Convivenza more uxorio: necessario congruo preavviso del proprietario per recuperare esclusiva su immobile
Con la sentenza del 21 marzo 2013, n. 7214 la Corte di Cassazione, esprimendo la volontà di porsi in continuità con l’indirizzo espresso in una precedente pronuncia (Cass. Civ. 14 giugno 2012, n.2555), ha affermato che in seguito all’instaurazione di una convivenza more uxorio si determina sulla casa di abitazione, di proprietà di uno solo dei partner, ove si svolge il programma di vita comune, un c.d. potere di fatto ben superiore di quello derivante da ragioni di mera ospitalità.
In seguito alla cessazione dell’affectio quotidiana, “l’assenza di un giudice della dissoluzione del manage non consente al convivente proprietario di ricorrere alle vie di fatto per estromettere l’altro dall’abitazione, perché il canone della buona fede e della correttezza dettato a protezione dei soggetti più esposti e delle situazioni di affidamento, impone al legittimo titolare che, cessata l’affectio, intenda recuperare, com’è suo diritto, l’esclusiva disponibilità dell’immobile, di avvisare il partner e di concedergli un termine congruo per reperire altra sistemazione”.
In tale recente sentenza pertanto è sottolineato che nonostante vi siano delle differenze tra l’istituto del matrimonio e quello della convivenza more uxorio, in armonia con l’art.2 della nostra Costituzione che riconosce e garantisce i diritti dell’uomo sia come singolo sia nelle formazione sociali ove si svolge la sua personalità, è possibile per il convivente, spogliato in modo violento, agire legittimamente per essere reintegrato nell’abitazione familiare di fatto.
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Con la sentenza del 21 marzo 2013, n. 7214 la Corte di Cassazione, esprimendo la volontà di porsi in continuità con l’indirizzo espresso in una precedente pronuncia (Cass. Civ. 14 giugno 2012, n.2555), ha affermato che in seguito all’instaurazione di una convivenza more uxorio si determina sulla casa di abitazione, di proprietà di uno solo dei partner, ove si svolge il programma di vita comune, un c.d. potere di fatto ben superiore di quello derivante da ragioni di mera ospitalità.
In seguito alla cessazione dell’affectio quotidiana, “l’assenza di un giudice della dissoluzione del manage non consente al convivente proprietario di ricorrere alle vie di fatto per estromettere l’altro dall’abitazione, perché il canone della buona fede e della correttezza dettato a protezione dei soggetti più esposti e delle situazioni di affidamento, impone al legittimo titolare che, cessata l’affectio, intenda recuperare, com’è suo diritto, l’esclusiva disponibilità dell’immobile, di avvisare il partner e di concedergli un termine congruo per reperire altra sistemazione”.
In tale recente sentenza pertanto è sottolineato che nonostante vi siano delle differenze tra l’istituto del matrimonio e quello della convivenza more uxorio, in armonia con l’art.2 della nostra Costituzione che riconosce e garantisce i diritti dell’uomo sia come singolo sia nelle formazione sociali ove si svolge la sua personalità, è possibile per il convivente, spogliato in modo violento, agire legittimamente per essere reintegrato nell’abitazione familiare di fatto.
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