Corte di Cassazione: Stop al mantenimento per chi ha una relazione stabile.
Con ordinanza n. 22064 del 16 ottobre 2020 la VI Sezione Civile della Corte di Cassazione ha modificato la disciplina fino ad ora sussistente relativa all’assegno di mantenimento rivoluzionandola.
- Assegno di mantenimento
L’assegno di mantenimento, difatti, come stabilito ai sensi dell’articolo 156 del codice civile, viene riconosciuto dal giudice, in sede di pronuncia sulla separazione, in capo al coniuge cui non sia addebitata la separazione stessa, nel caso in cui lo stesso non abbia redditi adeguati. L’ammontare dell’assegno viene determinato sulla base delle circostanze e dei redditi dell’obbligato. È necessario, dunque, che non sia addebitabile al beneficiario il “fallimento” del matrimonio in primo luogo e, in secondo luogo, è richiesta la mancanza di adeguati redditi propri. Il dovere del giudice, quindi, è quello di riequilibrare le posizioni dei coniugi, al fine di garantire lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio, in quanto non essendo il vincolo cessato ufficialmente sussiste un dovere reciproco di solidarietà tra i coniugi.
Con sentenza n. 11504 del 2017, la Corte di Cassazione ha mutato orientamento e ha riconosciuto come il criterio di quantificazione dell’assegno fosse non più legato al tenore di vita precedente, ma piuttosto all’indipendenza o autosufficienza economica del coniuge che lo richieda. Ciò significa che qualora il coniuge considerato debole sia economicamente autosufficiente perderà diritto ad ottenere il mantenimento. Idem nel caso in cui sia rimasto volontariamente inerte.
La decisione citata deve essere considerata come un’anticipazione della “rivoluzione” effettuata con l’ordinanza di cui si tratterà nel prosieguo.
L’assegno divorzile, invece, disciplinato dall’articolo 5 comma 6 della legge n. 898 del 1970 (legge sul divorzio), viene riconosciuto a seguito della definitiva chiusura del rapporto tra gli ex coniugi, per questo motivo richiede l’accertamento di condizioni differenti, quali le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare, il reddito di entrambi, la durata del matrimonio e altri. In questo ambito, tuttavia, colui che richiede l’assegno dovrà provare le ragioni oggettive che rendano necessario il versamento, dovendosi trovare nella comprovata impossibilità di procurarsi adeguati redditi. È possibile che l’assegno divorzile si adegui alla quota fissata per il mantenimento, tuttavia il giudice, necessariamente diverso dall’autorità pronunciatasi per la separazione, è tenuto a motivare espressamente la sua decisione.
- Ordinanza n. 22064 del 2020
Negli ultimi anni, come suddetto, la Corte di Cassazione ha intrapreso un cammino volto al ridimensionamento del mantenimento, in modo da non considerarlo più come un meccanismo automatico, ma, piuttosto, da rapportare alle circostanze concrete.
La Suprema Corte si è pronunciata avverso la sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria con la quale si riconosceva l’obbligo in capo all’ex marito di versare un assegno divorzile mensile all’ex moglie, seppur convivente con un nuovo partner. Gli Ermellini accolgono il ricorso dell’ex marito, a causa della contraddittorietà della decisione della Corte di secondo grado, in quanto la stessa aveva ritenuto sussistente una convivenza con un altro partner, ma senza considerarla una famiglia di fatto, requisito previsto per la rimozione dell’assegno divorzile, come consolidato dal diritto vivente.
Il Tribunale di Como, infatti, con una sentenza del 2018, ha sostenuto che l’intraprendere una nuova relazione, che non implichi necessariamente la stabile convivenza, faccia venir meno il presupposto dell’assegno di mantenimento, in quanto la formazione di una famiglia di fatto rappresenti una scelta di vita, valida anche in caso di successiva rottura, poiché si ritiene che il soggetto accetti anche questo rischio. Allo stesso modo, il Tribunale di La Spezia, nel 2016, ha ritenuto non necessaria la coabitazione ai fini della revoca del mantenimento.
La Corte di Cassazione, infatti, con la recente ordinanza in esame, ha convalidato questo principio, riconoscendo il venir meno del mantenimento al momento dell’instaurazione di una nuova relazione, che sia caratterizzata non necessariamente da convivenza more uxorio, ma anche solo da stabilità e continuità del rapporto. La prova di ciò potrà essere fornita sulla base dell’osservazione delle abitudini e dallo stile di vita dell’ex coniuge. Sarà necessaria, dunque, una relazione stabile e non occasionale, in modo da rinvenire una famiglia di fatto. Ciò viene ad essere espressione di una scelta esistenziale, consapevole, tutelata dall’articolo 2 della Costituzione come formazione sociale in cui esprimere la propria personalità.
Alla stregua di ciò, sarà possibile per l’ex coniuge obbligato chiedere l’esonero integrale dall’assegno, indipendentemente dalla dimostrazione delle condizioni economiche del beneficiario. Si prescinde, dunque, dai requisiti richiesti ai fini della concessione del beneficio dall’articolo 5 della legge sul divorzio, come anche da quelli relativi all’assegno a seguito della separazione.
Non rileva, tuttavia, la nuova convivenza dell’obbligato, neppure in assenza di figli, in quanto non viene meno il dovere di assistenza materiale stabilito e riconosciuto anche in sede giudiziale.
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L’ordinanza esaminata ha, dunque, ampliato il novero dei requisiti previsti per la concessione del mantenimento, riducendo, quindi, i casi di concessione dello stesso.
Non essendosi ancora pronunciato il legislatore sulla questione, l’ordinanza può essere considerata come base per un nuovo dibattito.
In ogni caso ha il merito di aver confermato e consolidato principi già diffusamente applicati nella giurisprudenza.
