Diritto fallimentare

Fallimento, estensione al socio se non c'è pubblicità recesso

Con la sentenza n. 12838 del 31 maggio 2013 la Corte di Cassazione ha affermato l’importante principio secondo cui  “Il recesso del socio di società di persone, cui non sia stata data pubblicità, ai sensi dell’articolo 2290, secondo comma c.c., è inopponibile ai terzi, con ciò dovendosi intendere che non produce i suoi effetti al di fuori dell’ambito societario; conseguentemente il recesso non pubblicizzato non è idoneo ad escludere l’estensione del fallimento pronunciata ai sensi dell’articolo 147 l.f. né assume rilievo il fatto che il recesso sia avvenuto oltre un anno prima della sentenza dichiarativa di fallimento, posto che il rapporto societario per quanto concerne i terzi a quel momento è ancora in atto”.

Nell’affermare tale principio la Corte di Cassazione ha inteso confermare, anche in ambito fallimentare, l’applicabilità di uno dei capisaldi del diritto civile, vale a dire la pubblicità dichiarativa che deve riguardare le principali vicende della società.

Ne consegue che il socio di una società di persone, ove subisca nonostante il suo recesso l’estensione del fallimento della società medesima, se non ha reso pubblico il proprio recesso attraverso l’iscrizione nel Registro delle Imprese non potrà dedurre di essere receduto dalla società.

Infatti, in difetto di tale pubblicità, il recesso medesimo non è opponibile ai terzi e, quindi, al curatore del fallimento della società ed al relativo ceto creditorio.

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Fallimento, estensione al socio se non c'è pubblicità recesso

Con la sentenza n. 12838 del 31 maggio 2013 la Corte di Cassazione ha affermato l’importante principio secondo cui  “Il recesso del socio di società di persone, cui non sia stata data pubblicità, ai sensi dell’articolo 2290, secondo comma c.c., è inopponibile ai terzi, con ciò dovendosi intendere che non produce i suoi effetti al di fuori dell’ambito societario; conseguentemente il recesso non pubblicizzato non è idoneo ad escludere l’estensione del fallimento pronunciata ai sensi dell’articolo 147 l.f. né assume rilievo il fatto che il recesso sia avvenuto oltre un anno prima della sentenza dichiarativa di fallimento, posto che il rapporto societario per quanto concerne i terzi a quel momento è ancora in atto”.

Nell’affermare tale principio la Corte di Cassazione ha inteso confermare, anche in ambito fallimentare, l’applicabilità di uno dei capisaldi del diritto civile, vale a dire la pubblicità dichiarativa che deve riguardare le principali vicende della società.

Ne consegue che il socio di una società di persone, ove subisca nonostante il suo recesso l’estensione del fallimento della società medesima, se non ha reso pubblico il proprio recesso attraverso l’iscrizione nel Registro delle Imprese non potrà dedurre di essere receduto dalla società.

Infatti, in difetto di tale pubblicità, il recesso medesimo non è opponibile ai terzi e, quindi, al curatore del fallimento della società ed al relativo ceto creditorio.

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