Manca una chiara esposizione dei fatti: inammissibile il ricorso per Cassazione
Con la sentenza n. 30754 del 2018 la Suprema Corte di Cassazione ha ribadito la necessità di una chiara e precisa esposizione dei fatti di causa per rendere comprensibili i motivi di impugnazione.
La vicenda prende avvio da un atto di precetto notificato alla Intesa San Paolo s.p.a. per il pagamento dell’importo di Euro 899,10, in forza di una ordinanza di assegnazione.
In mancanza del pagamento il creditore incardinava una procedura esecutiva contro il terzo pignorato.
Avverso tale procedura l’Istituto di credito proponeva opposizione all’esecuzione deducendo di aver pagato l’intera sorte assegnata nell’ordinanza.
Disposta la sospensione dell’esecuzione, la causa veniva riassunta nel merito dalla ricorrente la quale affermava che la debitrice avesse pagato una somma diversa da quella intimata, e che non avesse pagato le competenze procuratorie connesse alla notifica dell’ordinanza e gli interessi legali.
Con sentenza n. 23209/2014, il Giudice di pace di Roma accoglieva l’opposizione della Banca.
Avverso tale sentenza proponeva appello la ricorrente deducendo che l’assegno inviato non copriva l’intero credito, in ragione dell’omesso pagamento degli interessi e delle competenze procuratorie.
Il Tribunale civile di Roma, con sentenza n. 21569/16, respingeva l’appello.
Avverso detta sentenza, la creditrice proponeva ricorso per Cassazione affidandosi a sei motivi, formulando oltretutto istanza di assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
Gli Ermellini rilevano, innanzitutto, che la ricorrente non riporta in maniera comprensibile la sequenza dei fatti di causa rilevanti, essendo il ricorso costituito di copie degli atti di causa, né le ragioni delle decisioni del giudice di primo e secondo grado.
L’intero ricorso è quindi, secondo la Corte, inammissibile per difetto della sommaria esposizione dei fatti di causa.
Manca, infatti, a parere delle Sezioni Unite, una chiara e precisa, benché sommaria, esposizione dei fatti processualmente rilevanti, non avendo il ricorrente riprodotto una pur sintetica narrativa della complessiva vicenda processuale, non consentendo così alla Corte la comprensione della stessa (Cass., Sez. un., nn. 16628/2009 e 5698/2012); infatti il requisito della esposizione sommaria dei fatti consiste in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. Sez. un. n. 11653/2006; per una fattispecie del tutto analoga a quella in esame, v. recentemente Cass. n. 21396 del 2018).
In mancanza di una corretta ed essenziale narrazione dei fatti processuali (ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.), della sintetica esposizione della soluzione accolta dal giudice di merito, nonché di una chiara illustrazione dell’errore da quest’ultimo commesso e delle ragioni che lo facciano considerare tale, viene addossato alla S.C. il compito, ad essa non spettante, di sceverare da una pluralità di elementi sottoposti al suo esame senza un ordine logico quelli ritenuti rilevanti dallo stesso ricorrente ai fini del decidere.
Per tali motivi la Corte dichiarava inammissibile il ricorso.
Avv. Gavril Zaccaria
Manca una chiara esposizione dei fatti: inammissibile il ricorso per Cassazione
Con la sentenza n. 30754 del 2018 la Suprema Corte di Cassazione ha ribadito la necessità di una chiara e precisa esposizione dei fatti di causa per rendere comprensibili i motivi di impugnazione.
La vicenda prende avvio da un atto di precetto notificato alla Intesa San Paolo s.p.a. per il pagamento dell’importo di Euro 899,10, in forza di una ordinanza di assegnazione.
In mancanza del pagamento il creditore incardinava una procedura esecutiva contro il terzo pignorato.
Avverso tale procedura l’Istituto di credito proponeva opposizione all’esecuzione deducendo di aver pagato l’intera sorte assegnata nell’ordinanza.
Disposta la sospensione dell’esecuzione, la causa veniva riassunta nel merito dalla ricorrente la quale affermava che la debitrice avesse pagato una somma diversa da quella intimata, e che non avesse pagato le competenze procuratorie connesse alla notifica dell’ordinanza e gli interessi legali.
Con sentenza n. 23209/2014, il Giudice di pace di Roma accoglieva l’opposizione della Banca.
Avverso tale sentenza proponeva appello la ricorrente deducendo che l’assegno inviato non copriva l’intero credito, in ragione dell’omesso pagamento degli interessi e delle competenze procuratorie.
Il Tribunale civile di Roma, con sentenza n. 21569/16, respingeva l’appello.
Avverso detta sentenza, la creditrice proponeva ricorso per Cassazione affidandosi a sei motivi, formulando oltretutto istanza di assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
Gli Ermellini rilevano, innanzitutto, che la ricorrente non riporta in maniera comprensibile la sequenza dei fatti di causa rilevanti, essendo il ricorso costituito di copie degli atti di causa, né le ragioni delle decisioni del giudice di primo e secondo grado.
L’intero ricorso è quindi, secondo la Corte, inammissibile per difetto della sommaria esposizione dei fatti di causa.
Manca, infatti, a parere delle Sezioni Unite, una chiara e precisa, benché sommaria, esposizione dei fatti processualmente rilevanti, non avendo il ricorrente riprodotto una pur sintetica narrativa della complessiva vicenda processuale, non consentendo così alla Corte la comprensione della stessa (Cass., Sez. un., nn. 16628/2009 e 5698/2012); infatti il requisito della esposizione sommaria dei fatti consiste in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. Sez. un. n. 11653/2006; per una fattispecie del tutto analoga a quella in esame, v. recentemente Cass. n. 21396 del 2018).
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