Contratto locazione verbale, registrazione non sana nullità
Con sentenza n. 21287/2013 il Tribunale di Roma affronta il tema degli effetti della registrazione di un contratto di locazione verbale.
Il caso in discussione riguarda la registrazione a cura del conduttore di un contratto verbale di locazione avente ad oggetto una sola stanza di un immobile urbano ad uso abitativo e la pretesa del conduttore che da tale registrazione discendesse ai sensi del D.Lgs. n. 23/2011 un nuovo rapporto locatizio della durata di 4 anni + 4.
Il Tribunale ha ritenuto che il contratto intercorso tra le parti fosse nullo per violazione dell’art. 1, comma 4, legge n. 431 del 1998, per cui “per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta”.
Tale norma, per la sua ampia formulazione, colpisce ogni contratto di locazione immobiliare ad uso abitativo e va, dunque, applicata anche ai contratti di locazione di porzioni (una o più stanze) di unità immobiliari abitative.
Quanto, poi, alla registrazione ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, il Tribunale ha affermato che non è idonea a sanare la nullità del contratto per difetto di forma ad substantiam (come non vale a sanare qualunque altra nullità da cui il contratto di locazione possa essere affetto ex art. 1418 c.c.): gli effetti ex lege della registrazione, di cui alla norma citata, presuppongono l’esistenza di un contratto di locazione valido ed immune da vizi sotto ogni altro profilo diverso dalla mancata registrazione nel termine di legge.
Né il Tribunale ha ritenuto applicabili le disposizioni dell’art. 3, commi 8 e 9. del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, le quali riguardano le sole locazioni di autonome “unità immobiliari” oggetto di godimento nella loro interezza, come risulta sia dal richiamo all’art. 2, comma 1, della legge n. 431 del 1998, circa il rinnovo del contratto (di cui si è già vista l’inapplicabilità alla locazione di una singola stanza), sia dal riferimento alla “rendita catastale” circa la misura del canone legale, giacché tale rendita è determinata per ciascuna “unità immobiliare urbana”, nella sua interezza e non è suscettibile di essere frazionata (artt. 3 ss. r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652).
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Il Tribunale ha ritenuto che il contratto intercorso tra le parti fosse nullo per violazione dell’art. 1, comma 4, legge n. 431 del 1998, per cui “per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta”.
Tale norma, per la sua ampia formulazione, colpisce ogni contratto di locazione immobiliare ad uso abitativo e va, dunque, applicata anche ai contratti di locazione di porzioni (una o più stanze) di unità immobiliari abitative.
Quanto, poi, alla registrazione ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, il Tribunale ha affermato che non è idonea a sanare la nullità del contratto per difetto di forma ad substantiam (come non vale a sanare qualunque altra nullità da cui il contratto di locazione possa essere affetto ex art. 1418 c.c.): gli effetti ex lege della registrazione, di cui alla norma citata, presuppongono l’esistenza di un contratto di locazione valido ed immune da vizi sotto ogni altro profilo diverso dalla mancata registrazione nel termine di legge.
Né il Tribunale ha ritenuto applicabili le disposizioni dell’art. 3, commi 8 e 9. del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, le quali riguardano le sole locazioni di autonome “unità immobiliari” oggetto di godimento nella loro interezza, come risulta sia dal richiamo all’art. 2, comma 1, della legge n. 431 del 1998, circa il rinnovo del contratto (di cui si è già vista l’inapplicabilità alla locazione di una singola stanza), sia dal riferimento alla “rendita catastale” circa la misura del canone legale, giacché tale rendita è determinata per ciascuna “unità immobiliare urbana”, nella sua interezza e non è suscettibile di essere frazionata (artt. 3 ss. r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652).
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