Published On: 24 Marzo 2018Categories: Articoli, Chiara Cavallaro, Diritto Penale

Ciclista investe pedone: punito per lesioni colpose

La condotta del ciclista che, in violazione del principio informatore della circolazione stradale di cui all’art. 140 c.d.s., investe un pedone è riconducibile alla fattispecie di reato di lesioni personali colpose”.

E’ quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione sez. IV Penale con sentenza n. 12635/2018, depositata il 18 marzo, con la quale il Collegio ha dichiarato il ricorso inammissibile e manifestamente infondato e ha altresì condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Nella fattispecie in esame l’imputato era alla guida della bicicletta quando investiva un anziano pedone, il quale riportava delle lesioni lievissime ovvero guaribili in venti giorni.

La responsabilità di tale evento veniva, pertanto, attribuita al ciclista il quale aveva posto in essere una condotta colposa attraverso la violazione dell’art. 140 cod. della strada.

La condanna per lesioni colpose era stata dichiarata dal Giudice di Pace di Imperia e successivamente confermata dal Tribunale.

L’imputato, successivamente, presentava ricorso per diversi motivi: in primis denunciava il vizio di motivazione in relazione al fatto che la sentenza impugnata si fondasse sul mero racconto della persona offesa senza che ci fosse un adeguato contraddittorio che gli permettesse di esimersi dalla responsabilità. In secondo luogo denunciava vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche poiché, secondo il ricorrente, il giudice avrebbe omesso di considerare il concorso di colpa in capo al pedone.

La Corte di Cassazione ha ritenuto manifestamente infondati tutti i motivi di ricorso proposti dall’imputato.

Per quanto attiene il primo motivo di doglianza, gli Ermellini hanno accertato la totale responsabilità dell’imputato escludendo, pertanto, qualsivoglia colpevolezza in capo al pedone, basando la sentenza sulla colpa generica in capo al soggetto reo di aver posto in essere una condotta negligente, imperita e imprudente. Difatti l’imputato avrebbe dovuto prevedere ed evitare l’evento lesivo mantenendo una velocità adeguata alle condizioni della strada.

La Suprema Corte di Cassazione ha inoltre rigettato il secondo motivo di lagnanza relativo al vizio di motivazione in ordine alla mancata invocata applicazione delle attenuanti generiche ex art. 62bis c.p. poiché nel caso di specie non ha ravvisato alcun elemento riconducibile all’applicabilità del principio generale del favor rei nei confronti dell’imputato – eccezion fatta l’incensuratezza del medesimo – non avendo neppure provveduto, il soggetto attivo del reato, al ristoro dei danni cagionati alla vittima.

Dott.ssa Chiara Cavallaro

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Ciclista investe pedone: punito per lesioni colpose

La condotta del ciclista che, in violazione del principio informatore della circolazione stradale di cui all’art. 140 c.d.s., investe un pedone è riconducibile alla fattispecie di reato di lesioni personali colpose”.

E’ quanto statuito dalla Suprema Corte di Cassazione sez. IV Penale con sentenza n. 12635/2018, depositata il 18 marzo, con la quale il Collegio ha dichiarato il ricorso inammissibile e manifestamente infondato e ha altresì condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Nella fattispecie in esame l’imputato era alla guida della bicicletta quando investiva un anziano pedone, il quale riportava delle lesioni lievissime ovvero guaribili in venti giorni.

La responsabilità di tale evento veniva, pertanto, attribuita al ciclista il quale aveva posto in essere una condotta colposa attraverso la violazione dell’art. 140 cod. della strada.

La condanna per lesioni colpose era stata dichiarata dal Giudice di Pace di Imperia e successivamente confermata dal Tribunale.

L’imputato, successivamente, presentava ricorso per diversi motivi: in primis denunciava il vizio di motivazione in relazione al fatto che la sentenza impugnata si fondasse sul mero racconto della persona offesa senza che ci fosse un adeguato contraddittorio che gli permettesse di esimersi dalla responsabilità. In secondo luogo denunciava vizio di motivazione in relazione al diniego delle attenuanti generiche poiché, secondo il ricorrente, il giudice avrebbe omesso di considerare il concorso di colpa in capo al pedone.

La Corte di Cassazione ha ritenuto manifestamente infondati tutti i motivi di ricorso proposti dall’imputato.

Per quanto attiene il primo motivo di doglianza, gli Ermellini hanno accertato la totale responsabilità dell’imputato escludendo, pertanto, qualsivoglia colpevolezza in capo al pedone, basando la sentenza sulla colpa generica in capo al soggetto reo di aver posto in essere una condotta negligente, imperita e imprudente. Difatti l’imputato avrebbe dovuto prevedere ed evitare l’evento lesivo mantenendo una velocità adeguata alle condizioni della strada.

La Suprema Corte di Cassazione ha inoltre rigettato il secondo motivo di lagnanza relativo al vizio di motivazione in ordine alla mancata invocata applicazione delle attenuanti generiche ex art. 62bis c.p. poiché nel caso di specie non ha ravvisato alcun elemento riconducibile all’applicabilità del principio generale del favor rei nei confronti dell’imputato – eccezion fatta l’incensuratezza del medesimo – non avendo neppure provveduto, il soggetto attivo del reato, al ristoro dei danni cagionati alla vittima.

Dott.ssa Chiara Cavallaro

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