Published On: 27 Novembre 2017Categories: Articoli, Carlotta Mastrantoni, Diritto civile, Diritto di famiglia

Giudizio di divorzio e indagini tributarie: prove per il quantum dell'assegno

Nell’ambito dei procedimenti di separazione e divorzio, spesso si sente parlare della sproporzione dell’importo dell’assegno rispetto al reddito dell’obbligato al suo versamento, sia nel senso del suo importo assai limitato rispetto al reddito posseduto dal versante (magari in virtù di lavori non regolarizzati con il fisco), che viceversa.

Per tentare di fare chiarezza sul modo di pervenire al quantum della prestazione, limitando i danni derivanti dal verificarsi della situazione sopradescritta, la Corte di Cassazione ha emesso la sentenza n. 21359/2017, con la quale ha fornito dettagli aggiuntivi sul quando il Giudice deve disporre le indagini ad opera della polizia tributaria, ai fini della determinazione dell’importo dell’assegno divorzile.

La suddetta sentenza, dunque, dispone che “[…] L’esercizio del potere officioso di disporre indagini sui redditi e sui patrimoni dei coniugi e sul loro effettivo tenore di vita rientra nella sua discrezionalità (del Giudice), non trattandosi di un adempimento imposto dall’istanza di parte, purché esso sia correlabile anche per implicito ad una valutazione di superfluità dell’iniziativa e di sufficienza dei dati istruttori acquisiti”.

Di talché appare chiaro l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che lascia alla valutazione discrezionale del Giudice la scelta del se attivare o meno le indagini della polizia tributaria.

Nella fattispecie oggetto della esaminanda sentenza, la Corte d’Appello aveva ridotto l’assegno divorzile a circa la metà rispetto a quanto statuito dal Tribunale, senza accogliere le doglianze della ricorrente, che lamentava una fonte reddituale del marito celata fiscalmente.

Tuttavia, i Giudici del Gravame non ne hanno assecondato le ragioni.

La Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi sul punto, ha ricordato che pur trattandosi di una scelta discrezionale dell’organo giudicante, l’attivazione di indagini in ambito tributario si “impone” laddove le formulazioni istruttorie del caso si rivelino insufficienti o comunque incomplete.

Dott.ssa Carlotta Mastrantoni

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Giudizio di divorzio e indagini tributarie: prove per il quantum dell'assegno

Nell’ambito dei procedimenti di separazione e divorzio, spesso si sente parlare della sproporzione dell’importo dell’assegno rispetto al reddito dell’obbligato al suo versamento, sia nel senso del suo importo assai limitato rispetto al reddito posseduto dal versante (magari in virtù di lavori non regolarizzati con il fisco), che viceversa.

Per tentare di fare chiarezza sul modo di pervenire al quantum della prestazione, limitando i danni derivanti dal verificarsi della situazione sopradescritta, la Corte di Cassazione ha emesso la sentenza n. 21359/2017, con la quale ha fornito dettagli aggiuntivi sul quando il Giudice deve disporre le indagini ad opera della polizia tributaria, ai fini della determinazione dell’importo dell’assegno divorzile.

La suddetta sentenza, dunque, dispone che “[…] L’esercizio del potere officioso di disporre indagini sui redditi e sui patrimoni dei coniugi e sul loro effettivo tenore di vita rientra nella sua discrezionalità (del Giudice), non trattandosi di un adempimento imposto dall’istanza di parte, purché esso sia correlabile anche per implicito ad una valutazione di superfluità dell’iniziativa e di sufficienza dei dati istruttori acquisiti”.

Di talché appare chiaro l’orientamento della giurisprudenza di legittimità che lascia alla valutazione discrezionale del Giudice la scelta del se attivare o meno le indagini della polizia tributaria.

Nella fattispecie oggetto della esaminanda sentenza, la Corte d’Appello aveva ridotto l’assegno divorzile a circa la metà rispetto a quanto statuito dal Tribunale, senza accogliere le doglianze della ricorrente, che lamentava una fonte reddituale del marito celata fiscalmente.

Tuttavia, i Giudici del Gravame non ne hanno assecondato le ragioni.

La Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi sul punto, ha ricordato che pur trattandosi di una scelta discrezionale dell’organo giudicante, l’attivazione di indagini in ambito tributario si “impone” laddove le formulazioni istruttorie del caso si rivelino insufficienti o comunque incomplete.

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