Elezione di domicilio dopo la riforma Cartabia: i chiarimenti della Cassazione
Recentemente la Corte di Cassazione si è trovata ad analizzare la nuova disposizione dell’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen. introdotta dal d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (Riforma Cartabia), la quale recita che “con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”: trattasi, dunque, di un’ulteriore condizione di ammissibilità dell’impugnazione.
Precisano infatti gli Ermellini che “con la presentazione dell’impugnazione l’adempimento richiesto non è soddisfatto con l’allegazione di una dichiarazione/elezione di domicilio in precedenza effettuata, non avendo più la stessa durata illimitata secondo le precedenti indicazioni dell’art. 164 cod. proc. pen., ma è necessario che l’interessato fornisca nuovamente, anche nell’ipotesi in cui lo abbia già fatto in precedenza, l’indicazione di un domicilio dichiarato o eletto”.
Cessa, pertanto, la validità c.d. “illimitata” riconosciuta alla dichiarazione o elezione di domicilio già presente in atti.
Ad avviso della Suprema Corte, la ratio legis va individuata nella “esigenza generale, che ha ispirato la riforma del processo in absentia (ossia la certezza della conoscenza del processo a suo carico da parte dell’imputato), prevedendo a tal fine il legislatore un onere collaborativo, riguardante sia il processo celebrato in assenza sia quello in cui l’imputato abbia avuto conoscenza del giudizio, onere finalizzato alla regolare celebrazione della fase del processo di secondo grado. E ciò anche ai fini di assicurarne la ragionevole durata ed impedire una eventuale dichiarazione di improcedibilità”.
Ma vi è di più: secondo la Cassazione, l’onere di elezione o dichiarazione di domicilio in funzione del giudizio di impugnazione che si va a promuovere ha un’altra importante funzione: “consentire la rapida notifica del decreto di citazione a giudizio, che è il primo atto introduttivo del grado da notificare personalmente all’imputato, come è per gli altri atti introduttivi, ai sensi degli artt. 157-ter, commi 1 e 3, e 601 cod. proc. pen. esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto”.
Recentemente, infatti, la Corte di Appello di Milano ha dichiarato, con ordinanza, la inammissibilità dell’atto di impugnazione avverso la sentenza del Tribunale di Milano con la quale gli imputati erano stati condannati alla pena di giustizia per il reato di cui all’art. 497-bis cod. pen.
L’ordinanza ha ritenuto l’atto di appello inammissibile, proprio per violazione dell’art. 581 comma 1-ter cod. proc. pen introdotto dalla Riforma Cartabia.
Senonché, avverso la decisione della Corte di appello, hanno proposto ricorso gli imputati deducendo quale unico motivo, la “violazione di legge in relazione alla disposizione citata”.
Sostengono le tesi difensive che il dettato dell’art. 581 comma 1-ter cod. proc. pen. non prevede che l’elezione di domicilio debba essere necessariamente effettuata dopo la pronunzia della sentenza impugnata e che debba essere una dichiarazione/elezione di domicilio espressamente finalizzata alla notifica del decreto di citazione; nel caso di specie, infatti, l’allegazione era relativa all’elezione di domicilio effettuata in sede di convalida dell’arresto, ritenendosi così osservata la disposizione prevista a pena di inammissibilità.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che il “sacrificio richiesto all’appellante del deposito di una nuova dichiarazione/elezione di domicilio non appare, alla luce delle considerazioni espresse, irragionevole e/o ingiustificato se si confronta con la individuata esigenza della certa conoscenza della celebrazione del processo di appello e della partecipazione consapevole allo stesso, nonché della tempestiva notifica della citazione a giudizio”.
La Suprema Corte, pertanto, conclude riconoscendo la piena ragionevolezza alla richiesta di una nuova dichiarazione o elezione di domicilio, a pena di inammissibilità, per tutti coloro che dopo la celebrazione di un grado di giudizio, vogliano procedere ad un giudizio di impugnazione.
