Fallimento Melegatti: l’esercizio provvisorio dell’impresa per la conservazione del valore aziendale
L’azienda Melegatti e la società controllata Nuova Marelli nel mese di ottobre 2017 hanno affrontato una crisi di liquidità, una problematica ormai sempre più comune in ambito imprenditoriale, che negli ultimi anni infatti ha coinvolto non solo medi e piccoli imprenditori ma anche colossi industriali che in passato sono rimasti immuni da questo tipo di crisi.
Come d’uso, anche per la Melegatti la crisi di liquidità ha portato a quattro inevitabili conseguenze:
- chiusura degli stabilimenti;
- presentazione dei libri contabili in tribunale;
- lavoratori (circa 350 in totale tra a tempo indeterminato e stagionali) senza stipendio;
- fornitori non pagati.
Nel mese di novembre dello stesso anno il Tribunale di Verona ha approvato il piano di risanamento dell’azienda nell’ambito del quale sono intervenuti alcuni Enti in funzione di supporto.
Iniziata così la campagna natalizia la Melegatti ha prodotto e venduto un milione e mezzo di prodotti attenendosi dunque all’importo fissato dal Tribunale di Verona il quale, come detto, ha autorizzato il piano di salvataggio.
Il 7 novembre 2017 è stata depositata presso il Tribunale di Verona la domanda di concordato preventivo ex art. 160 e 161 L.F la quale, nel caso in esame, è stata formulata sulla base di un piano di ristrutturazione dei debiti in cui esporre le modalità di soddisfazione di ciascun creditore.
Facendo un passo indietro occorre illustrare le probabili cause che hanno composto la crisi di liquidità e che dunque è necessario conoscere per comprendere le diverse azioni poste in essere per il tentato risanamento della Melegatti e della sua controllata Nuova Marelli.
Gli anni compresi tra il 2010 e il febbraio 2017 hanno visto la Melegatti entrare in una fase di crisi e dunque predisporre una serie di operazioni finanziarie ed operazioni di investimento ad alto rischio come ad esempio l’apertura di un nuovo stabilimento per il quale ha investito 15 milioni di euro ed ha utilizzato linee di credito che hanno sicuramente concorso al tracollo economico, essendo la situazione finanziaria già in netto peggioramento.
Dunque lo scarso rendimento degli investimenti e l’effettuazione di operazioni rischiose ha portato l’azienda ad accusare una grave crisi di liquidità che, come detto, ha causato come d’uso inadempimenti nel pagamento tanto dei dipendenti quanto dei fornitori.
Il Presidente della Regione Veneto, unitamente alle diverse dichiarazioni pervenute dai predetti Enti di voler intervenire per il risanamento della Melegatti, aveva affermato la possibilità di chiedere l’intervento del nuovo Fondo per le imprese in crisi in via di sviluppo da parte di Veneto Sviluppo ai fini di un investimento di salvataggio. Niente è però servito ad evitare la soluzione più estrema.
Il 29 maggio 2018 il predetto Tribunale di Verona ha dichiarato il fallimento della Melegatti e della sua controllata Nuova Marelli a seguito dell’accoglimento dell’istanza presentata in data 25 maggio 2018 da parte della Procura della Repubblica.
Poco dopo la dichiarazione di fallimento del 29 maggio 2018, il Presidente della Regione Veneto Zaia ha affermato e ribadito l’importanza identitaria di un colosso industriale come la Melegatti confermando sostanzialmente la necessità di evitare che la procedura concorsuale in atto porti ad una totale disfatta del marchio e del valore aziendale, che si andrebbe a ripercuotere inevitabilmente sulla stessa identità della Regione.
Intervenuta dunque la sentenza di fallimento si è posto un primario obiettivo in totale linea con quanto sopra affermato in merito all’importanza identitaria della Melegatti e alla necessità di salvaguardare tanto il marchio quanto le condizioni dei 350 dipendenti dell’azienda.
Proprio in considerazione dei suddetti obiettivi si pone il lavoro che stanno svolgendo e che dovranno portare avanti nel fallimento Melegatti i curatori fallimentari della procedura concorsuale e ai quali si dovrà aggiungere l’impegno dei potenziali acquirenti delle due aziende fallite (dunque anche per la controllata Nuova Marelli).
Tutto ciò si pone in un rapporto di necessità con le fasi successive della procedura, in particolare, in relazione all’autorizzazione per richiedere la formulazione delle perizie, necessarie per fissare la base d’asta, e la valutazione dei dati aziendali, propedeutica alla formulazione di un’offerta concreta e coerente.
La rapidità della procedura e dunque della successiva vendita è più che mai necessaria per conservare il valore dell’impresa, la quale per natura della sua produzione si compone per lo più di beni deteriorabili e dunque soggetti ad una velocissima perdita di valore e di funzionalità, e dunque ricavare il valore massimo dalla liquidazione per la migliore soddisfazione dei creditori.
Proprio in considerazione della necessità di procedere ad una vendita veloce in quanto avente ad oggetto beni deteriorabili, dunque soggetti a costante riduzione del valore, si pone doveroso il richiamo all’art. 104 ter L.F. comma 7 il quale stabilisce infatti che il curatore, prima dell’approvazione del programma di liquidazione, può procedere alla liquidazione di beni (facilmente o rapidamente deteriorabili o deperibili per loro natura o funzione), quando si pone una esigenza di evitare che il ritardo nella vendita comporti un pregiudizio, ottenuta però l’autorizzazione del giudice delegato e il parere del comitato dei creditori.
Al fine di garantire quanto sopra detto sono state valutate diverse soluzioni tra le quali quella dell’esercizio provvisorio dell’impresa e il rientro dei lavoratori.
