Ecco come ottenere un rimborso dal Fisco: la pronuncia della Cassazione
Al contribuente intenzionato a dimostrare l’infondatezza di una pretesa tributaria ricadrà l’onere della prova, questo è quanto affermato da una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n.25859 del 5 settembre che chiarisce come il contribuente rivesta un ruolo di attore in senso sia formale che sostanziale, dovendo egli stesso offrire la documentazione probatoria necessaria affinché si possa confermare la fondatezza delle sue ragioni, documentando il fatto costitutivo della sua pretesa.
Nel caso in questione, una società aveva proposto un ricorso introduttivo nei confronti del silenzio-rifiuto dell’Agenzia dell’Entrate riguardo a un’istanza di rimborso, che aveva ad oggetto un credito irpeg esposto chiaramente nella dichiarazione.
I giudici di tutti i gradi di giudizio della relativa controversia ritenevano di accogliere le doglianze della società, per via del potere ormai decaduto da parte dell’Ufficio di poter rettificare il credito o disconoscerlo, in quanto a termini ormai scaduti.
Dinanzi ai giudici della Suprema Corte, invece, i motivi opposti dell’Agenzia dell’Entrate vengono accolti sulla base di un principio di diritto espresso in una Sentenza a sezioni Unite del Collegio di Legittimità, la n. 5069/2016, secondo la quale l’Agenzia, per questioni di merito, può opporre il diniego di rimborso anche se sopraggiunto il termine decadenziale per l’accertamento.
I motivi dell’ufficio erariale non vengono accolti, però, dal giudice del successivo appello per il fatto della posizione di totale inerzia da parte della stessa che riteneva l’onere probatorio su incombenza esclusiva del contribuente.
La successiva impugnazione da parte dell’Agenzia, porta la Cassazione a ritenere poi fondato il ricorso, difatti la tesi in esso sostenuta si fonda sul fatto che l’ufficio erariale, già dal primo grado di giudizio, aveva contestato l’istanza di rimborso e che la richiesta di documentare l’esistenza del credito era conformato agli oneri che incombono sul contribuente e del principio in base al quale dovrà esso stesso presentare la documentazione necessaria per il giudizio e diventando per ciò parte attiva nel procedimento di richiesta rimborso.
In questo modo si consolida il principio in base al quale il contribuente, per opporsi in maniera efficace al rifiuto dell’ufficio erariale, dovrà presentare prove per appurare l’infondatezza della pretesa tributaria, e precisando a tal fine come esso valga anche nel caso in cui la documentazione probatoria sia già in possesso da parte dell’Ufficio e, a tal fine, non si ravvisa nemmeno alcuna violazione dell’art. 6 comma 4 della legge n 2012/2000.
Questa particolarità in merito ai procedimenti di rimborso in questione si riflette anche sulle motivazioni del provvedimento di diniego espresso, che dovranno pertanto essere semplicemente sufficienti e adeguati, in modo da delineare gli aspetti essenziali delle ragioni del provvedimento.
Dott.ssa Serenella Angelini
Ecco come ottenere un rimborso dal Fisco: la pronuncia della Cassazione
Al contribuente intenzionato a dimostrare l’infondatezza di una pretesa tributaria ricadrà l’onere della prova, questo è quanto affermato da una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n.25859 del 5 settembre che chiarisce come il contribuente rivesta un ruolo di attore in senso sia formale che sostanziale, dovendo egli stesso offrire la documentazione probatoria necessaria affinché si possa confermare la fondatezza delle sue ragioni, documentando il fatto costitutivo della sua pretesa.
Nel caso in questione, una società aveva proposto un ricorso introduttivo nei confronti del silenzio-rifiuto dell’Agenzia dell’Entrate riguardo a un’istanza di rimborso, che aveva ad oggetto un credito irpeg esposto chiaramente nella dichiarazione.
I giudici di tutti i gradi di giudizio della relativa controversia ritenevano di accogliere le doglianze della società, per via del potere ormai decaduto da parte dell’Ufficio di poter rettificare il credito o disconoscerlo, in quanto a termini ormai scaduti.
Dinanzi ai giudici della Suprema Corte, invece, i motivi opposti dell’Agenzia dell’Entrate vengono accolti sulla base di un principio di diritto espresso in una Sentenza a sezioni Unite del Collegio di Legittimità, la n. 5069/2016, secondo la quale l’Agenzia, per questioni di merito, può opporre il diniego di rimborso anche se sopraggiunto il termine decadenziale per l’accertamento.
I motivi dell’ufficio erariale non vengono accolti, però, dal giudice del successivo appello per il fatto della posizione di totale inerzia da parte della stessa che riteneva l’onere probatorio su incombenza esclusiva del contribuente.
La successiva impugnazione da parte dell’Agenzia, porta la Cassazione a ritenere poi fondato il ricorso, difatti la tesi in esso sostenuta si fonda sul fatto che l’ufficio erariale, già dal primo grado di giudizio, aveva contestato l’istanza di rimborso e che la richiesta di documentare l’esistenza del credito era conformato agli oneri che incombono sul contribuente e del principio in base al quale dovrà esso stesso presentare la documentazione necessaria per il giudizio e diventando per ciò parte attiva nel procedimento di richiesta rimborso.
In questo modo si consolida il principio in base al quale il contribuente, per opporsi in maniera efficace al rifiuto dell’ufficio erariale, dovrà presentare prove per appurare l’infondatezza della pretesa tributaria, e precisando a tal fine come esso valga anche nel caso in cui la documentazione probatoria sia già in possesso da parte dell’Ufficio e, a tal fine, non si ravvisa nemmeno alcuna violazione dell’art. 6 comma 4 della legge n 2012/2000.
Questa particolarità in merito ai procedimenti di rimborso in questione si riflette anche sulle motivazioni del provvedimento di diniego espresso, che dovranno pertanto essere semplicemente sufficienti e adeguati, in modo da delineare gli aspetti essenziali delle ragioni del provvedimento.
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