Cosa si può fare se si viene condannati ingiustamente?
Sfatiamo subito un mito: anche la Giustizia sbaglia. E questo può portare a condanne ingiuste.
Cosa fare, dunque, nel caso in cui si venga condannati ingiustamente? È possibile intraprendere un’azione legale per far valere i propri diritti?
La risposta a questo interrogativo, fortunatamente, è positiva, e diverse sono le vie legali che è possibile adìre per ottenere giustizia a fronte di un errore giudiziario.
La prima azione che è possibile intraprendere, è il ricorso in appello.
Si tratta di un mezzo di tutela previsto dall’ordinamento giuridico italiano che consente di impugnare una sentenza di condanna emessa in primo grado.
Fare ricorso in appello, in sostanza, vuol dire iniziare una nuova causa per la revisione della prima e magari per sovvertirne le sorti.
Tale ricorso deve essere presentato entro un preciso termine stabilito dalla legge e specificare le motivazioni per cui si ritiene che la condanna sia ingiusta.
Non sempre, tuttavia, il ricorso in appello garantisce i risultati sperati.
In questi casi, pertanto, è possibile esperire un ulteriore rimedio: presentare ricorso in Cassazione.
La Corte di Cassazione è il supremo organo di giurisdizione italiana e giudice di ultima istanza, con il compito di assicurare l’uniforme interpretazione e applicazione del diritto, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni, la regolazione dei conflitti di competenza e attribuzione tra i vari giudici.
È importante precisare che la Cassazione NON riesamina i fatti del caso, ma si limita a verificare la corretta applicazione delle norme di diritto.
Il ricorso in Cassazione, quindi, può essere presentato solo per motivi di legittimità, ossia per contestare errori di diritto commessi nella sentenza di condanna.
Ma non finiscono qui le possibilità di ottenere giustizia per le povere vittime di errori giudiziari: un’altra strada che è possibile percorrere consiste nella revisione del processo penale, la quale consente di riesaminare una sentenza di condanna in seguito alla scoperta di nuovi elementi di prova.
La richiesta di revisione, da presentare alla Corte di Cassazione, deve necessariamente basarsi su fatti nuovi, sconosciuti al momento del processo, e dunque idonei a far ritenere che la condanna sia ingiusta.
In ogni caso, si tratta di un rimedio dal carattere eccezionale, pertanto è fondamentale che la richiesta sia supportata da elementi di prova solidi.
Ulteriori rimedi contro condanne ingiuste sono garantiti anche in ambito sovranazionale, basti pensare alla possibilità di presentare una denuncia alla CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo).
La CEDU è un organo sovranazionale preordinato alla tutela dei diritti umani in Europa, la quale, tuttavia, non riesamina i fatti del caso, ma verifica la corretta applicazione dei principi sanciti dalla Convenzione.
Ne consegue, pertanto, che laddove si ritenga di essere stati condannati in violazione dei diritti garantiti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, è possibile presentare una denuncia alla CEDU.
Non dimentichiamo, peraltro, che è altresì possibile rivolgersi a varie associazioni ed organizzazioni che si occupano specificatamente di tutela dei diritti umani e che garantiscono assistenza legale gratuita alle persone condannate ingiustamente, attraverso supporto legale, consulenza e assistenza nella presentazione dei ricorsi e delle denunce.
La cosa fondamentale, quindi, nel caso di una condanna ingiusta, è non arrendersi MAI e COMBATTERE, attraverso tutte le vie legali possibili, per far valere i propri diritti.
Dott.ssa Luana Di Giovanni
Cosa si può fare se si viene condannati ingiustamente?
Sfatiamo subito un mito: anche la Giustizia sbaglia. E questo può portare a condanne ingiuste.
Cosa fare, dunque, nel caso in cui si venga condannati ingiustamente? È possibile intraprendere un’azione legale per far valere i propri diritti?
La risposta a questo interrogativo, fortunatamente, è positiva, e diverse sono le vie legali che è possibile adìre per ottenere giustizia a fronte di un errore giudiziario.
La prima azione che è possibile intraprendere, è il ricorso in appello.
Si tratta di un mezzo di tutela previsto dall’ordinamento giuridico italiano che consente di impugnare una sentenza di condanna emessa in primo grado.