Non a caso nella sentenza dichiarativa di fallimento i Giudici hanno chiesto ai curatori di «prendere posizione senza indugio e con apposita relazione» vagliare l’opportunità di un esercizio provvisorio dell’impresa il quale consentirebbe anche di ottenere il vantaggio di far tornare alcuni dipendenti della Melegatti in azienda, consentendo di richiedere al ministero del Lavoro la cassa integrazione straordinaria per gli altri colleghi, «sospesi» dagli obblighi lavorativi ma con il contratto ancora valido.
In data 25 giugno 2018 è intervenuto l’accoglimento della richiesta avanzata dai curatori fallimentari sull’esercizio provvisorio dell’impresa che è stato autorizzato sicuramente fino alla fine del mese di luglio o comunque per la durata di massimo 6 mesi e con la previsione del rientro a lavoro di circa 10 dipendenti ed invece della cassa integrazione straordinaria per gli altri.
Proprio in relazione al primo aggiornamento, sicuramente positivo per le sorti dell’azienda e del marchio, riportiamo la più recente novità (resa nota lunedì 2 luglio 2018) ovvero il rientro a lavoro di 11 dipendenti.
E’ prevista invece per la fine del mese di luglio l’apertura delle buste per l’asta fallimentare avente ad oggetto la vendita in blocco della Melegatti e della Nuova Marelli.
Non resta dunque che seguire costantemente gli sviluppi dell’asta fallimentare che, come detto, ha il primario obiettivo di conservare il valore aziendale e il marchio mediante la vendita in unica soluzione dell’intera azienda Melegatti.
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Come d’uso, anche per la Melegatti la crisi di liquidità ha portato a quattro inevitabili conseguenze:
- chiusura degli stabilimenti;
- presentazione dei libri contabili in tribunale;
- lavoratori (circa 350 in totale tra a tempo indeterminato e stagionali) senza stipendio;
- fornitori non pagati.
Nel mese di novembre dello stesso anno il Tribunale di Verona ha approvato il piano di risanamento dell’azienda nell’ambito del quale sono intervenuti alcuni Enti in funzione di supporto.
Iniziata così la campagna natalizia la Melegatti ha prodotto e venduto un milione e mezzo di prodotti attenendosi dunque all’importo fissato dal Tribunale di Verona il quale, come detto, ha autorizzato il piano di salvataggio.
Il 7 novembre 2017 è stata depositata presso il Tribunale di Verona la domanda di concordato preventivo ex art. 160 e 161 L.F la quale, nel caso in esame, è stata formulata sulla base di un piano di ristrutturazione dei debiti in cui esporre le modalità di soddisfazione di ciascun creditore.
Facendo un passo indietro occorre illustrare le probabili cause che hanno composto la crisi di liquidità e che dunque è necessario conoscere per comprendere le diverse azioni poste in essere per il tentato risanamento della Melegatti e della sua controllata Nuova Marelli.
Gli anni compresi tra il 2010 e il febbraio 2017 hanno visto la Melegatti entrare in una fase di crisi e dunque predisporre una serie di operazioni finanziarie ed operazioni di investimento ad alto rischio come ad esempio l’apertura di un nuovo stabilimento per il quale ha investito 15 milioni di euro ed ha utilizzato linee di credito che hanno sicuramente concorso al tracollo economico, essendo la situazione finanziaria già in netto peggioramento.
Dunque lo scarso rendimento degli investimenti e l’effettuazione di operazioni rischiose ha portato l’azienda ad accusare una grave crisi di liquidità che, come detto, ha causato come d’uso inadempimenti nel pagamento tanto dei dipendenti quanto dei fornitori.
Il Presidente della Regione Veneto, unitamente alle diverse dichiarazioni pervenute dai predetti Enti di voler intervenire per il risanamento della Melegatti, aveva affermato la possibilità di chiedere l’intervento del nuovo Fondo per le imprese in crisi in via di sviluppo da parte di Veneto Sviluppo ai fini di un investimento di salvataggio. Niente è però servito ad evitare la soluzione più estrema.
Il 29 maggio 2018 il predetto Tribunale di Verona ha dichiarato il fallimento della Melegatti e della sua controllata Nuova Marelli a seguito dell’accoglimento dell’istanza presentata in data 25 maggio 2018 da parte della Procura della Repubblica.
Poco dopo la dichiarazione di fallimento del 29 maggio 2018, il Presidente della Regione Veneto Zaia ha affermato e ribadito l’importanza identitaria di un colosso industriale come la Melegatti confermando sostanzialmente la necessità di evitare che la procedura concorsuale in atto porti ad una totale disfatta del marchio e del valore aziendale, che si andrebbe a ripercuotere inevitabilmente sulla stessa identità della Regione.
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La rapidità della procedura e dunque della successiva vendita è più che mai necessaria per conservare il valore dell’impresa, la quale per natura della sua produzione si compone per lo più di beni deteriorabili e dunque soggetti ad una velocissima perdita di valore e di funzionalità, e dunque ricavare il valore massimo dalla liquidazione per la migliore soddisfazione dei creditori.
Proprio in considerazione della necessità di procedere ad una vendita veloce in quanto avente ad oggetto beni deteriorabili, dunque soggetti a costante riduzione del valore, si pone doveroso il richiamo all’art. 104 ter L.F. comma 7 il quale stabilisce infatti che il curatore, prima dell’approvazione del programma di liquidazione, può procedere alla liquidazione di beni (facilmente o rapidamente deteriorabili o deperibili per loro natura o funzione), quando si pone una esigenza di evitare che il ritardo nella vendita comporti un pregiudizio, ottenuta però l’autorizzazione del giudice delegato e il parere del comitato dei creditori.
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