Published On: 12 Novembre 2017Categories: Articoli, Diritto amministrativo, Diritto civile, Maddalena Iavazzo

Divieto di ritenzione di somme riscosse per il cliente: la sentenza del CNF

Il Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza n. 100/2017 del 13.07 u.s. depositata in data 11.10.2017, ha nuovamente affermato il divieto dell’Avvocato di trattenere per sé a titolo di compenso professionale somme riscosse nell’interesse del cliente, in assenza di esplicito consenso dello stesso, stante anche la contestazione del compenso medesimo.

In conseguenza della pronuncia in discorso il CNF ha quindi confermato la sanzione disciplinare di un anno di sospensione dall’esercizio della professione, così come in precedenza irrogata dal Consiglio Disciplinare Forense di Bologna.

Nel caso in discorso un Avvocato del foro di Bologna, senza alcuna preventiva comunicazione al cliente volta ottenerne il consenso, aveva incassato dalla controparte somme di denaro destinate al proprio assistito a titolo di transazione; altresì l’incasso delle somme era stato inizialmente taciuto al cliente ed allo stesso rivelato solo mesi dopo dall’accaduto, a seguito di continue richiesta del cliente sullo stato della pratica.

Scoperto l’accaduto il cliente aveva denunciato il Professionista al competente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna, che poi aveva trasferito la pratica – stante il mutare della disciplina legislativa in materia – al Consiglio di Disciplina che, a conclusione del procedimento, aveva irrogato la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per un anno.

Proposto ricorso al CNF il Professionista, a giustificazione della bontà del proprio operato, aveva invocato a suo vantaggio l’applicazione dell’art. 44 Codice Deontologico Forense previgente, poi trasfuso nell’art. 31 del nuovo CDF, a norma del quale l’Avvocato ha diritto di trattenere le somme che gli siano pervenute dalla parte assistita o da terzi a rimborso delle spese sostenute ed a titolo di pagamento dei propri onorari.

Sul punto giova ricordare che la citata normativa, nel prevedere l’ipotesi in discorso, presuppone ad ogni modo che il cliente abbia prestato il proprio consenso, che si trattasse di somme liquidate in sentenza a carico della controparte, che il Professionista avesse già formulato una richiesta di pagamento al proprio assistito e che questa fosse stata accettata espressamente dal cliente.

Il CNF ha tuttavia ritenuto di dover disattendere, conformemente a quanto già in precedenza fatto dal CDF di Bologna, la difesa del Professionista per mancanza nel caso di specie dei presupposti a fondamento dell’invocata normativa: infatti il cliente (i) era stato informato dell’incasso mesi dopo l’accaduto e solo dopo ripetuti solleciti, (ii) non aveva espresso all’Avvocato alcun consenso affinché lo stesso trattenesse delle somme, avendogli semplicemente riconosciuto la possibilità di ricevere ed incassare somme, (iii) aveva altresì contestato l’ammontare dei compensi richiesti dal Professionista nominato.

Da qui l’integrale conferma della sanzione irrogata, ritenuta congrua in ragione della gravità dell’illecito disciplinare commesso dal Professionista.

Avv. Maddalena Iavazzo

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Divieto di ritenzione di somme riscosse per il cliente: la sentenza del CNF

Il Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza n. 100/2017 del 13.07 u.s. depositata in data 11.10.2017, ha nuovamente affermato il divieto dell’Avvocato di trattenere per sé a titolo di compenso professionale somme riscosse nell’interesse del cliente, in assenza di esplicito consenso dello stesso, stante anche la contestazione del compenso medesimo.

In conseguenza della pronuncia in discorso il CNF ha quindi confermato la sanzione disciplinare di un anno di sospensione dall’esercizio della professione, così come in precedenza irrogata dal Consiglio Disciplinare Forense di Bologna.

Nel caso in discorso un Avvocato del foro di Bologna, senza alcuna preventiva comunicazione al cliente volta ottenerne il consenso, aveva incassato dalla controparte somme di denaro destinate al proprio assistito a titolo di transazione; altresì l’incasso delle somme era stato inizialmente taciuto al cliente ed allo stesso rivelato solo mesi dopo dall’accaduto, a seguito di continue richiesta del cliente sullo stato della pratica.

Scoperto l’accaduto il cliente aveva denunciato il Professionista al competente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna, che poi aveva trasferito la pratica – stante il mutare della disciplina legislativa in materia – al Consiglio di Disciplina che, a conclusione del procedimento, aveva irrogato la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per un anno.

Proposto ricorso al CNF il Professionista, a giustificazione della bontà del proprio operato, aveva invocato a suo vantaggio l’applicazione dell’art. 44 Codice Deontologico Forense previgente, poi trasfuso nell’art. 31 del nuovo CDF, a norma del quale l’Avvocato ha diritto di trattenere le somme che gli siano pervenute dalla parte assistita o da terzi a rimborso delle spese sostenute ed a titolo di pagamento dei propri onorari.

Sul punto giova ricordare che la citata normativa, nel prevedere l’ipotesi in discorso, presuppone ad ogni modo che il cliente abbia prestato il proprio consenso, che si trattasse di somme liquidate in sentenza a carico della controparte, che il Professionista avesse già formulato una richiesta di pagamento al proprio assistito e che questa fosse stata accettata espressamente dal cliente.

Il CNF ha tuttavia ritenuto di dover disattendere, conformemente a quanto già in precedenza fatto dal CDF di Bologna, la difesa del Professionista per mancanza nel caso di specie dei presupposti a fondamento dell’invocata normativa: infatti il cliente (i) era stato informato dell’incasso mesi dopo l’accaduto e solo dopo ripetuti solleciti, (ii) non aveva espresso all’Avvocato alcun consenso affinché lo stesso trattenesse delle somme, avendogli semplicemente riconosciuto la possibilità di ricevere ed incassare somme, (iii) aveva altresì contestato l’ammontare dei compensi richiesti dal Professionista nominato.

Da qui l’integrale conferma della sanzione irrogata, ritenuta congrua in ragione della gravità dell’illecito disciplinare commesso dal Professionista.

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