Collegio sindacale e continuità aziendale, la responsabilità per omesso controllo

Con sentenza n°1784/2019, il Tribunale di Milano fissa il momento, fondamentale nella disciplina del diritto contabile, di passaggio dalla redazione del bilancio con principi civilistici a quella basata su principi in chiave liquidatoria.

la conseguenza del doveroso rilievo del venir meno della continuità aziendale, da parte degli amministratori, e del controllo su tale precondizione da parte dei sindaci, è che ove la prospettiva della continuazione dell’attività sia venuta meno, i principi di redazione del bilancio non sono più quelli dettati ai sensi dell’art. 2426 c.c., bensì quelli imposti dalla prospettiva liquidatoria in cui la società, anche prima della formale constatazione di una causa di scioglimento, deve necessariamente porsi”.

Tale statuizione origina da un’azione di responsabilità promossa da una curatela fallimentare contro gli ex sindaci i quali, con parere, avevano ritenuto sussistenti i presupposti per la continuità aziendale della società e poi, solo un mese dopo, si erano contraddetti pronunciandosi sulla cessazione della continuità aziendale con una trascuratezza ingiustificabile.

Il Tribunale di Milano, nel dichiarare responsabili i sindaci per violazione dei loro doveri di controllo e nel condannarli al risarcimento in favore del Fallimento, individua nel venir meno del going concern quel momento in cui cade la ratio dei principi civilistici di redazione del bilancio e contestualmente nasce l’esigenza di avvalersi di principi più adatti alla situazione di crisi dell’impresa.

La finalità del bilancio di esercizio è fornire una rappresentazione chiara, veritiera e continuata dell’attività d’impresa in bonis.

A conferma di tale finalità, lo Stato Patrimoniale rappresenta e rileva il patrimonio “a valori di funzionamento”, cioè al valore che i beni hanno in quanto inseriti nel ciclo produttivo.

Conseguentemente, i criteri civilistici di valutazione di bilancio sono riferibili ad un’attività d’impresa sana ed in funzionamento: tra questi si ricordano l’iscrizione delle immobilizzazioni al costo di acquisto o di produzione; l’iscrizione nell’attivo, previo consenso dei sindaci, dei costi di impianto ampliamento e sviluppo con utilità pluriennale; l’iscrizione all’attivo dell’avviamento acquistato a titolo oneroso, nei limiti del costo sostenuto e la possibilità di ammortizzarlo secondo la sua vita utile e in ogni caso non oltre i 10 anni.

Al contrario, come ribadito dal Tribunale di Milano, nel caso in cui la società si ponga in chiave liquidatoria sarà necessario valutare i cespiti dell’attivo patrimoniale a valori di presumibile realizzo oltre che eliminare dal bilancio ogni posta incompatibile con il venir meno del going concern, tra cui gli ammortamenti periodici iscritti tra i costi del conto economico.

Luca Chiaretti

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Collegio sindacale e continuità aziendale, la responsabilità per omesso controllo

Con sentenza n°1784/2019, il Tribunale di Milano fissa il momento, fondamentale nella disciplina del diritto contabile, di passaggio dalla redazione del bilancio con principi civilistici a quella basata su principi in chiave liquidatoria.

la conseguenza del doveroso rilievo del venir meno della continuità aziendale, da parte degli amministratori, e del controllo su tale precondizione da parte dei sindaci, è che ove la prospettiva della continuazione dell’attività sia venuta meno, i principi di redazione del bilancio non sono più quelli dettati ai sensi dell’art. 2426 c.c., bensì quelli imposti dalla prospettiva liquidatoria in cui la società, anche prima della formale constatazione di una causa di scioglimento, deve necessariamente porsi”.

Tale statuizione origina da un’azione di responsabilità promossa da una curatela fallimentare contro gli ex sindaci i quali, con parere, avevano ritenuto sussistenti i presupposti per la continuità aziendale della società e poi, solo un mese dopo, si erano contraddetti pronunciandosi sulla cessazione della continuità aziendale con una trascuratezza ingiustificabile.

Il Tribunale di Milano, nel dichiarare responsabili i sindaci per violazione dei loro doveri di controllo e nel condannarli al risarcimento in favore del Fallimento, individua nel venir meno del going concern quel momento in cui cade la ratio dei principi civilistici di redazione del bilancio e contestualmente nasce l’esigenza di avvalersi di principi più adatti alla situazione di crisi dell’impresa.

La finalità del bilancio di esercizio è fornire una rappresentazione chiara, veritiera e continuata dell’attività d’impresa in bonis.

A conferma di tale finalità, lo Stato Patrimoniale rappresenta e rileva il patrimonio “a valori di funzionamento”, cioè al valore che i beni hanno in quanto inseriti nel ciclo produttivo.

Conseguentemente, i criteri civilistici di valutazione di bilancio sono riferibili ad un’attività d’impresa sana ed in funzionamento: tra questi si ricordano l’iscrizione delle immobilizzazioni al costo di acquisto o di produzione; l’iscrizione nell’attivo, previo consenso dei sindaci, dei costi di impianto ampliamento e sviluppo con utilità pluriennale; l’iscrizione all’attivo dell’avviamento acquistato a titolo oneroso, nei limiti del costo sostenuto e la possibilità di ammortizzarlo secondo la sua vita utile e in ogni caso non oltre i 10 anni.

Al contrario, come ribadito dal Tribunale di Milano, nel caso in cui la società si ponga in chiave liquidatoria sarà necessario valutare i cespiti dell’attivo patrimoniale a valori di presumibile realizzo oltre che eliminare dal bilancio ogni posta incompatibile con il venir meno del going concern, tra cui gli ammortamenti periodici iscritti tra i costi del conto economico.

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