Published On: 17 Settembre 2016Categories: Articoli, Diritto del Lavoro, Flavia Lucchetti

Co.co.pro.: contratto non valido se l’attività prestata è oggetto dell’impresa

Lo conferma la sentenza n. 17711/16 della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, che ha confermato il giudizio di merito a favore di una lavoratrice ingiustamente licenziata.

La collaboratrice aveva adito la curia al fine di vedersi riconosciuto un rapporto di lavoro di natura subordinata, in luogo del suo fittizio rapporto di collaborazione a progetto; lamentava di aver svolto mansioni coincidenti con l’oggetto sociale della committente, per un orario prestabilito e sempre nella stessa postazione. Il suo contratto a progetto era stato altresì oggetto di certificazione.

A norma degli artt. 61 e segg. del D.Lgs. n. 276/2003, e della nuova disciplina per le co.co.pro. prevista dal decreto attuativo del Jobs Act n. 81/2015, il progetto non può consistere nella mera riproposizione dell’oggetto sociale della committente. L’art. 69 del D.Lgs. n. 276/2003 prevede inoltre che le collaborazioni instaurate in violazione della norma siano considerate “rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto”.

In secondo grado i giudici hanno ritenuto irrilevante il fatto che il contratto fosse stato certificato, sebbene la certificazione non fosse stata impugnata dalla lavoratrice, valutando che, per l’attività esercitata dalla stessa (puro recupero crediti), il progetto non avesse quei caratteri di specialità che ammettono il ricorso a forme di lavoro diverse dalla subordinazione.

Come ribadito anche dal sopra citato decreto attuativo n.81/2015, infatti, per il nostro ordinamento, il lavoro subordinato rimane la forma naturale di lavoro, rispetto al quale le altre sono speciali.

La Corte d’Appello ha anche dichiarato l’illegittimità del licenziamento subito dalla collaboratrice e le hanno riconosciuto il diritto al risarcimento del danno.

La Corte di Cassazione, armonicamente all’orientamento giurisprudenziale, ha concordato con i giudici del merito su tutti i capi.

Dott.ssa Flavia Lucchetti

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Published On: 17 Settembre 2016Categories: Articoli, Diritto del Lavoro, Flavia LucchettiBy

Co.co.pro.: contratto non valido se l’attività prestata è oggetto dell’impresa

Lo conferma la sentenza n. 17711/16 della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, che ha confermato il giudizio di merito a favore di una lavoratrice ingiustamente licenziata.

La collaboratrice aveva adito la curia al fine di vedersi riconosciuto un rapporto di lavoro di natura subordinata, in luogo del suo fittizio rapporto di collaborazione a progetto; lamentava di aver svolto mansioni coincidenti con l’oggetto sociale della committente, per un orario prestabilito e sempre nella stessa postazione. Il suo contratto a progetto era stato altresì oggetto di certificazione.

A norma degli artt. 61 e segg. del D.Lgs. n. 276/2003, e della nuova disciplina per le co.co.pro. prevista dal decreto attuativo del Jobs Act n. 81/2015, il progetto non può consistere nella mera riproposizione dell’oggetto sociale della committente. L’art. 69 del D.Lgs. n. 276/2003 prevede inoltre che le collaborazioni instaurate in violazione della norma siano considerate “rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto”.

In secondo grado i giudici hanno ritenuto irrilevante il fatto che il contratto fosse stato certificato, sebbene la certificazione non fosse stata impugnata dalla lavoratrice, valutando che, per l’attività esercitata dalla stessa (puro recupero crediti), il progetto non avesse quei caratteri di specialità che ammettono il ricorso a forme di lavoro diverse dalla subordinazione.

Come ribadito anche dal sopra citato decreto attuativo n.81/2015, infatti, per il nostro ordinamento, il lavoro subordinato rimane la forma naturale di lavoro, rispetto al quale le altre sono speciali.

La Corte d’Appello ha anche dichiarato l’illegittimità del licenziamento subito dalla collaboratrice e le hanno riconosciuto il diritto al risarcimento del danno.

La Corte di Cassazione, armonicamente all’orientamento giurisprudenziale, ha concordato con i giudici del merito su tutti i capi.

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