Published On: 30 Marzo 2019Categories: Articoli, Diana De Gaetani, Diritto civile, Locazioni e condominio

La liberazione dell'immobile pignorato, quando e come?

Il Decreto Legge 14 dicembre 2018 n. 135, convertito in Legge 11 febbraio 2019 n. 12, ha modificato le condizioni previste dall’art. 560 del c.p.c. per il procedimento di liberazione di un immobile pignorato.

La novità può riassumersi in un posticipo nella liberazione dell’immobile che sia occupato dal debitore sottoposto a procedura esecutiva.

Non è in dubbio che la modifica sia di grande interesse considerando i potenziali effetti che la stessa può avere non solo sugli interessi dei creditori, ma anche sul mercato immobiliare. Sul punto si può infatti constatare che, agli occhi di un acquirente, non è indifferente che l’immobile di suo interesse sia già libero da persone e cose, oppure risulti ancora in possesso del debitore esecutato, o di un terzo il quale vanti, ad esempio, un titolo di locazione.

La novella, tuttavia, sembra provare a bilanciare da un lato la necessità di tutelare il debitore esecutato -ovvero il soggetto pignorato – e dall’altro gli interessi dei creditori ad ottenere l’immediato rilascio dell’immobile. Vediamo, dunque come la nuova legge raggiunge il compromesso tra i due opposti interessi.

L’art. 560 c.p.c. è stato oggetto di diversi interventi da parte del legislatore.

La prima modifica risale alla L. 80/2005, poi sostituita dalla L. 263/2005. In quest’ultima si prevedeva l’obbligatoria e immediata liberazione dell’immobile.  Il soggetto sottoposto a procedura esecutiva veniva intimato a lasciare l’abitazione entro i termini indicati dal giudice. L’atto – emesso dal giudice dell’esecuzione – non era discrezionale ma interveniva ogniqualvolta il debitore non fosse stato espressamente autorizzato a permanere nell’immobile. Inoltre, l’ordine di esecuzione costituiva un titolo esecutivo non impugnabile, emesso senza alcuna formalità, anche d’ufficio.  L’ordinanza del giudice dell’esecuzione non era né revocabile, né modificabile.

E’ evidente che questa prima modifica riconosceva priorità alle esigenze del creditore di ottenere l’immediata liberazione dell’immobile ai fini di una successiva vendita. Il debitore esecutato era sprovvisto di qualsiasi tutela.

Successivamente è intervenuta la L. 119/2016. Con essa veniva disciplinata una procedura semplificata e accelerata per la liberazione dell’immobile.  Per l’attuazione dell’ordine, il legislatore introduceva inoltre la possibilità per il giudice dell’espropriazione immobiliare di avvalersi della forza pubblica (ex. comma 3 del previgente art. 560). Tuttavia, l’atto esecutivo diveniva impugnabile ai sensi dell’art. 617 c.p.c.:

  • Dal terzo che vantasse un diritto di godimento sull’immobile opponibile alla procedura;
  • Dal debitore.

Ove quest’ultimo provasse di vantare crediti nei confronti della pubblica amministrazione per un ammontare almeno pari a quelli del creditore, il giudice avrebbe potuto comunque posticipare il rilascio in una data compresa tra il sessantesimo e il novantesimo giorno successivo alla pronuncia del decreto.

In ogni caso, anche dopo questa modifica, la permanenza del debitore nell’immobile costituiva un’eccezione che doveva essere espressamente concessa con un ordine del giudice.

******

Attualmente la novella n. 12 dell’11 febbraio 2019, predispone una maggior tutela del debitore esecutato. Essa dispone un assetto che potremmo dire opposto a quello precedente. Il debitore, in linea di massima, rimane in possesso del bene pignorato fino al decreto di trasferimento.

Si noti che l’attuale comma 1 riconferma l’obbligo del custode e del debitore di rendere il conto. Questo comporta che – pur rimanendo inalterato il diritto di proprietà sull’immobile, e il relativo possesso fino all’aggiudicazione – una volta iniziata la procedura esecutiva rimane fermo il limite di compiere qualsiasi atto di disposizione sul bene. Tuttavia, Il divieto di dare in locazione l’immobile prima rivolto sia al debitore, sia al custode, attualmente (come previsto dal comma 7) permane nei confronti del solo debitore, non essendo stato riconfermato per il custode.

