Published On: 17 Febbraio 2018Categories: Articoli, Chiara Vaccaro, Diritto di famiglia

Figlio adottato può conoscere nome della madre biologica alla sua morte

La Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, con ordinanza n. 3004/2018 depositata il 7 febbraio si è pronunciata in materia di famiglia.

Con l’ordinanza in questione la suprema Corte ha affermato il seguente principio di diritto secondo cui “Nell’ipotesi di parto anonimo, il figlio ha diritto di accedere alle informazioni relative all’identità della madre nel momento in cui quest’ultima non sia più in vita, non trovando applicazione il termine previsto dall’art. 93, comma 2 d.lgs. n. 196/2003”.

Il caso che ha portato alla seguente decisione trova origine dalla volontà, di un figlio adottivo, di conoscere l’identità dei propri genitori biologi.

Il ricorrente aveva infatti presentato ricorso al Tribunale dei minorenni, il quale, avendo accertato che il padre era ignoto e la madre deceduta e, al momento del parto, aveva espressamente manifestato di  voler rimanere in anonimato, ha rigettato il ricorso sulla base che, proprio l’evento morte non gli avrebbe consentito di conoscere l’identità della madre, precludendogli anche la facoltà, attraverso l’interpello ,di revocare la dichiarazione di anonimato previsto dalla corte costituzionale n. 278 del 2013 .

Avverso tale decisione il ricorrente impugnava la sentenza di primo grado innanzi la Corte d’appello di Torino la quale, richiamando l’art. 93, comma 2, del d.lgs. n. 196 del 2003 secondo cui “Il certificato di assistenza al parto o la cartella clinica, ove comprensivi dei dati personali che rendono identificabile la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata possono essere rilasciati in copia integrale a chi vi abbia interesse, in conformità alla legge, decorsi cento anni dalla formazione del documento” dimostra come nell’ottica del legislatore che la presenza in vita o il sopravvenuto decesso del genitore è ininfluente. 

Avverso tal decisione, il figlio propose ricorso in Cassazione la quale, accogliendo il ricorso ha autorizzato il ricorrente ad accedere alle informazioni relative all’identità della propria madre biologica.

Ad avviso dei supremi giudici “sussiste il diritto del figlio, dopo la morte della madre, di conoscere le proprie origini biologiche mediante accesso alle informazioni relative all’identità personale della stessa, non potendosi considerare operativo, oltre il limite della vita della madre che ha partorito in anonimo, il termine previsto dall’ art. 93, comma 2, d.lgs. n. 196/2003“.

Dott.ssa Chiara Vaccaro

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Figlio adottato può conoscere nome della madre biologica alla sua morte

La Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, con ordinanza n. 3004/2018 depositata il 7 febbraio si è pronunciata in materia di famiglia.

Con l’ordinanza in questione la suprema Corte ha affermato il seguente principio di diritto secondo cui “Nell’ipotesi di parto anonimo, il figlio ha diritto di accedere alle informazioni relative all’identità della madre nel momento in cui quest’ultima non sia più in vita, non trovando applicazione il termine previsto dall’art. 93, comma 2 d.lgs. n. 196/2003”.

Il caso che ha portato alla seguente decisione trova origine dalla volontà, di un figlio adottivo, di conoscere l’identità dei propri genitori biologi.

Il ricorrente aveva infatti presentato ricorso al Tribunale dei minorenni, il quale, avendo accertato che il padre era ignoto e la madre deceduta e, al momento del parto, aveva espressamente manifestato di  voler rimanere in anonimato, ha rigettato il ricorso sulla base che, proprio l’evento morte non gli avrebbe consentito di conoscere l’identità della madre, precludendogli anche la facoltà, attraverso l’interpello ,di revocare la dichiarazione di anonimato previsto dalla corte costituzionale n. 278 del 2013 .

Avverso tale decisione il ricorrente impugnava la sentenza di primo grado innanzi la Corte d’appello di Torino la quale, richiamando l’art. 93, comma 2, del d.lgs. n. 196 del 2003 secondo cui “Il certificato di assistenza al parto o la cartella clinica, ove comprensivi dei dati personali che rendono identificabile la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata possono essere rilasciati in copia integrale a chi vi abbia interesse, in conformità alla legge, decorsi cento anni dalla formazione del documento” dimostra come nell’ottica del legislatore che la presenza in vita o il sopravvenuto decesso del genitore è ininfluente. 

Avverso tal decisione, il figlio propose ricorso in Cassazione la quale, accogliendo il ricorso ha autorizzato il ricorrente ad accedere alle informazioni relative all’identità della propria madre biologica.

Ad avviso dei supremi giudici “sussiste il diritto del figlio, dopo la morte della madre, di conoscere le proprie origini biologiche mediante accesso alle informazioni relative all’identità personale della stessa, non potendosi considerare operativo, oltre il limite della vita della madre che ha partorito in anonimo, il termine previsto dall’ art. 93, comma 2, d.lgs. n. 196/2003“.

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