Memoria integrativa: è ammissibile la domanda di addebito?
Con ordinanza n. 17590 del 2019 la Corte di Cassazione si è interrogata sulla ammissibilità della domanda di addebito avanzata in primo grado dal coniuge nella memoria integrativa di cui all’art. 709 c.p.c., comma 3.
Il ricorrente lamenta che la Corte di Appello abbia ritenuto ammissibile la domanda di addebito proposta nella memoria integrativa così contravvenendo alla natura unitaria del procedimento di separazione che obbligherebbe le parti ad introdurre sin dal deposito del ricorso le domande di separazione e divorzio, anche di quelle di addebito e di riconoscimento dell’assegno coniugale.
Gli Ermellini ricordano che la riforma del processo di separazione personale ha introdotto un modello di natura bifasica in cui convivono un primo momento, non contenzioso che, introdotto dal ricorso ex art. 706 c.p.c. è contrassegnato dalla centralità del tentativo di conciliazione tra i coniugi esperito dal presidente ed un secondo, di natura contenziosa, che all’esito del fallimento di quel tentativo è destinato, nella contrapposta dialettica tra le parti, a trovare definizione dinanzi al giudice istruttore per il meccanismo propositivo di cui all’art. 709 c.p.c., comma 3.
Il provvedimento presidenziale di cui all’art. 709 c.p.c., comma 3, adottato all’esito dell’inutile esperimento del tentativo di conciliazione tra i coniugi, denuncia nei suoi contenuti, la finalità di dare al processo ordinato svolgimento segnandone il passaggio dalla fase conciliativa non contenziosa a quella contenziosa, a cognizione ordinaria.
La memoria da prodursi dal ricorrente dinanzi al giudice istruttore quale atto che introduce, in continuità con la pregressa fase, il giudizio contenzioso, resta pertanto definita, per il richiamo operatone nell’art. 709 c.p.c., comma 3, dai contenuti dell’atto di citazione (art. 163 c.p.c., comma 3, nn. 2), 3), 4), 5) e 6)).
Si tratta invero di un meccanismo al cui affermarsi segue la riformulazione della vocatio in jus nella fase contenziosa o che, meglio, costruisce la stessa come una vocatio a formazione progressiva nel passaggio dall’una all’altra fase.
In siffatta cornice la questione se la memoria integrativa di cui all’art. 709 c.p.c., comma 3, possa contenere la domanda di addebito, in più occasioni qualificata dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità come domanda nuova (ex plurimis: Cass. 30/03/2012 n. 5173; Cass. 07/12/2007 n. 25618; Cass. 16/05/2007 n. 11305), trova positiva soluzione in ragione del carattere bifasico del giudizio di separazione personale che, rispondente all’interesse stesso che il ricorrente potrebbe avere di non “spendere” nel ricorso ex art. 706 c.p.c. quella domanda per non escludere a priori una soluzione consensuale della crisi familiare, trova inequivoco sostegno, quanto alla sua struttura, nella disciplina di riforma contenuta nell’art. 709 c.p.c., comma 3.
Concludendo gli Ermellini affermano il seguente principio di diritto: “In materia di separazione personale tra coniugi, la domanda di addebito della separazione può essere introdotta per la prima volta con la memoria integrativa di cui all’art. 709 c.p.c., comma 3, in ragione della natura bifasica del giudizio in cui alla finalità conciliativa propria del momento che trova svolgimento davanti al presidente del tribunale segue, nell’infruttuosità della prima, quello contenzioso dinanzi al giudice istruttore, introdotto in applicazione di un sistema di norme processuali che mutua, per contenuti e scansioni, le forme del giudizio ordinario da citazione, il tutto per un più ampio meccanismo segnato, nel passaggio tra la fase di conciliazione dei coniugi e quella contenziosa, da una progressiva formazione della vocatio in ius“.
Avv. Gavril Zaccaria
Memoria integrativa: è ammissibile la domanda di addebito?
Con ordinanza n. 17590 del 2019 la Corte di Cassazione si è interrogata sulla ammissibilità della domanda di addebito avanzata in primo grado dal coniuge nella memoria integrativa di cui all’art. 709 c.p.c., comma 3.
Il ricorrente lamenta che la Corte di Appello abbia ritenuto ammissibile la domanda di addebito proposta nella memoria integrativa così contravvenendo alla natura unitaria del procedimento di separazione che obbligherebbe le parti ad introdurre sin dal deposito del ricorso le domande di separazione e divorzio, anche di quelle di addebito e di riconoscimento dell’assegno coniugale.
Gli Ermellini ricordano che la riforma del processo di separazione personale ha introdotto un modello di natura bifasica in cui convivono un primo momento, non contenzioso che, introdotto dal ricorso ex art. 706 c.p.c. è contrassegnato dalla centralità del tentativo di conciliazione tra i coniugi esperito dal presidente ed un secondo, di natura contenziosa, che all’esito del fallimento di quel tentativo è destinato, nella contrapposta dialettica tra le parti, a trovare definizione dinanzi al giudice istruttore per il meccanismo propositivo di cui all’art. 709 c.p.c., comma 3.
Il provvedimento presidenziale di cui all’art. 709 c.p.c., comma 3, adottato all’esito dell’inutile esperimento del tentativo di conciliazione tra i coniugi, denuncia nei suoi contenuti, la finalità di dare al processo ordinato svolgimento segnandone il passaggio dalla fase conciliativa non contenziosa a quella contenziosa, a cognizione ordinaria.
La memoria da prodursi dal ricorrente dinanzi al giudice istruttore quale atto che introduce, in continuità con la pregressa fase, il giudizio contenzioso, resta pertanto definita, per il richiamo operatone nell’art. 709 c.p.c., comma 3, dai contenuti dell’atto di citazione (art. 163 c.p.c., comma 3, nn. 2), 3), 4), 5) e 6)).
Si tratta invero di un meccanismo al cui affermarsi segue la riformulazione della vocatio in jus nella fase contenziosa o che, meglio, costruisce la stessa come una vocatio a formazione progressiva nel passaggio dall’una all’altra fase.
In siffatta cornice la questione se la memoria integrativa di cui all’art. 709 c.p.c., comma 3, possa contenere la domanda di addebito, in più occasioni qualificata dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità come domanda nuova (ex plurimis: Cass. 30/03/2012 n. 5173; Cass. 07/12/2007 n. 25618; Cass. 16/05/2007 n. 11305), trova positiva soluzione in ragione del carattere bifasico del giudizio di separazione personale che, rispondente all’interesse stesso che il ricorrente potrebbe avere di non “spendere” nel ricorso ex art. 706 c.p.c. quella domanda per non escludere a priori una soluzione consensuale della crisi familiare, trova inequivoco sostegno, quanto alla sua struttura, nella disciplina di riforma contenuta nell’art. 709 c.p.c., comma 3.
Concludendo gli Ermellini affermano il seguente principio di diritto: “In materia di separazione personale tra coniugi, la domanda di addebito della separazione può essere introdotta per la prima volta con la memoria integrativa di cui all’art. 709 c.p.c., comma 3, in ragione della natura bifasica del giudizio in cui alla finalità conciliativa propria del momento che trova svolgimento davanti al presidente del tribunale segue, nell’infruttuosità della prima, quello contenzioso dinanzi al giudice istruttore, introdotto in applicazione di un sistema di norme processuali che mutua, per contenuti e scansioni, le forme del giudizio ordinario da citazione, il tutto per un più ampio meccanismo segnato, nel passaggio tra la fase di conciliazione dei coniugi e quella contenziosa, da una progressiva formazione della vocatio in ius“.
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