L’immobile potrà essere occupato dall’esecutato e dalla sua famiglia, purché ne conservi il possesso con la dovuta diligenza. A tal fine, il nuovo comma 2 dell’art. 560 c.p.c. dispone la nomina di un custode che “ha il dovere di vigilare, affinché il debitore e il nucleo familiare conservino il bene pignorato con la diligenza del buon padre di famiglia e ne mantengano e tutelino la sua integrità”. Sembrerebbe dunque che la nomina di un custode non sia più prevista solo quando l’immobile è abitato da persona diversa dal debitore, ma anche quando vi coincida (mentre nella previgente disciplina il debitore che abitasse l’immobile sarebbe stato automaticamente costituito custode dello stesso, come previsto dall’art 559 c.p.c.).

Ai sensi del novellato comma 8 dell’art. 560 c.p.c. “fermo quanto previsto dal sesto comma, quando l’immobile pignorato è abitato dal debitore e dai suoi familiari il giudice non può mai disporre il rilascio dell’immobile pignorato prima della pronuncia di trasferimento ai sensi dell’articolo 586”.

Il giudice, ai sensi del comma 6 del novellato art. 560 c.p.c. ordinerà la liberazione in soli quattro casi, ovvero quando il debitore sottoposto ad esecuzione:

  1. Ostacoli le visite dei potenziali acquirenti;
  2. Non tuteli, né mantenga l’immobile in buona conservazione, per colpa o dolo;
  3. Violi altri obblighi imposti dalla legge a suo carico;
  4. Non lo occupi effettivamente come abitazione per il nucleo familiare.

Altra novità di rilievo consiste nell’eliminazione della procedura di favore prevista nei confronti del debitore che sia contestualmente creditore nei confronti della pubblica amministrazione. La previsione, che era stata introdotta nel 2016, aveva suscitato qualche perplessità. In effetti la norma poteva essere letta come una giustificazione al ritardo della pubblica amministrazione nel far fronte ai suoi debiti. L’attuale eliminazione non vuole certamente ripristinare una stato di sostanziale parità tra il debitore che vanti dei crediti, e chi no. L’obiettivo è quello di consentire che il debitore ottenga quanto dovuto secondo le normali procedure.

Diana De Gaetani

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La liberazione dell'immobile pignorato, quando e come?

Il Decreto Legge 14 dicembre 2018 n. 135, convertito in Legge 11 febbraio 2019 n. 12, ha modificato le condizioni previste dall’art. 560 del c.p.c. per il procedimento di liberazione di un immobile pignorato.

La novità può riassumersi in un posticipo nella liberazione dell’immobile che sia occupato dal debitore sottoposto a procedura esecutiva.

Non è in dubbio che la modifica sia di grande interesse considerando i potenziali effetti che la stessa può avere non solo sugli interessi dei creditori, ma anche sul mercato immobiliare. Sul punto si può infatti constatare che, agli occhi di un acquirente, non è indifferente che l’immobile di suo interesse sia già libero da persone e cose, oppure risulti ancora in possesso del debitore esecutato, o di un terzo il quale vanti, ad esempio, un titolo di locazione.

La novella, tuttavia, sembra provare a bilanciare da un lato la necessità di tutelare il debitore esecutato -ovvero il soggetto pignorato – e dall’altro gli interessi dei creditori ad ottenere l’immediato rilascio dell’immobile. Vediamo, dunque come la nuova legge raggiunge il compromesso tra i due opposti interessi.

L’art. 560 c.p.c. è stato oggetto di diversi interventi da parte del legislatore.

La prima modifica risale alla L. 80/2005, poi sostituita dalla L. 263/2005. In quest’ultima si prevedeva l’obbligatoria e immediata liberazione dell’immobile.  Il soggetto sottoposto a procedura esecutiva veniva intimato a lasciare l’abitazione entro i termini indicati dal giudice. L’atto – emesso dal giudice dell’esecuzione – non era discrezionale ma interveniva ogniqualvolta il debitore non fosse stato espressamente autorizzato a permanere nell’immobile. Inoltre, l’ordine di esecuzione costituiva un titolo esecutivo non impugnabile, emesso senza alcuna formalità, anche d’ufficio.  L’ordinanza del giudice dell’esecuzione non era né revocabile, né modificabile.