Carolina Ceccarelli
Fonte foto: database freepik
Corte di Cassazione: Stop al mantenimento per chi ha una relazione stabile.
Con ordinanza n. 22064 del 16 ottobre 2020 la VI Sezione Civile della Corte di Cassazione ha modificato la disciplina fino ad ora sussistente relativa all’assegno di mantenimento rivoluzionandola.
- Assegno di mantenimento
L’assegno di mantenimento, difatti, come stabilito ai sensi dell’articolo 156 del codice civile, viene riconosciuto dal giudice, in sede di pronuncia sulla separazione, in capo al coniuge cui non sia addebitata la separazione stessa, nel caso in cui lo stesso non abbia redditi adeguati. L’ammontare dell’assegno viene determinato sulla base delle circostanze e dei redditi dell’obbligato. È necessario, dunque, che non sia addebitabile al beneficiario il “fallimento” del matrimonio in primo luogo e, in secondo luogo, è richiesta la mancanza di adeguati redditi propri. Il dovere del giudice, quindi, è quello di riequilibrare le posizioni dei coniugi, al fine di garantire lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio, in quanto non essendo il vincolo cessato ufficialmente sussiste un dovere reciproco di solidarietà tra i coniugi.
Con sentenza n. 11504 del 2017, la Corte di Cassazione ha mutato orientamento e ha riconosciuto come il criterio di quantificazione dell’assegno fosse non più legato al tenore di vita precedente, ma piuttosto all’indipendenza o autosufficienza economica del coniuge che lo richieda. Ciò significa che qualora il coniuge considerato debole sia economicamente autosufficiente perderà diritto ad ottenere il mantenimento. Idem nel caso in cui sia rimasto volontariamente inerte.
La decisione citata deve essere considerata come un’anticipazione della “rivoluzione” effettuata con l’ordinanza di cui si tratterà nel prosieguo.
L’assegno divorzile, invece, disciplinato dall’articolo 5 comma 6 della legge n. 898 del 1970 (legge sul divorzio), viene riconosciuto a seguito della definitiva chiusura del rapporto tra gli ex coniugi, per questo motivo richiede l’accertamento di condizioni differenti, quali le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare, il reddito di entrambi, la durata del matrimonio e altri. In questo ambito, tuttavia, colui che richiede l’assegno dovrà provare le ragioni oggettive che rendano necessario il versamento, dovendosi trovare nella comprovata impossibilità di procurarsi adeguati redditi. È possibile che l’assegno divorzile si adegui alla quota fissata per il mantenimento, tuttavia il giudice, necessariamente diverso dall’autorità pronunciatasi per la separazione, è tenuto a motivare espressamente la sua decisione.
- Ordinanza n. 22064 del 2020
Negli ultimi anni, come suddetto, la Corte di Cassazione ha intrapreso un cammino volto al ridimensionamento del mantenimento, in modo da non considerarlo più come un meccanismo automatico, ma, piuttosto, da rapportare alle circostanze concrete.
La Suprema Corte si è pronunciata avverso la sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria con la quale si riconosceva l’obbligo in capo all’ex marito di versare un assegno divorzile mensile all’ex moglie, seppur convivente con un nuovo partner. Gli Ermellini accolgono il ricorso dell’ex marito, a causa della contraddittorietà della decisione della Corte di secondo grado, in quanto la stessa aveva ritenuto sussistente una convivenza con un altro partner, ma senza considerarla una famiglia di fatto, requisito previsto per la rimozione dell’assegno divorzile, come consolidato dal diritto vivente.
Il Tribunale di Como, infatti, con una sentenza del 2018, ha sostenuto che l’intraprendere una nuova relazione, che non implichi necessariamente la stabile convivenza, faccia venir meno il presupposto dell’assegno di mantenimento, in quanto la formazione di una famiglia di fatto rappresenti una scelta di vita, valida anche in caso di successiva rottura, poiché si ritiene che il soggetto accetti anche questo rischio. Allo stesso modo, il Tribunale di La Spezia, nel 2016, ha ritenuto non necessaria la coabitazione ai fini della revoca del mantenimento.
La Corte di Cassazione, infatti, con la recente ordinanza in esame, ha convalidato questo principio, riconoscendo il venir meno del mantenimento al momento dell’instaurazione di una nuova relazione, che sia caratterizzata non necessariamente da convivenza more uxorio, ma anche solo da stabilità e continuità del rapporto. La prova di ciò potrà essere fornita sulla base dell’osservazione delle abitudini e dallo stile di vita dell’ex coniuge. Sarà necessaria, dunque, una relazione stabile e non occasionale, in modo da rinvenire una famiglia di fatto. Ciò viene ad essere espressione di una scelta esistenziale, consapevole, tutelata dall’articolo 2 della Costituzione come formazione sociale in cui esprimere la propria personalità.
Alla stregua di ciò, sarà possibile per l’ex coniuge obbligato chiedere l’esonero integrale dall’assegno, indipendentemente dalla dimostrazione delle condizioni economiche del beneficiario. Si prescinde, dunque, dai requisiti richiesti ai fini della concessione del beneficio dall’articolo 5 della legge sul divorzio, come anche da quelli relativi all’assegno a seguito della separazione.
Non rileva, tuttavia, la nuova convivenza dell’obbligato, neppure in assenza di figli, in quanto non viene meno il dovere di assistenza materiale stabilito e riconosciuto anche in sede giudiziale.
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L’ordinanza esaminata ha, dunque, ampliato il novero dei requisiti previsti per la concessione del mantenimento, riducendo, quindi, i casi di concessione dello stesso.
Non essendosi ancora pronunciato il legislatore sulla questione, l’ordinanza può essere considerata come base per un nuovo dibattito.
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