Published On: 3 Aprile 2019Categories: Articoli, Diana De Gaetani, Diritto Penale

Il Revenge Porn è reato

Con il termine revenge porn o revenge pornography si indica quel fenomeno che vede la diffusione – in genere su piattaforme di social network – di immagini intime e private, a sfondo sessuale. Si parla di “revenge”, ovvero di vendetta, perché spesso l’atto è compiuto dall’ex partner della vittima, con lo scopo di creare non solo un’offesa, ma alle volte un vero e proprio danno psicologico, e in taluni casi addirittura per manipolare il comportamento della vittima stessa. Alla umiliazione subita, in alcune circostanze, dunque, si affianca il ricatto.

Gli psicologi riferiscono che la diffusione di immagini e video ritraenti la sfera sessuale senza il consenso del soggetto coinvolto è equiparabile ad una violenza sessuale. Lo stato d’ansia, la lesione della dignità e il senso di umiliazione e inadeguatezza si ripercuote anche nei rapporti sociali della vittima, che risulterà doppiamente turbata dall’accaduto.

Il fenomeno, che ha visto una crescente diffusione negli ultimi dieci anni con l’utilizzo dei social, ha attirato l’attenzione del legislatore internazionale che in alcuni paesi (europei e non) ha introdotto una disciplina ad hoc.

Con l’emendamento del 2 aprile l’Italia manifesta particolare sensibilità all’argomento approvando – con voto unanime dei 461 deputati votanti – il disegno di legge che introduce il reato 612 ter c.p. dedicato al revenge porn. Il nuovo reato punisce -con una reclusione che va da uno a sei anni o con una multa che va dai 5mila ai 15mila euro – chi realizza o sottrae invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, senza il consenso della persona interessata.

La particolarità di questo nuovo reato consiste nel punire anche chi riceve il messaggio, o l’email dal contenuto lesivo e non si astiene a sua volta dal cederlo ad altri o pubblicarlo.

L’emendamento, però, nello specifico, ha previsto l’inserimento di un aggravante quando il reato è commesso dal partner o dall’ex partner, oppure attraverso strumenti informatici e telematici. La prima delle due aggravanti si spiega in ragione dell’affidamento della vittima nei confronti del suo vessatore. La relazione affettiva infatti generalmente comporta una fiducia tale da portare la vittima allo scambio anche di semplici foto. La seconda aggravante è giustificata dall’incisione delle piattaforme social sulla reputazione della vittima. Spesso infatti il network si scontra con il diritto all’oblio, ovvero il diritto che la notizia, o in questo caso, l’immagine venga eliminata. È bene ricordare che in questi casi, accanto alla denuncia del reato, è di fondamentale importanza contattare lo staff del social network e richiedere la rimozione del contenuto

È stata inoltre prevista un’aggravante quando il fatto è commesso in danno di una persona in condizioni di minorata capacità fisica o psichica, o nei confronti di una donna incinta.

Il reato sarà punibile a querela della persona offesa, entro sei mesi dalla scoperta del contenuto. Per le ipotesi aggravate del fatto commesso contro persona in stato di inferiorità psico-fisico o donna incinta si procederà d’ufficio.

Diana De Gaetani

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Published On: 3 Aprile 2019Categories: Articoli, Diana De Gaetani, Diritto PenaleBy

Il Revenge Porn è reato

Con il termine revenge porn o revenge pornography si indica quel fenomeno che vede la diffusione – in genere su piattaforme di social network – di immagini intime e private, a sfondo sessuale. Si parla di “revenge”, ovvero di vendetta, perché spesso l’atto è compiuto dall’ex partner della vittima, con lo scopo di creare non solo un’offesa, ma alle volte un vero e proprio danno psicologico, e in taluni casi addirittura per manipolare il comportamento della vittima stessa. Alla umiliazione subita, in alcune circostanze, dunque, si affianca il ricatto.

Gli psicologi riferiscono che la diffusione di immagini e video ritraenti la sfera sessuale senza il consenso del soggetto coinvolto è equiparabile ad una violenza sessuale. Lo stato d’ansia, la lesione della dignità e il senso di umiliazione e inadeguatezza si ripercuote anche nei rapporti sociali della vittima, che risulterà doppiamente turbata dall’accaduto.

Il fenomeno, che ha visto una crescente diffusione negli ultimi dieci anni con l’utilizzo dei social, ha attirato l’attenzione del legislatore internazionale che in alcuni paesi (europei e non) ha introdotto una disciplina ad hoc.

Con l’emendamento del 2 aprile l’Italia manifesta particolare sensibilità all’argomento approvando – con voto unanime dei 461 deputati votanti – il disegno di legge che introduce il reato 612 ter c.p. dedicato al revenge porn. Il nuovo reato punisce -con una reclusione che va da uno a sei anni o con una multa che va dai 5mila ai 15mila euro – chi realizza o sottrae invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, senza il consenso della persona interessata.

La particolarità di questo nuovo reato consiste nel punire anche chi riceve il messaggio, o l’email dal contenuto lesivo e non si astiene a sua volta dal cederlo ad altri o pubblicarlo.

L’emendamento, però, nello specifico, ha previsto l’inserimento di un aggravante quando il reato è commesso dal partner o dall’ex partner, oppure attraverso strumenti informatici e telematici. La prima delle due aggravanti si spiega in ragione dell’affidamento della vittima nei confronti del suo vessatore. La relazione affettiva infatti generalmente comporta una fiducia tale da portare la vittima allo scambio anche di semplici foto. La seconda aggravante è giustificata dall’incisione delle piattaforme social sulla reputazione della vittima. Spesso infatti il network si scontra con il diritto all’oblio, ovvero il diritto che la notizia, o in questo caso, l’immagine venga eliminata. È bene ricordare che in questi casi, accanto alla denuncia del reato, è di fondamentale importanza contattare lo staff del social network e richiedere la rimozione del contenuto

È stata inoltre prevista un’aggravante quando il fatto è commesso in danno di una persona in condizioni di minorata capacità fisica o psichica, o nei confronti di una donna incinta.

Il reato sarà punibile a querela della persona offesa, entro sei mesi dalla scoperta del contenuto. Per le ipotesi aggravate del fatto commesso contro persona in stato di inferiorità psico-fisico o donna incinta si procederà d’ufficio.

Diana De Gaetani

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