Figlio maggiorenne: niente mantenimento se non prova di aver cercato di rendersi autonomo
Con l’ordinanza n. 38366 del 3 dicembre 2021, la Suprema Corte di Cassazione è tornata sulla vexata quaestio relativa all’obbligo di mantenimento in favore del figlio maggiorenne.
Occorre ricordare che, ai sensi degli artt. 147 e 148 c.c., i genitori hanno l’obbligo al mantenimento dei figli e che tale obbligo non viene meno con carattere di automaticità quando costoro abbiano raggiunto la maggiore età, anzi perdura fino al raggiungimento di un’indipendenza economica che permetta ai figli di provvedere autonomamente alle esigenze di vita.
Tanto vale, dunque, ad escludere che l’obbligo dei genitori al mantenimento perduri all’infinito.
Infatti, gli Ermellini, nella summenzionata ordinanza, hanno affermato che il genitore ha l’obbligo di provvedere al mantenimento del figlio maggiorenne che, senza colpa, non abbia ancora raggiunto l’autonomia reddituale.
Questo è quanto detto anche nei precedenti di legittimità (Cass. n. 17380/2020; Cass. n. 32529/2018), in cui è stabilito che l’obbligo del genitore continua a vigere solo se il figlio “incolpevolmente” non raggiunge l’autonomia economica.
In particolare, ricade sul figlio maggiorenne l’onere di provare di essersi effettivamente adoperato per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi in modo attivo per trovare un’occupazione “in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, anche ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell’attesa di un’opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni” (Cass. n. 17183/2020; Cass. n. 27904/2021).
A ciò, si aggiunge un ulteriore principio enunciato dalla Cassazione nell’Ordinanza n. 38366/2021 in base al quale, qualora il figlio maggiorenne, dotato di titolo professionale, non abbia reperito un’occupazione stabile o un’occupazione la cui retribuzione lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente sufficiente, non può continuare a fare affidamento sull’obbligo di mantenimento del genitore come mezzo per soddisfare l’esigenza di una vita dignitosa. Anzi, precisa la Corte, occorre fare affidamento ad altri strumenti sociali di ausilio finalizzati a dare sostegno al reddito e, ormai, di dimensione sociale.
Secondo la Corte di Cassazione, dunque, i giudici di seconda istanza avevano commesso un errore nel gravare il padre pensionato dell’obbligo di mantenimento della figlia, ormai trentacinquenne all’epoca del giudizio di appello, la quale disponeva del titolo di estetista.
In particolare, si legge nell’Ordinanza, in sede di giudizio di appello si era omesso di considerare la titolarità dell’abilitazione professionale della figlia e si era omesso di prendere in considerazione il rifiuto dell’impiego presso il padre e altre offerte di lavoro presso terzi, commettendo un ulteriore errore nell’onerare il padre dell’obbligo di provare l’autosufficienza economica della figlia.
Figlio maggiorenne: niente mantenimento se non prova di aver cercato di rendersi autonomo
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Occorre ricordare che, ai sensi degli artt. 147 e 148 c.c., i genitori hanno l’obbligo al mantenimento dei figli e che tale obbligo non viene meno con carattere di automaticità quando costoro abbiano raggiunto la maggiore età, anzi perdura fino al raggiungimento di un’indipendenza economica che permetta ai figli di provvedere autonomamente alle esigenze di vita.
Tanto vale, dunque, ad escludere che l’obbligo dei genitori al mantenimento perduri all’infinito.
Infatti, gli Ermellini, nella summenzionata ordinanza, hanno affermato che il genitore ha l’obbligo di provvedere al mantenimento del figlio maggiorenne che, senza colpa, non abbia ancora raggiunto l’autonomia reddituale.
Questo è quanto detto anche nei precedenti di legittimità (Cass. n. 17380/2020; Cass. n. 32529/2018), in cui è stabilito che l’obbligo del genitore continua a vigere solo se il figlio “incolpevolmente” non raggiunge l’autonomia economica.
In particolare, ricade sul figlio maggiorenne l’onere di provare di essersi effettivamente adoperato per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi in modo attivo per trovare un’occupazione “in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, anche ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell’attesa di un’opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni” (Cass. n. 17183/2020; Cass. n. 27904/2021).
A ciò, si aggiunge un ulteriore principio enunciato dalla Cassazione nell’Ordinanza n. 38366/2021 in base al quale, qualora il figlio maggiorenne, dotato di titolo professionale, non abbia reperito un’occupazione stabile o un’occupazione la cui retribuzione lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente sufficiente, non può continuare a fare affidamento sull’obbligo di mantenimento del genitore come mezzo per soddisfare l’esigenza di una vita dignitosa. Anzi, precisa la Corte, occorre fare affidamento ad altri strumenti sociali di ausilio finalizzati a dare sostegno al reddito e, ormai, di dimensione sociale.
Secondo la Corte di Cassazione, dunque, i giudici di seconda istanza avevano commesso un errore nel gravare il padre pensionato dell’obbligo di mantenimento della figlia, ormai trentacinquenne all’epoca del giudizio di appello, la quale disponeva del titolo di estetista.
In particolare, si legge nell’Ordinanza, in sede di giudizio di appello si era omesso di considerare la titolarità dell’abilitazione professionale della figlia e si era omesso di prendere in considerazione il rifiuto dell’impiego presso il padre e altre offerte di lavoro presso terzi, commettendo un ulteriore errore nell’onerare il padre dell’obbligo di provare l’autosufficienza economica della figlia.
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