Detenuto muore per droga: c'è la responsabilità concorrente dell'amministrazione penitenziaria
La Suprema Corte di Cassazione Sezione I, con sentenza n. 12469/2018 ha sancito che:
“Sussiste una responsabilità concorrente dell’amministrazione penitenziaria nell’ipotesi di uso volontario di sostanza stupefacente da parte di un detenuto, poi deceduto, atteso che tale condotta non esclude il nesso causale fra la condotta dell’amministrazione penitenziaria e la morte, ponendosi in rilievo, invece, che l’uso consapevole della droga importa senza dubbio assunzione del rischio, ma tanto non produce totale neutralizzazione degli antecedenti causali con conseguente esclusione della responsabilità dell’ente.”
La pronuncia in discorso ha preso avvio dalle doglianze di P.A. e B.A. i quali hanno adito il Tribunale di Roma al fine di sentir dichiarare l’esclusiva responsabilità della Direzione della Casa Circondariale per la morte di P.M. avvenuta all’interno della stessa per overdose.
Gli attori, con l’atto introduttivo del giudizio, hanno chiesto il risarcimento dei danni patrimoniali, biologici e morali nei confronti del Ministero della Giustizia, asserendo che la morte del P., avvenuta a seguito dell’assunzione di cocaina, fosse stata causata anche dal mancato controllo della polizia penitenziaria all’interno della Casa Circondariale e dal non aver preso in debita considerazione, chi di dovere, la fragile situazione del reo tossicodipendente, ordinando la sua dimissione dal SERT.
Il convenuto Ministero ha invece dedotto che la morte del P. non fosse addebitabile alla carenza di controlli all’interno del carcere, bensì alla condotta autonoma tenuta dal detenuto che deliberatamente ha assunto la sostanza stupefacente.
Il Giudice di prime cure con sentenza n. 16590 del 2007 ha rigettato la domanda attrice.
Avverso tale pronuncia P.A. e B.A., per vedere accolte le proprie istanze, hanno adito la Corte di Appello di Roma la quale ha confermato quanto statuito in primo grado.
Gli appellanti soccombenti, alla luce della pronuncia di secondo grado, hanno proposto ricorso per Cassazione.
I Giudici di Piazza Cavour, nella sentenza in discorso, dando continuità ad un principio già enunciato nella sentenza Cass. n.12705/2015 e Cass. n.8051/2007, hanno affermato che, se da un lato l’assunzione di una sostanza stupefacente può essere ricondotta ad un’assunzione consapevole del rischio, dall’altro non può totalmente escludersi una responsabilità della casa circondariale alla luce del generale obbligo dell’amministrazione penitenziaria di vigilanza e controllo sui detenuti, a maggior ragione se il suddetto controllo debba essere espletato nei confronti di soggetti che versano in particolari condizioni di fragilità legata ad uno stato patologico di tossicodipendenza.
Nel caso di specie, dunque, gli Ermellini hanno accolto il ricorso proposto da P.A. e B.A. cassando la sentenza impugnata e rinviandola alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.
Dott. Elio Pino
Detenuto muore per droga: c'è la responsabilità concorrente dell'amministrazione penitenziaria
La Suprema Corte di Cassazione Sezione I, con sentenza n. 12469/2018 ha sancito che:
“Sussiste una responsabilità concorrente dell’amministrazione penitenziaria nell’ipotesi di uso volontario di sostanza stupefacente da parte di un detenuto, poi deceduto, atteso che tale condotta non esclude il nesso causale fra la condotta dell’amministrazione penitenziaria e la morte, ponendosi in rilievo, invece, che l’uso consapevole della droga importa senza dubbio assunzione del rischio, ma tanto non produce totale neutralizzazione degli antecedenti causali con conseguente esclusione della responsabilità dell’ente.”
La pronuncia in discorso ha preso avvio dalle doglianze di P.A. e B.A. i quali hanno adito il Tribunale di Roma al fine di sentir dichiarare l’esclusiva responsabilità della Direzione della Casa Circondariale per la morte di P.M. avvenuta all’interno della stessa per overdose.
Gli attori, con l’atto introduttivo del giudizio, hanno chiesto il risarcimento dei danni patrimoniali, biologici e morali nei confronti del Ministero della Giustizia, asserendo che la morte del P., avvenuta a seguito dell’assunzione di cocaina, fosse stata causata anche dal mancato controllo della polizia penitenziaria all’interno della Casa Circondariale e dal non aver preso in debita considerazione, chi di dovere, la fragile situazione del reo tossicodipendente, ordinando la sua dimissione dal SERT.
Il convenuto Ministero ha invece dedotto che la morte del P. non fosse addebitabile alla carenza di controlli all’interno del carcere, bensì alla condotta autonoma tenuta dal detenuto che deliberatamente ha assunto la sostanza stupefacente.
Il Giudice di prime cure con sentenza n. 16590 del 2007 ha rigettato la domanda attrice.
Avverso tale pronuncia P.A. e B.A., per vedere accolte le proprie istanze, hanno adito la Corte di Appello di Roma la quale ha confermato quanto statuito in primo grado.
Gli appellanti soccombenti, alla luce della pronuncia di secondo grado, hanno proposto ricorso per Cassazione.
I Giudici di Piazza Cavour, nella sentenza in discorso, dando continuità ad un principio già enunciato nella sentenza Cass. n.12705/2015 e Cass. n.8051/2007, hanno affermato che, se da un lato l’assunzione di una sostanza stupefacente può essere ricondotta ad un’assunzione consapevole del rischio, dall’altro non può totalmente escludersi una responsabilità della casa circondariale alla luce del generale obbligo dell’amministrazione penitenziaria di vigilanza e controllo sui detenuti, a maggior ragione se il suddetto controllo debba essere espletato nei confronti di soggetti che versano in particolari condizioni di fragilità legata ad uno stato patologico di tossicodipendenza.
Nel caso di specie, dunque, gli Ermellini hanno accolto il ricorso proposto da P.A. e B.A. cassando la sentenza impugnata e rinviandola alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione.
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