Published On: 23 Luglio 2017Categories: Articoli, Carlotta Mastrantoni, Diritto civile, Diritto di famiglia

Genitori e figli: quando l'omosessualità non è più un ostacolo

La Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi su uno dei temi più dibattuti degli ultimi anni: il diritto indisponibile ad una famiglia, indipendentemente dal genere e dall’orientamento sessuale dei suoi componenti.

Il caso, stavolta, è quello di due cittadine italiane, residenti e regolarmente sposate in un Paese straniero, delle quali una è ha felicemente portato a termine un procedimento di fecondazione assistita, dando alla luce un figlio. Dopo aver provveduto alla regolarizzazione della loro peculiare situazione familiare, sono tornate in Italia, dove hanno chiesto al Tribunale l’omologa dello stato di famiglia così come rappresentato nei registri dello Stato di provenienza. La richiesta atteneva, in particolare, al riconoscimento dell’atto di nascita del bambino, nonché del loro status di “madri”.

Tuttavia, sia il Giudice di primo grado che quelli del Gravame hanno respinto tale richiesta, in quanto reputata “contraria” alle ragioni di ordine pubblico dello Stato italiano, il cui concetto di famiglia si fonda sull’eterosessualità della coppia, che sta alla base dell’istituto giuridico del matrimonio.

Le due donne hanno allora adito i Giudici di legittimità chiedendo una reformatio della sentenza così formulata. La Suprema Corte con la sentenza n. 14878/17, oltre ad impartire una memorabile lezione di diritto di famiglia, ripercorre gli orientamenti giurisprudenziali sul tema, evidenziando come le leggi da un lato e le sentenze dall’altro, non fanno altro che tendere all’attuazione di quei principi di uguaglianza e libertà (anche dalla discriminazione) che stanno alla base della società. Senza ritenere necessario rimettere la questione alle Sezioni Unite, così conclude: “il ricorso va accolto e cassata l’ordinanza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può decidersi nel merito, con l’accoglimento della domanda proposta dalle ricorrenti di “rettificazione” dell’atto di nascita del minore, già trascritto nei registri dello stato civile di Venezia, come modificato rispetto a quello originario dall’Ufficio dello stato civile britannico di Kensington e Chelsea”.

Dott.ssa Carlotta Mastrantoni

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Genitori e figli: quando l'omosessualità non è più un ostacolo

La Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi su uno dei temi più dibattuti degli ultimi anni: il diritto indisponibile ad una famiglia, indipendentemente dal genere e dall’orientamento sessuale dei suoi componenti.

Il caso, stavolta, è quello di due cittadine italiane, residenti e regolarmente sposate in un Paese straniero, delle quali una è ha felicemente portato a termine un procedimento di fecondazione assistita, dando alla luce un figlio. Dopo aver provveduto alla regolarizzazione della loro peculiare situazione familiare, sono tornate in Italia, dove hanno chiesto al Tribunale l’omologa dello stato di famiglia così come rappresentato nei registri dello Stato di provenienza. La richiesta atteneva, in particolare, al riconoscimento dell’atto di nascita del bambino, nonché del loro status di “madri”.

Tuttavia, sia il Giudice di primo grado che quelli del Gravame hanno respinto tale richiesta, in quanto reputata “contraria” alle ragioni di ordine pubblico dello Stato italiano, il cui concetto di famiglia si fonda sull’eterosessualità della coppia, che sta alla base dell’istituto giuridico del matrimonio.

Le due donne hanno allora adito i Giudici di legittimità chiedendo una reformatio della sentenza così formulata. La Suprema Corte con la sentenza n. 14878/17, oltre ad impartire una memorabile lezione di diritto di famiglia, ripercorre gli orientamenti giurisprudenziali sul tema, evidenziando come le leggi da un lato e le sentenze dall’altro, non fanno altro che tendere all’attuazione di quei principi di uguaglianza e libertà (anche dalla discriminazione) che stanno alla base della società. Senza ritenere necessario rimettere la questione alle Sezioni Unite, così conclude: “il ricorso va accolto e cassata l’ordinanza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può decidersi nel merito, con l’accoglimento della domanda proposta dalle ricorrenti di “rettificazione” dell’atto di nascita del minore, già trascritto nei registri dello stato civile di Venezia, come modificato rispetto a quello originario dall’Ufficio dello stato civile britannico di Kensington e Chelsea”.

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