Diritto penale
Published On: 18 Marzo 2014Categories: Articoli, Diritto di famiglia, Diritto Penale

Delitti contro la famiglia: la sentenza della Cassazione su limiti incriminazione

La Sesta Sezione della Corte di Cassazione, con sentenza n. 51488 del 24 ottobre 2013, ha affermato che, per la sussistenza dell’ipotesi delittuosa di cui all’articolo 570, prima comma c.p., non rileva qualsiasi inadempimento degli obblighi di assistenza familiare, ma soltanto le condotte omissive idonee in concreto a ripercuotersi negativamente sugli interessi del minore, ponendo seriamente in pericolo, attraverso la sostanziale dismissione delle funzioni genitoriali, il pieno ed equilibrato sviluppo della personalità del minore.

L’ambito di applicazione della norma, di conseguenza, deve considerarsi limitato a quei comportamenti che esprimano una significativa ed apprezzabile compromissione delle più elementari esigenze di cura ed assistenza del figlio minore o del coniuge, senza incidere su fatti contrassegnati da minimo disvalore offensivo o da mere disfunzioni dei rapporti intra-familiari.

Nel caso in esame, la Corte ha quindi affermato la responsabilità di un genitore il quale, attraverso condotte persistenti di aperto rifiuto e totale disinteresse per il minore, aveva determinato il pericolo di indurre nello stesso sentimenti di colpa, di abbandono e di scarsa autostima, anche in ragione della sofferenza derivante dal confronto con i coetanei inseriti in contesti di stabili relazioni familiari.

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Published On: 18 Marzo 2014Categories: Articoli, Diritto di famiglia, Diritto PenaleBy

Delitti contro la famiglia: la sentenza della Cassazione su limiti incriminazione

La Sesta Sezione della Corte di Cassazione, con sentenza n. 51488 del 24 ottobre 2013, ha affermato che, per la sussistenza dell’ipotesi delittuosa di cui all’articolo 570, prima comma c.p., non rileva qualsiasi inadempimento degli obblighi di assistenza familiare, ma soltanto le condotte omissive idonee in concreto a ripercuotersi negativamente sugli interessi del minore, ponendo seriamente in pericolo, attraverso la sostanziale dismissione delle funzioni genitoriali, il pieno ed equilibrato sviluppo della personalità del minore.

L’ambito di applicazione della norma, di conseguenza, deve considerarsi limitato a quei comportamenti che esprimano una significativa ed apprezzabile compromissione delle più elementari esigenze di cura ed assistenza del figlio minore o del coniuge, senza incidere su fatti contrassegnati da minimo disvalore offensivo o da mere disfunzioni dei rapporti intra-familiari.

Nel caso in esame, la Corte ha quindi affermato la responsabilità di un genitore il quale, attraverso condotte persistenti di aperto rifiuto e totale disinteresse per il minore, aveva determinato il pericolo di indurre nello stesso sentimenti di colpa, di abbandono e di scarsa autostima, anche in ragione della sofferenza derivante dal confronto con i coetanei inseriti in contesti di stabili relazioni familiari.

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