Linee guida e buone pratiche clinico assistenziali: la sentenza della Cassazione
Con la sentenza n. 47748/2018, la quarta sezione penale della Corte di Cassazione si è soffermata sulla diversità tra le linee guida e le buone pratiche nell’ambito dell’esercizio della professione sanitaria.
La vicenda ruotava attorno al decesso di un paziente a causa della condotta imperita dei sanitari dell’Ospedale civile maggiore di Verona i quali, non identificando tempestivamente la patologia di dissecazione aortica ed il necessario intervento chirurgico, cagionavano la morte del paziente.
In ipotesi di malpractice medica, l’errore diagnostico si configura, infatti, non solo ove la sintomatologia della malattia non sia correttamente analizzata, ma anche qualora si omettano quei controlli ed accertamenti doverosi ai fini della diagnosi (Cass., sez. 4, n. 46412/2008).
Alla luce dell’epoca in cui si era verificato il caso di specie (2009), il primo problema affrontato dagli Ermellini visti i numerosi interventi normativi nel settore, è stato comprendere quale fosse la legge applicabile nel caso concreto.
Se nel 2009, infatti, l’ordinamento non presentava alcuna prescrizione particolare in tema di responsabilità medica, risultando di conseguenza applicabili i principi generali sulla colpa ex art. 43 c.p., nel 2012, con l’entrata in vigore del d.l. n. 158/2012, il legislatore ha escluso la responsabilità del sanitario per colpa lieve ove questi, nello svolgimento della sua attività professionale, si sia attenuto alle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica.
Successivamente, nel 2017, la c.d. legge Gelli – Bianco ha nuovamente mutato il panorama normativo, inserendo nel cod. pen. l’art. 590 sexies, norma che sancisce “l’impunibilità di quella condotta rispettosa delle raccomandazioni previste delle sole linee guida come definite e pubbliche ai sensi di legge, ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali”.
In mancanza di linee- guida approvate ed emanate nel rispetto del procedimento di cui all’art. 5 l. n., 24/2017, quindi, deve escludersi l’applicabilità della norma summenzionata, se non nella parte in cui questa richiama le buone pratiche clinico-assistenziali.
Difatti, una terza strada ermeneutica, potrebbe suggerire di ritenere le linee guida attualmente vigenti, sebbene non approvate con il procedimento suddetto, rientranti nella nozione di buone pratiche clinico-assistenziali.
Gli ermellini, nello sconfessare questo approccio interpretativo, hanno evidenziato la sostanziale differenza tra i due strumenti sia sotto un profilo concettuale che tecnico operativo.
Di fatto, le linee guida consistono in raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volte ad offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico-terapeutico più appropriato (Cass., se. 4 n. 18430/2013), sancendo uno standard clinico ispirato al consolidato migliore scienza medica e volto a garantire la salute del paziente.
Una volta dimostrata la non assimilabilità dei due strumenti, ne consegue che l’art. 590 sexies c.p., nel contesto normativo attuale e sino all’adozione di linee guida che rispettino il procedimento sancito dalla l. n. 24/2017, è una norma priva di spazio applicativo.
Dott.ssa Caterina Marino
Linee guida e buone pratiche clinico assistenziali: la sentenza della Cassazione
Con la sentenza n. 47748/2018, la quarta sezione penale della Corte di Cassazione si è soffermata sulla diversità tra le linee guida e le buone pratiche nell’ambito dell’esercizio della professione sanitaria.
La vicenda ruotava attorno al decesso di un paziente a causa della condotta imperita dei sanitari dell’Ospedale civile maggiore di Verona i quali, non identificando tempestivamente la patologia di dissecazione aortica ed il necessario intervento chirurgico, cagionavano la morte del paziente.
In ipotesi di malpractice medica, l’errore diagnostico si configura, infatti, non solo ove la sintomatologia della malattia non sia correttamente analizzata, ma anche qualora si omettano quei controlli ed accertamenti doverosi ai fini della diagnosi (Cass., sez. 4, n. 46412/2008).
Alla luce dell’epoca in cui si era verificato il caso di specie (2009), il primo problema affrontato dagli Ermellini visti i numerosi interventi normativi nel settore, è stato comprendere quale fosse la legge applicabile nel caso concreto.
Se nel 2009, infatti, l’ordinamento non presentava alcuna prescrizione particolare in tema di responsabilità medica, risultando di conseguenza applicabili i principi generali sulla colpa ex art. 43 c.p., nel 2012, con l’entrata in vigore del d.l. n. 158/2012, il legislatore ha escluso la responsabilità del sanitario per colpa lieve ove questi, nello svolgimento della sua attività professionale, si sia attenuto alle linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica.
Successivamente, nel 2017, la c.d. legge Gelli – Bianco ha nuovamente mutato il panorama normativo, inserendo nel cod. pen. l’art. 590 sexies, norma che sancisce “l’impunibilità di quella condotta rispettosa delle raccomandazioni previste delle sole linee guida come definite e pubbliche ai sensi di legge, ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico assistenziali”.
In mancanza di linee- guida approvate ed emanate nel rispetto del procedimento di cui all’art. 5 l. n., 24/2017, quindi, deve escludersi l’applicabilità della norma summenzionata, se non nella parte in cui questa richiama le buone pratiche clinico-assistenziali.
Difatti, una terza strada ermeneutica, potrebbe suggerire di ritenere le linee guida attualmente vigenti, sebbene non approvate con il procedimento suddetto, rientranti nella nozione di buone pratiche clinico-assistenziali.
Gli ermellini, nello sconfessare questo approccio interpretativo, hanno evidenziato la sostanziale differenza tra i due strumenti sia sotto un profilo concettuale che tecnico operativo.
Di fatto, le linee guida consistono in raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volte ad offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico-terapeutico più appropriato (Cass., se. 4 n. 18430/2013), sancendo uno standard clinico ispirato al consolidato migliore scienza medica e volto a garantire la salute del paziente.
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