E’ evidente che questa prima modifica riconosceva priorità alle esigenze del creditore di ottenere l’immediata liberazione dell’immobile ai fini di una successiva vendita. Il debitore esecutato era sprovvisto di qualsiasi tutela.

Successivamente è intervenuta la L. 119/2016. Con essa veniva disciplinata una procedura semplificata e accelerata per la liberazione dell’immobile.  Per l’attuazione dell’ordine, il legislatore introduceva inoltre la possibilità per il giudice dell’espropriazione immobiliare di avvalersi della forza pubblica (ex. comma 3 del previgente art. 560). Tuttavia, l’atto esecutivo diveniva impugnabile ai sensi dell’art. 617 c.p.c.:

  • Dal terzo che vantasse un diritto di godimento sull’immobile opponibile alla procedura;
  • Dal debitore.

Ove quest’ultimo provasse di vantare crediti nei confronti della pubblica amministrazione per un ammontare almeno pari a quelli del creditore, il giudice avrebbe potuto comunque posticipare il rilascio in una data compresa tra il sessantesimo e il novantesimo giorno successivo alla pronuncia del decreto.

In ogni caso, anche dopo questa modifica, la permanenza del debitore nell’immobile costituiva un’eccezione che doveva essere espressamente concessa con un ordine del giudice.

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Attualmente la novella n. 12 dell’11 febbraio 2019, predispone una maggior tutela del debitore esecutato. Essa dispone un assetto che potremmo dire opposto a quello precedente. Il debitore, in linea di massima, rimane in possesso del bene pignorato fino al decreto di trasferimento.

Si noti che l’attuale comma 1 riconferma l’obbligo del custode e del debitore di rendere il conto. Questo comporta che – pur rimanendo inalterato il diritto di proprietà sull’immobile, e il relativo possesso fino all’aggiudicazione – una volta iniziata la procedura esecutiva rimane fermo il limite di compiere qualsiasi atto di disposizione sul bene. Tuttavia, Il divieto di dare in locazione l’immobile prima rivolto sia al debitore, sia al custode, attualmente (come previsto dal comma 7) permane nei confronti del solo debitore, non essendo stato riconfermato per il custode.

L’immobile potrà essere occupato dall’esecutato e dalla sua famiglia, purché ne conservi il possesso con la dovuta diligenza. A tal fine, il nuovo comma 2 dell’art. 560 c.p.c. dispone la nomina di un custode che “ha il dovere di vigilare, affinché il debitore e il nucleo familiare conservino il bene pignorato con la diligenza del buon padre di famiglia e ne mantengano e tutelino la sua integrità”. Sembrerebbe dunque che la nomina di un custode non sia più prevista solo quando l’immobile è abitato da persona diversa dal debitore, ma anche quando vi coincida (mentre nella previgente disciplina il debitore che abitasse l’immobile sarebbe stato automaticamente costituito custode dello stesso, come previsto dall’art 559 c.p.c.).

Ai sensi del novellato comma 8 dell’art. 560 c.p.c. “fermo quanto previsto dal sesto comma, quando l’immobile pignorato è abitato dal debitore e dai suoi familiari il giudice non può mai disporre il rilascio dell’immobile pignorato prima della pronuncia di trasferimento ai sensi dell’articolo 586”.

Il giudice, ai sensi del comma 6 del novellato art. 560 c.p.c. ordinerà la liberazione in soli quattro casi, ovvero quando il debitore sottoposto ad esecuzione:

  1. Ostacoli le visite dei potenziali acquirenti;
  2. Non tuteli, né mantenga l’immobile in buona conservazione, per colpa o dolo;
  3. Violi altri obblighi imposti dalla legge a suo carico;
  4. Non lo occupi effettivamente come abitazione per il nucleo familiare.

Altra novità di rilievo consiste nell’eliminazione della procedura di favore prevista nei confronti del debitore che sia contestualmente creditore nei confronti della pubblica amministrazione. La previsione, che era stata introdotta nel 2016, aveva suscitato qualche perplessità. In effetti la norma poteva essere letta come una giustificazione al ritardo della pubblica amministrazione nel far fronte ai suoi debiti. L’attuale eliminazione non vuole certamente ripristinare una stato di sostanziale parità tra il debitore che vanti dei crediti, e chi no. L’obiettivo è quello di consentire che il debitore ottenga quanto dovuto secondo le normali procedure.

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