Fare ricorso in appello, in sostanza, vuol dire iniziare una nuova causa per la revisione della prima e magari per sovvertirne le sorti.
Tale ricorso deve essere presentato entro un preciso termine stabilito dalla legge e specificare le motivazioni per cui si ritiene che la condanna sia ingiusta.
Non sempre, tuttavia, il ricorso in appello garantisce i risultati sperati.
In questi casi, pertanto, è possibile esperire un ulteriore rimedio: presentare ricorso in Cassazione.
La Corte di Cassazione è il supremo organo di giurisdizione italiana e giudice di ultima istanza, con il compito di assicurare l’uniforme interpretazione e applicazione del diritto, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni, la regolazione dei conflitti di competenza e attribuzione tra i vari giudici.
È importante precisare che la Cassazione NON riesamina i fatti del caso, ma si limita a verificare la corretta applicazione delle norme di diritto.
Il ricorso in Cassazione, quindi, può essere presentato solo per motivi di legittimità, ossia per contestare errori di diritto commessi nella sentenza di condanna.
Ma non finiscono qui le possibilità di ottenere giustizia per le povere vittime di errori giudiziari: un’altra strada che è possibile percorrere consiste nella revisione del processo penale, la quale consente di riesaminare una sentenza di condanna in seguito alla scoperta di nuovi elementi di prova.
La richiesta di revisione, da presentare alla Corte di Cassazione, deve necessariamente basarsi su fatti nuovi, sconosciuti al momento del processo, e dunque idonei a far ritenere che la condanna sia ingiusta.
In ogni caso, si tratta di un rimedio dal carattere eccezionale, pertanto è fondamentale che la richiesta sia supportata da elementi di prova solidi.
Ulteriori rimedi contro condanne ingiuste sono garantiti anche in ambito sovranazionale, basti pensare alla possibilità di presentare una denuncia alla CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo).
La CEDU è un organo sovranazionale preordinato alla tutela dei diritti umani in Europa, la quale, tuttavia, non riesamina i fatti del caso, ma verifica la corretta applicazione dei principi sanciti dalla Convenzione.
Ne consegue, pertanto, che laddove si ritenga di essere stati condannati in violazione dei diritti garantiti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, è possibile presentare una denuncia alla CEDU.
Non dimentichiamo, peraltro, che è altresì possibile rivolgersi a varie associazioni ed organizzazioni che si occupano specificatamente di tutela dei diritti umani e che garantiscono assistenza legale gratuita alle persone condannate ingiustamente, attraverso supporto legale, consulenza e assistenza nella presentazione dei ricorsi e delle denunce.
La cosa fondamentale, quindi, nel caso di una condanna ingiusta, è non arrendersi MAI e COMBATTERE, attraverso tutte le vie legali possibili, per far valere i propri diritti.
Dott.ssa Luana Di Giovanni
Recent posts.
Con la pronuncia n. 25472 del 2024, la Corte di Cassazione si è espressa in tema di danno da emotrasfusioni e, in particolare, sulla sussistenza della responsabilità non soltanto della struttura sanitaria ma anche del [...]
L'ordinanza n. 30079 della Corte di Cassazione, emessa il 21 novembre 2024 dalla Sezione Lavoro, si inserisce nell’ambito della giurisprudenza consolidata riguardante il licenziamento disciplinare e il diritto di accesso agli atti durante i procedimenti [...]
Con l’ordinanza n. 26184 del 7 ottobre 2024 la Suprema Corte di Cassazione si esprime sulla questione riguardante la responsabilità dei soci a seguito dell’estinzione della società. La fattispecie da cui trae origine la pronuncia [...]
Recent posts.
Con la pronuncia n. 25472 del 2024, la Corte di Cassazione si è espressa in tema di danno da emotrasfusioni e, in particolare, sulla sussistenza della responsabilità non soltanto della struttura sanitaria ma anche del [...]
L'ordinanza n. 30079 della Corte di Cassazione, emessa il 21 novembre 2024 dalla Sezione Lavoro, si inserisce nell’ambito della giurisprudenza consolidata riguardante il licenziamento disciplinare e il diritto di accesso agli atti durante i procedimenti [...]