Diritto d'accesso agli atti tributari: la pronuncia del Consiglio di Stato
Il tema del diritto di accesso agli atti, in particolar modo quelli tributari, è stato recentemente affrontato dal Consiglio di Stato, attraverso la sentenza 2422/14, depositata il 12 maggio 2014.
Il caso deciso dai Giudici di Palazzo Spada ha ad oggetto la richiesta, da parte di un contribuente, di riforma della sentenza del TAR Lombardia che ha ritenuto motivato il rifiuto parziale di esibizione di una copia della cartella esattoriale da parte di Equitalia Nord s.p.a.. Quest’ultima aveva infatti rilasciato al contribuente unicamente una copia della notifica della richiesta cartella di pagamento, e non anche dell’intera cartella, invitandolo a richiedere copia presso l’Ente impositore.
La IV Sezione, con la sentenza in commento, ha però rilevato che “per i concessionari viga la norma dell’art. 26 comma 4 del d.P.R. 602 del 1973 che li obbliga a “conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso del ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione”. Come si vede, in relazione alla particolare tipologia di atti detenuti, il legislatore individua direttamente un obbligo di custodia degli atti ed un dovere di ostensione su mera richiesta del contribuente. Le disposizioni sul diritto di accesso risultano pertanto di maggiore definizione e speciali rispetto alla disciplina generale del procedimento amministrativo in quanto, in questo caso, la valutazione sulla sussistenza di un interesse all’esibizione è fatta direttamente dalla legge, e non va più svolta caso per caso. A maggior ragione, quindi, la richiesta del ricorrente non poteva essere valutata sotto il profilo della meritevolezza soggettiva da parte del concessionario, obbligato ex lege alla custodia ed all’esibizione, senza che allo stesso residui alcun margine di scelta. Ciò in quanto la copia della cartella di pagamento ex se costituisca strumento utile alla tutela giurisdizionale delle ragioni della ricorrente e che la concessionaria non ha quindi alcuna legittimazione a sindacare le scelte difensive eventualmente operate dal privato”.
In buona sostanza, dunque, il diritto di accesso agli atti tributari è coperto da speciali garanzie rispetto alle norme sul procedimento amministrativo, in ragione della tipologia degli atti richiesti, e del diritto del contribuente a predisporre adeguata difesa per contrastare le pretese impositive.
A nulla vale la giustificazione dell’amministrazione pubblica di mancata esibizione per motivi tecnici, o il rilascio di un documento equipollente o incompleto, poiché detti comportamenti si risolverebbero in atti arbitrari, essendo pacifica la considerazione del Consiglio secondo cui “elemento fondante dell’actio ad exhibendum sia la conformità del documento esibito al privato all’originale”.
Diritto d'accesso agli atti tributari: la pronuncia del Consiglio di Stato
Il tema del diritto di accesso agli atti, in particolar modo quelli tributari, è stato recentemente affrontato dal Consiglio di Stato, attraverso la sentenza 2422/14, depositata il 12 maggio 2014.
Il caso deciso dai Giudici di Palazzo Spada ha ad oggetto la richiesta, da parte di un contribuente, di riforma della sentenza del TAR Lombardia che ha ritenuto motivato il rifiuto parziale di esibizione di una copia della cartella esattoriale da parte di Equitalia Nord s.p.a.. Quest’ultima aveva infatti rilasciato al contribuente unicamente una copia della notifica della richiesta cartella di pagamento, e non anche dell’intera cartella, invitandolo a richiedere copia presso l’Ente impositore.
La IV Sezione, con la sentenza in commento, ha però rilevato che “per i concessionari viga la norma dell’art. 26 comma 4 del d.P.R. 602 del 1973 che li obbliga a “conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso del ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione”. Come si vede, in relazione alla particolare tipologia di atti detenuti, il legislatore individua direttamente un obbligo di custodia degli atti ed un dovere di ostensione su mera richiesta del contribuente. Le disposizioni sul diritto di accesso risultano pertanto di maggiore definizione e speciali rispetto alla disciplina generale del procedimento amministrativo in quanto, in questo caso, la valutazione sulla sussistenza di un interesse all’esibizione è fatta direttamente dalla legge, e non va più svolta caso per caso. A maggior ragione, quindi, la richiesta del ricorrente non poteva essere valutata sotto il profilo della meritevolezza soggettiva da parte del concessionario, obbligato ex lege alla custodia ed all’esibizione, senza che allo stesso residui alcun margine di scelta. Ciò in quanto la copia della cartella di pagamento ex se costituisca strumento utile alla tutela giurisdizionale delle ragioni della ricorrente e che la concessionaria non ha quindi alcuna legittimazione a sindacare le scelte difensive eventualmente operate dal privato”.
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