore; successivamente, per tentare di non apparire colpevole di un gesto così privo di umanità, ha simulato, versando della benzina su alcuni indumenti, un incendio fortuito creando due focolai, di cui uno in camera dei figli, due gemellini di appena 3 anni.

I figli hanno riportato gravi ustioni, mentre la moglie, data la gravità delle sue condizioni, non è riuscita a salvarsi.

Condannato in primo e secondo grado e riconosciutagli l’aggravante della premeditazione, l’imputato ricorre per cassazione.

La difesa ha avuto l’ardore di sostenere una mancanza totale dell’elemento della premeditazione, essendo tale azione piuttosto il risultato di un impeto irruento e non controllabile, dettato dal forte nervosismo e dalla delusione per la scelta della moglie di voler separarsi e dal contenuto, fortemente svantaggioso, dell’accordo.

A sostegno di ciò, la difesa ha sostenuto che la bottiglia di benzina si trovava nella casa della famiglia in maniera del tutto casuale, non essendo perciò posta lì per qualche intento criminoso premeditato.

Premesso che la premeditazione, nonostante le varie correnti dottrinarie e giurisprudenziali, si evidenzia in quell’intervallo temporale, di durata indeterminabile – più o meno lunga – che sussiste tra il momento in cui prende vita l’intento criminoso e il momento di realizzazione dell’evento da parte dell’autore, dovendo in questo lasso di tempo perdurare l’elemento psicologico di esecuzione della condotta criminosa.

La Cassazione ha ribadito e confermato l’esistenza in questo caso dell’elemento della premeditazione essendo l’imputato entrato in possesso della bottiglia di benzina in un momento antecedente al compimento del reato.

Non è tutto, infatti secondo la Cassazione l’aggravante della premeditazione consterebbe di un ulteriore elemento: l’estensione e la complessità dell’azione criminosa.

Nel caso di specie, varie sono state le azione criminose poste in essere, tutte dirette alla più ampia realizzazione del disegno assurdo e cruento prefissato nelle intenzioni del reo: aver cosparso la moglie di alcool, averle dato fuoco, averla rinchiusa in una stanza impedendole in tal modo di scappare o chiedere aiuto, aver appiccato un primo focolaio e successivamente un secondo nella cameretta delle due innocenti creature.

In nessun caso la Cassazione avrebbe potuto accogliere la tesi difensiva, ha pertanto rigettato il ricorso, non ritenendo in alcun modo ipotizzabile l’ipotesi dell’estemporaneità di tale condotta.

Dott.ssa Claudia Barbara Bondanini

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Premeditazione in capo al reo: la sentenza della Cassazione

Gli Ermellini statuiscono, con sentenza n. 18460/2016: l’estensione dell’elemento cronologico e la complessità della condotta criminosa portano a riconoscere la circostanza aggravante della premeditazione in capo al reo.

La vicenda, cruenta ed efferata, che in questa sede viene raccontata, vede un giovane marito e padre di due gemellini che, ritenutosi offeso sia dalla decisione della moglie di volersi separare, che dalle condizioni, economicamente svantaggiose, del relativo accordo, ha voluto punire i suoi cari.

Alle 7.00 del mattino, l’imputato ha inizialmente cosparso la moglie di alcool, dandole fuoco e chiudendola in una stanza ad urlare e disperarsi dal dolore; successivamente, per tentare di non apparire colpevole di un gesto così privo di umanità, ha simulato, versando della benzina su alcuni indumenti, un incendio fortuito creando due focolai, di cui uno in camera dei figli, due gemellini di appena 3 anni.

I figli hanno riportato gravi ustioni, mentre la moglie, data la gravità delle sue condizioni, non è riuscita a salvarsi.

Condannato in primo e secondo grado e riconosciutagli l’aggravante della premeditazione, l’imputato ricorre per cassazione.

La difesa ha avuto l’ardore di sostenere una mancanza totale dell’elemento della premeditazione, essendo tale azione piuttosto il risultato di un impeto irruento e non controllabile, dettato dal forte nervosismo e dalla delusione per la scelta della moglie di voler separarsi e dal contenuto, fortemente svantaggioso, dell’accordo.

A sostegno di ciò, la difesa ha sostenuto che la bottiglia di benzina si trovava nella casa della famiglia in maniera del tutto casuale, non essendo perciò posta lì per qualche intento criminoso premeditato.

Premesso che la premeditazione, nonostante le varie correnti dottrinarie e giurisprudenziali, si evidenzia in quell’intervallo temporale, di durata indeterminabile – più o meno lunga – che sussiste tra il momento in cui prende vita l’intento criminoso e il momento di realizzazione dell’evento da parte dell’autore, dovendo in questo lasso di tempo perdurare l’elemento psicologico di esecuzione della condotta criminosa.

La Cassazione ha ribadito e confermato l’esistenza in questo caso dell’elemento della premeditazione essendo l’imputato entrato in possesso della bottiglia di benzina in un momento antecedente al compimento del reato.

Non è tutto, infatti secondo la Cassazione l’aggravante della premeditazione consterebbe di un ulteriore elemento: l’estensione e la complessità dell’azione criminosa.

Nel caso di specie, varie sono state le azione criminose poste in essere, tutte dirette alla più ampia realizzazione del disegno assurdo e cruento prefissato nelle intenzioni del reo: aver cosparso la moglie di alcool, averle dato fuoco, averla rinchiusa in una stanza impedendole in tal modo di scappare o chiedere aiuto, aver appiccato un primo focolaio e successivamente un secondo nella cameretta delle due innocenti creature.

In nessun caso la Cassazione avrebbe potuto accogliere la tesi difensiva, ha pertanto rigettato il ricorso, non ritenendo in alcun modo ipotizzabile l’ipotesi dell’estemporaneità di tale condotta.

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