Dott.ssa Luana Di Giovanni
Elezione di domicilio dopo la riforma Cartabia: i chiarimenti della Cassazione
Recentemente la Corte di Cassazione si è trovata ad analizzare la nuova disposizione dell’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen. introdotta dal d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (Riforma Cartabia), la quale recita che “con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”: trattasi, dunque, di un’ulteriore condizione di ammissibilità dell’impugnazione.
Precisano infatti gli Ermellini che “con la presentazione dell’impugnazione l’adempimento richiesto non è soddisfatto con l’allegazione di una dichiarazione/elezione di domicilio in precedenza effettuata, non avendo più la stessa durata illimitata secondo le precedenti indicazioni dell’art. 164 cod. proc. pen., ma è necessario che l’interessato fornisca nuovamente, anche nell’ipotesi in cui lo abbia già fatto in precedenza, l’indicazione di un domicilio dichiarato o eletto”.
Cessa, pertanto, la validità c.d. “illimitata” riconosciuta alla dichiarazione o elezione di domicilio già presente in atti.
Ad avviso della Suprema Corte, la ratio legis va individuata nella “esigenza generale, che ha ispirato la riforma del processo in absentia (ossia la certezza della conoscenza del processo a suo carico da parte dell’imputato), prevedendo a tal fine il legislatore un onere collaborativo, riguardante sia il processo celebrato in assenza sia quello in cui l’imputato abbia avuto conoscenza del giudizio, onere finalizzato alla regolare celebrazione della fase del processo di secondo grado. E ciò anche ai fini di assicurarne la ragionevole durata ed impedire una eventuale dichiarazione di improcedibilità”.
Ma vi è di più: secondo la Cassazione, l’onere di elezione o dichiarazione di domicilio in funzione del giudizio di impugnazione che si va a promuovere ha un’altra importante funzione: “consentire la rapida notifica del decreto di citazione a giudizio, che è il primo atto introduttivo del grado da notificare personalmente all’imputato, come è per gli altri atti introduttivi, ai sensi degli artt. 157-ter, commi 1 e 3, e 601 cod. proc. pen. esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto”.
Recentemente, infatti, la Corte di Appello di Milano ha dichiarato, con ordinanza, la inammissibilità dell’atto di impugnazione avverso la sentenza del Tribunale di Milano con la quale gli imputati erano stati condannati alla pena di giustizia per il reato di cui all’art. 497-bis cod. pen.
L’ordinanza ha ritenuto l’atto di appello inammissibile, proprio per violazione dell’art. 581 comma 1-ter cod. proc. pen introdotto dalla Riforma Cartabia.
Senonché, avverso la decisione della Corte di appello, hanno proposto ricorso gli imputati deducendo quale unico motivo, la “violazione di legge in relazione alla disposizione citata”.
Sostengono le tesi difensive che il dettato dell’art. 581 comma 1-ter cod. proc. pen. non prevede che l’elezione di domicilio debba essere necessariamente effettuata dopo la pronunzia della sentenza impugnata e che debba essere una dichiarazione/elezione di domicilio espressamente finalizzata alla notifica del decreto di citazione; nel caso di specie, infatti, l’allegazione era relativa all’elezione di domicilio effettuata in sede di convalida dell’arresto, ritenendosi così osservata la disposizione prevista a pena di inammissibilità.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che il “sacrificio richiesto all’appellante del deposito di una nuova dichiarazione/elezione di domicilio non appare, alla luce delle considerazioni espresse, irragionevole e/o ingiustificato se si confronta con la individuata esigenza della certa conoscenza della celebrazione del processo di appello e della partecipazione consapevole allo stesso, nonché della tempestiva notifica della citazione a giudizio”.
La Suprema Corte, pertanto, conclude riconoscendo la piena ragionevolezza alla richiesta di una nuova dichiarazione o elezione di domicilio, a pena di inammissibilità, per tutti coloro che dopo la celebrazione di un grado di giudizio, vogliano procedere ad un giudizio di impugnazione.
Dott.ssa Luana Di Giovanni
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