Published On: 15 Aprile 2018Categories: Articoli, Diritto civile, Matteo Pavia

“I Cugini di Campagna”: lite per la denominazione del gruppo

Con la sentenza n. 9013/2018 la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della tutela dei marchi e brevetti.

Nel caso di specie, la vicenda aveva come protagonisti i componenti dello storico gruppo italiano “I Cugini di Campagna” i quali, una volta divisi, lamentavano il diritto all’utilizzo del nome del gruppo.

Il fatto traeva origine dalla domanda proposta dai due gemelli fondatori del predetto gruppo, i quali, ancora in attività con nuovi componenti, chiedevano al Tribunale di Lucera di dichiarare l’utilizzo esclusivo in capo in loro favore della denominazione e del marchio della band musicale, di conseguenza vietare ai convenuti (due ex compenti della predetta band) l’utilizzo di tale denominazione e di tale marchio e condannarli, quindi, al risarcimento dei danni per concorrenza sleale ex artt. 2564 e 2598 c.c.

Il Tribunale di Lucera accoglieva integralmente la domanda attorea e pertanto i convenuti proponevano tempestivo gravame dinanzi alla Corte d’Appello di Bari la quale accoglieva l’appello proposto, rilevando che il prodotto musicale offerto dagli appellanti fosse chiaramente distinguibile dal prodotto artistico offerto dal gruppo nell’attuale formazione.

Avverso la suindicata sentenza di appello, gli attuali componenti del gruppo proponevano tempestivo ricorso per Cassazione lamentando, attraverso la prospettazione di una differente ricostruzione dei fatti come valutati dal Giudice di prime cure, il fatto che il giudice d’appello avesse erroneamente rilevato l’insussistenza dei presupposti della concorrenza sleale per imitazione del nome e del marchio in quanto gli ex componenti del gruppo avevano posto in essere comportamenti inidonei a generare un erroneo convincimento nel pubblico di trovarsi in presenza dell’originale band.

Secondo il principio consolidato della Suprema Corte, “l’apprezzamento del giudice di merito sulla confondibilità, o meno dei marchi – ai sensi degli artt. 2564 e 2598 c.c. – costituisce un giudizio di fatto, incensurabile in Cassazione se sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici

Nel caso di specie gli Ermellini rilevavano che la Corte d’Appello di Bari avesse correttamente accertato che l’uso dell’avverbio “già” accanto al nome “Cugini di Campagna” fosse idoneo ad impedire il generarsi di qualsiasi tipo di confusione con la denominazione originaria del gruppo, avendo infatti il solo scopo di evocare e rendere note le origini musicali dei due artisti.

Per tale motivo, i Giudici del Palazzaccio ritenevano inammissibile il primo motivo di ricorso con il quale i ricorrenti prospettavano una diversa ricostruzione dei fatti di causa proponendo una lettura alternativa e difforme rispetto a quella valutata dal Giudice del gravame, senza in alcun modo evidenziare e lamentare un’effettiva, nonché specifica, violazione di legge.

Alla luce di quanto sopra, la Suprema Corte dichiarava inammissibile il ricorso proposto, con compensazione delle spese del giudizio.

Dott. Matteo Pavia

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Published On: 15 Aprile 2018Categories: Articoli, Diritto civile, Matteo PaviaBy

“I Cugini di Campagna”: lite per la denominazione del gruppo

Con la sentenza n. 9013/2018 la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della tutela dei marchi e brevetti.

Nel caso di specie, la vicenda aveva come protagonisti i componenti dello storico gruppo italiano “I Cugini di Campagna” i quali, una volta divisi, lamentavano il diritto all’utilizzo del nome del gruppo.

Il fatto traeva origine dalla domanda proposta dai due gemelli fondatori del predetto gruppo, i quali, ancora in attività con nuovi componenti, chiedevano al Tribunale di Lucera di dichiarare l’utilizzo esclusivo in capo in loro favore della denominazione e del marchio della band musicale, di conseguenza vietare ai convenuti (due ex compenti della predetta band) l’utilizzo di tale denominazione e di tale marchio e condannarli, quindi, al risarcimento dei danni per concorrenza sleale ex artt. 2564 e 2598 c.c.

Il Tribunale di Lucera accoglieva integralmente la domanda attorea e pertanto i convenuti proponevano tempestivo gravame dinanzi alla Corte d’Appello di Bari la quale accoglieva l’appello proposto, rilevando che il prodotto musicale offerto dagli appellanti fosse chiaramente distinguibile dal prodotto artistico offerto dal gruppo nell’attuale formazione.

Avverso la suindicata sentenza di appello, gli attuali componenti del gruppo proponevano tempestivo ricorso per Cassazione lamentando, attraverso la prospettazione di una differente ricostruzione dei fatti come valutati dal Giudice di prime cure, il fatto che il giudice d’appello avesse erroneamente rilevato l’insussistenza dei presupposti della concorrenza sleale per imitazione del nome e del marchio in quanto gli ex componenti del gruppo avevano posto in essere comportamenti inidonei a generare un erroneo convincimento nel pubblico di trovarsi in presenza dell’originale band.

Secondo il principio consolidato della Suprema Corte, “l’apprezzamento del giudice di merito sulla confondibilità, o meno dei marchi – ai sensi degli artt. 2564 e 2598 c.c. – costituisce un giudizio di fatto, incensurabile in Cassazione se sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici

Nel caso di specie gli Ermellini rilevavano che la Corte d’Appello di Bari avesse correttamente accertato che l’uso dell’avverbio “già” accanto al nome “Cugini di Campagna” fosse idoneo ad impedire il generarsi di qualsiasi tipo di confusione con la denominazione originaria del gruppo, avendo infatti il solo scopo di evocare e rendere note le origini musicali dei due artisti.

Per tale motivo, i Giudici del Palazzaccio ritenevano inammissibile il primo motivo di ricorso con il quale i ricorrenti prospettavano una diversa ricostruzione dei fatti di causa proponendo una lettura alternativa e difforme rispetto a quella valutata dal Giudice del gravame, senza in alcun modo evidenziare e lamentare un’effettiva, nonché specifica, violazione di legge.

Alla luce di quanto sopra, la Suprema Corte dichiarava inammissibile il ricorso proposto, con compensazione delle spese del giudizio.

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