Doglianza esula dai motivi di rigetto dell’appello: inammissibile il ricorso per Cassazione
Con ordinanza n. 18449 del 2018 la Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso perché la censura prospettata appariva inadeguata a contrastare la motivazione con la quale il Giudice di Appello aveva rigettato il gravame.
Ed infatti la ricorrente si lamentava che la Corte di Appello di Milano avesse erroneamente ritenuto insussistente la sua legittimazione ad agire in relazione ad una causa di risarcimento dei danni.
Gli Ermellini rilevavano che la Corte di Appello di Milano non era entrata nel merito della controversia limitandosi a dichiarare l’inammissibilità dei motivi di gravame in quanto non idonei ad assolvere l’onere di specificità di cui all’art. 342 c.p.c.
Sicché il motivo di ricorso per cassazione per come prospettato dalla ricorrente non coglieva affatto la ratio decidendi su cui si fondava la sentenza di secondo grado la quale non era entrata nel merito per dichiarare l’insussistenza della legittimazione attiva, ma semplicemente aveva affermato l’inammissibilità dei motivi di appello per violazione dell’art. 342 c.p.c..
Secondo dunque la Suprema Corte la ricorrente avrebbe dovuto dedurre la violazione dell’art. 342 c.p.c. al fine di contrastare la ritenuta inammissibilità dell’appello.
Per tali motivi la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso e condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Avv. Gavril Zaccaria
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Ed infatti la ricorrente si lamentava che la Corte di Appello di Milano avesse erroneamente ritenuto insussistente la sua legittimazione ad agire in relazione ad una causa di risarcimento dei danni.
Gli Ermellini rilevavano che la Corte di Appello di Milano non era entrata nel merito della controversia limitandosi a dichiarare l’inammissibilità dei motivi di gravame in quanto non idonei ad assolvere l’onere di specificità di cui all’art. 342 c.p.c.
Sicché il motivo di ricorso per cassazione per come prospettato dalla ricorrente non coglieva affatto la ratio decidendi su cui si fondava la sentenza di secondo grado la quale non era entrata nel merito per dichiarare l’insussistenza della legittimazione attiva, ma semplicemente aveva affermato l’inammissibilità dei motivi di appello per violazione dell’art. 342 c.p.c..
Secondo dunque la Suprema Corte la ricorrente avrebbe dovuto dedurre la violazione dell’art. 342 c.p.c. al fine di contrastare la ritenuta inammissibilità dell’appello.
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