Furto d'auto: la pronuncia della Cassazione
La Corte di Cassazione, Sez. V Penale, con sentenza n. 30730/2017, depositata il 20 giugno 2017 è tornata a pronunciarsi in materia di furto d’automobile.
Nel caso di specie, l’auto rubata dal ladro aveva al suo interno ancora le chiavi inserite, a causa di una dimenticanza del proprietario della stessa.
Al ladro però questa volta è andata male perché è stato fermato mentre era alla guida dell’auto rubata e pertanto arrestato in flagranza.
Sia in primo che in secondo grado i Magistrati –ovviamente – non hanno avuto alcun dubbio in merito alla colpevolezza dell’imputato.
Tuttavia quest’ultimo ha proposto ricorso per Cassazione avverso la decisione dei Giudici di seconde cure lamentando l’errata applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 625, n. 7, c.p. da parte degli stessi.
La predetta norma contempla l’aggravante della pena prevista per il reato di furto nel caso in cui il medesimo sia stato perpetrato su cose “esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza”.
Sul punto gli Ermellini hanno richiamato il consolidato orientamento della Giurisprudenza secondo cui: “in caso di furto di autovettura lasciata incustodita sulla pubblica via, la circostanza aggravante della esposizione per consuetudine alla pubblica fede, non presupponendo la predisposizione di un qualsiasi mezzo di difesa avverso eventuali azioni criminose, sussiste anche se l’autovettura sia stata lasciata con gli sportelli aperti e le chiavi inserite nel cruscotto”.
Alla luce di tali considerazioni, gli Ermellini hanno pertanto ritenuto inappropriato il riferimento riportato dal ricorrente ad una sentenza con cui la Suprema Corte aveva ritenuto insussistente l’aggravante di cui all’art. 625, n.7, c.p. nell’ipotesi di furto di una bicicletta lasciata incustodita su una pubblica via, in virtù del fatto che: “non può qualificarsi radicata abitudine del ciclista quella di lasciare la propria bicicletta sulla pubblica via, senza avere cura di assicurarla mediante l’utilizzo della chiave di chiusura in originaria dotazione ovvero della catena anti-furto ordinariamente commercializzata come accessorio”, diversamente da quanto invece accade quotidianamente per le automobili.
La Corte di Cassazione ha dunque dichiarato inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e delle ammende.
Dott.ssa Carmen Giovannini
Furto d'auto: la pronuncia della Cassazione
La Corte di Cassazione, Sez. V Penale, con sentenza n. 30730/2017, depositata il 20 giugno 2017 è tornata a pronunciarsi in materia di furto d’automobile.
Nel caso di specie, l’auto rubata dal ladro aveva al suo interno ancora le chiavi inserite, a causa di una dimenticanza del proprietario della stessa.
Al ladro però questa volta è andata male perché è stato fermato mentre era alla guida dell’auto rubata e pertanto arrestato in flagranza.
Sia in primo che in secondo grado i Magistrati –ovviamente – non hanno avuto alcun dubbio in merito alla colpevolezza dell’imputato.
Tuttavia quest’ultimo ha proposto ricorso per Cassazione avverso la decisione dei Giudici di seconde cure lamentando l’errata applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 625, n. 7, c.p. da parte degli stessi.
La predetta norma contempla l’aggravante della pena prevista per il reato di furto nel caso in cui il medesimo sia stato perpetrato su cose “esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza”.
Sul punto gli Ermellini hanno richiamato il consolidato orientamento della Giurisprudenza secondo cui: “in caso di furto di autovettura lasciata incustodita sulla pubblica via, la circostanza aggravante della esposizione per consuetudine alla pubblica fede, non presupponendo la predisposizione di un qualsiasi mezzo di difesa avverso eventuali azioni criminose, sussiste anche se l’autovettura sia stata lasciata con gli sportelli aperti e le chiavi inserite nel cruscotto”.
Alla luce di tali considerazioni, gli Ermellini hanno pertanto ritenuto inappropriato il riferimento riportato dal ricorrente ad una sentenza con cui la Suprema Corte aveva ritenuto insussistente l’aggravante di cui all’art. 625, n.7, c.p. nell’ipotesi di furto di una bicicletta lasciata incustodita su una pubblica via, in virtù del fatto che: “non può qualificarsi radicata abitudine del ciclista quella di lasciare la propria bicicletta sulla pubblica via, senza avere cura di assicurarla mediante l’utilizzo della chiave di chiusura in originaria dotazione ovvero della catena anti-furto ordinariamente commercializzata come accessorio”, diversamente da quanto invece accade quotidianamente per le automobili.
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