Divorzio breve in Italia: come funziona?
Il divorzio breve è un istituto giuridico che è stato introdotto nel nostro ordinamento con la riforma della materia del divorzio e della separazione, avvenuta con la L. n. 55 del 6 maggio 2015.
Tale riforma si era avvertita necessaria soprattutto per soddisfare l’esigenza di accelerare i termini per l’ottenimento del divorzio.
A tal proposito è doveroso premettere brevi cenni sul presupposto tipico del divorzio, vale a dire la separazione.
Ai fini di procedere legittimamente al deposito dell’apposita domanda di divorzio è inderogabilmente necessario che intervenga la separazione dei coniugi, la quale, come noto, non fa venir meno gli effetti del matrimonio, ma ne sospende gli obblighi.
La separazione può realizzarsi con due distinte modalità, per cui si è soliti distinguere tra:
– separazione consensuale: la quale si ha nei casi in cui tra i coniugi si riesca a perfezionare un accordo in ordine agli aspetti relativi alla genitorialità, all’affidamento dei figli e a tutte le altre questioni relative alla separazione;
– separazione giudiziale: che diversamente si configura qualora i coniugi non riescano a raggiungere un accordo e pertanto risulta necessario adire il Tribunale Competente.
Orbene, premesso che la separazione rappresenta il presupposto del divorzio, prima del 2015, una volta perfezionatasi, erano necessari almeno tre anni per poter procedere al deposito della relativa domanda di divorzio.
Con l’entrata in vigore della L. n. 55/2015 è stato modificato l’art. 3, comma 1, lett. B, n. 2, della L. n. 898/1970 e correlativamente è stata sensibilmente ridotta la durata minima del periodo di separazione ininterrotta.
Più specificamente, l’attuale disciplina del cd. divorzio breve prevede che in caso di separazione giudiziale, la domanda di divorzio possa essere depositata legittimamente decorsi dodici mesi di separazione ininterrotta dei coniugi. Diversamente, nel caso in cui tra i coniugi sia intercorsa una separazione consensuale, il periodo di separazione ininterrotta è ulteriormente ridotto a sei mesi.
In altri termini, il divorzio breve riduce notevolmente i termini per l’ottenimento del divorzio, che, quindi, passano da tre anni agli attuali sei mesi in caso di separazione consensuale o a un anno in caso di separazione giudiziale.
Oltretutto, sempre nella prospettiva di ridurre i tempi per l’ottenimento del divorzio, la riforma del 2015 ha introdotto un’ulteriore novità. Infatti, nel tentativo di snellire ulteriormente la procedura, è stata, altresì, prevista la possibilità di divorziare in Comune mediante la stipula di un accordo concluso dinanzi a un ufficiale di stato civile e senza l’obbligo che i coniugi si facciano assistere da un avvocato. Tuttavia, affinché ciò sia possibile è assolutamente necessario che mediante l’accordo non vengano regolate questioni di natura patrimoniale e soprattutto non devono essere coinvolti figli minorenni o maggiorenni che siano portatori di handicap o comunque incapaci.
Dott. Nicola Coscia
Divorzio breve in Italia: come funziona?
Il divorzio breve è un istituto giuridico che è stato introdotto nel nostro ordinamento con la riforma della materia del divorzio e della separazione, avvenuta con la L. n. 55 del 6 maggio 2015.
Tale riforma si era avvertita necessaria soprattutto per soddisfare l’esigenza di accelerare i termini per l’ottenimento del divorzio.
A tal proposito è doveroso premettere brevi cenni sul presupposto tipico del divorzio, vale a dire la separazione.
Ai fini di procedere legittimamente al deposito dell’apposita domanda di divorzio è inderogabilmente necessario che intervenga la separazione dei coniugi, la quale, come noto, non fa venir meno gli effetti del matrimonio, ma ne sospende gli obblighi.
La separazione può realizzarsi con due distinte modalità, per cui si è soliti distinguere tra:
– separazione consensuale: la quale si ha nei casi in cui tra i coniugi si riesca a perfezionare un accordo in ordine agli aspetti relativi alla genitorialità, all’affidamento dei figli e a tutte le altre questioni relative alla separazione;
– separazione giudiziale: che diversamente si configura qualora i coniugi non riescano a raggiungere un accordo e pertanto risulta necessario adire il Tribunale Competente.
Orbene, premesso che la separazione rappresenta il presupposto del divorzio, prima del 2015, una volta perfezionatasi, erano necessari almeno tre anni per poter procedere al deposito della relativa domanda di divorzio.
Con l’entrata in vigore della L. n. 55/2015 è stato modificato l’art. 3, comma 1, lett. B, n. 2, della L. n. 898/1970 e correlativamente è stata sensibilmente ridotta la durata minima del periodo di separazione ininterrotta.
Più specificamente, l’attuale disciplina del cd. divorzio breve prevede che in caso di separazione giudiziale, la domanda di divorzio possa essere depositata legittimamente decorsi dodici mesi di separazione ininterrotta dei coniugi. Diversamente, nel caso in cui tra i coniugi sia intercorsa una separazione consensuale, il periodo di separazione ininterrotta è ulteriormente ridotto a sei mesi.
In altri termini, il divorzio breve riduce notevolmente i termini per l’ottenimento del divorzio, che, quindi, passano da tre anni agli attuali sei mesi in caso di separazione consensuale o a un anno in caso di separazione giudiziale.
Oltretutto, sempre nella prospettiva di ridurre i tempi per l’ottenimento del divorzio, la riforma del 2015 ha introdotto un’ulteriore novità. Infatti, nel tentativo di snellire ulteriormente la procedura, è stata, altresì, prevista la possibilità di divorziare in Comune mediante la stipula di un accordo concluso dinanzi a un ufficiale di stato civile e senza l’obbligo che i coniugi si facciano assistere da un avvocato. Tuttavia, affinché ciò sia possibile è assolutamente necessario che mediante l’accordo non vengano regolate questioni di natura patrimoniale e soprattutto non devono essere coinvolti figli minorenni o maggiorenni che siano portatori di handicap o comunque incapaci.
Dott. Nicola Coscia
Recent posts.
Con la pronuncia n. 25472 del 2024, la Corte di Cassazione si è espressa in tema di danno da emotrasfusioni e, in particolare, sulla sussistenza della responsabilità non soltanto della struttura sanitaria ma anche del [...]
L'ordinanza n. 30079 della Corte di Cassazione, emessa il 21 novembre 2024 dalla Sezione Lavoro, si inserisce nell’ambito della giurisprudenza consolidata riguardante il licenziamento disciplinare e il diritto di accesso agli atti durante i procedimenti [...]
Con l’ordinanza n. 26184 del 7 ottobre 2024 la Suprema Corte di Cassazione si esprime sulla questione riguardante la responsabilità dei soci a seguito dell’estinzione della società. La fattispecie da cui trae origine la pronuncia [...]
Recent posts.
Con la pronuncia n. 25472 del 2024, la Corte di Cassazione si è espressa in tema di danno da emotrasfusioni e, in particolare, sulla sussistenza della responsabilità non soltanto della struttura sanitaria ma anche del [...]
L'ordinanza n. 30079 della Corte di Cassazione, emessa il 21 novembre 2024 dalla Sezione Lavoro, si inserisce nell’ambito della giurisprudenza consolidata riguardante il licenziamento disciplinare e il diritto di accesso agli atti durante i procedimenti [...]