Published On: 6 Aprile 2019Categories: Claudio Grimaldi, IMPRESE

Chiusura della procedura di concordato e pubblicazione nel Registro delle Imprese. I contrasti giurisprudenziali

A volte la dicitura “in concordato preventivo” continua ad accompagnare la denominazione sociale nonostante l’avvenuta omologazione del concordato preventivo e, quindi, nonostante la chiusura della fase procedurale svoltasi dinanzi al Tribunale Fallimentare.

Allora si è discusso se fosse possibile chiedere direttamente al Tribunale di emettere, successivamente al decreto di omologazione del concordato preventivo, un ulteriore provvedimento declaratorio dell’avvenuta chiusura della procedura concordataria contenente, anche, l’invito alla Camera di Commercio di provvedere alla relativa annotazione.

Orbene, a fronte di tale tipo di istanze, i vari Tribunali di volta in volta interpellati hanno tuttavia fornito risposte estremamente contrastanti tra di loro.

Si prendano ad esempio i seguenti due provvedimenti emessi, rispettivamente, dal Tribunale di Padova e dal Tribunale di Trento.

  • TRIBUNALE DI PADOVA, SENTENZA DEL 16-29 LUGLIO 2015.

Con la sentenza in discorso il Tribunale di Padova ha ritenuto di dover aderire alla richiesta dell’imprenditore e, quindi, di poter accogliere l’istanza  all’uopo presentata, emettendo dopo l’omologazione del concordato preventivo un provvedimento ulteriore con il quale ha accertato l’avvenuta chiusura della procedura di concordato preventivo per effetto dell’intervenuta omologa del concordato, incaricando contestualmente la cancelleria di comunicare il provvedimento alla Camera di Commercio per ogni annotazione di competenza (cfr. Tribunale di Padova, 16 luglio 2015).  

La motivazione del provvedimento in discorso appare estremamente condivisibile.

Sostanzialmente il Tribunale ha ritenuto che l’annotazione della chiusura della procedura di concordato presso la Camera di Commercio e la conseguente elisione nell’indicazione della società della dicitura “in concordato” fosse opportuna in quanto:

1) il permanere di tale dicitura anche successivamente all’omologa del concordato preventivo era ingiustificata e ciò alla stregua del contenuto dell’art. 181 della Legge Fallimentare secondo cuila procedura di concordato preventivo si chiude con il decreto di omologazione”;

2) l’ingiustificato permanere della dicitura nelle visure camerali pregiudicava di fatto l’impresa (ormai tornata in bonis e nella libertà di agire senza preventive autorizzazioni del Tribunale Fallimentare) nei suoi rapporti con i terzi;

3) l’ingiustificato permanere, nelle visure relative all’impresa, della dicitura “in concordato” non serviva in alcun modo a consentire ai terzi, che di volta in volta sarebbero entrati in contatto con l’impresa, di acquisire adeguata contezza circa la situazione finanziaria di quest’ultima.

Relativamente a quest’ultimo punto il Tribunale di Padova ha evidenziato, innanzitutto, che l’eventuale elisione della ingiustificata dicitura “in concordato” non avrebbe impedito ai terzi di accorgersi della pregressa soggezione dell’impresa alla procedura di concordato preventivo.

Infatti al terzo basterebbe estrarre dalla Camera di Commercio una visura c.d. “storica” della società tornata in bonis e leggerne la storia pregressa e la cronologia degli eventi, individuando la parte relativa alla pregressa ammissione della società alla procedura concordataria.

Pertanto la dicitura “in concordato” non è essenziale per dare evidenza della pregressa procedura concordataria.

Parimenti la medesima dicitura, che sopravvive alla chiusura della procedura concorsuale e compare nelle visure camerali anche dopo l’omologa, non è nemmeno idonea a consentire al terzo di comprendere la situazione finanziaria dell’impresa e ciò in quanto, essendo la società tornata in bonis ed avendo ripreso ad operare in situazione  di sostanziale equilibrio finanziario, il terzo ne potrebbe conoscere la situazione finanziaria attraverso la consultazione di documenti di certo più attendibili (il decreto di omologazione, i bilanci dell’impresa, le relazioni del Commissario giudiziali, le relazioni depositate dallo stesso imprenditore in adempimento degli obblighi informativi imposti dal concordato).

Le motivazioni poste dal Tribunale di Padova a fondamento del proprio convincimento appaiono condivisibili, specialmente nella misura in cui tengono conto del concreto interesse dell’impresa all’eliminazione dalle risultanze camerali di una dizione, quella di impresa “IN CONCORDATO”, che non è più attuale durante la fase di esecuzione del concordato e che pregiudica la normale ripresa delle attività imprenditoriali senza, peraltro, arrecare ai terzi alcun tipo di vantaggio.

  • TRIBUNALE DI TRENTO. DECRETO DEL 13 APRILE 2017

Radicalmente opposta è stata, invece, la posizione assunta circa due anni dopo dal Tribunale di Trento – in funzione di Giudice del Registro – con decreto del 13 aprile 2017.

Con tale decreto il Tribunale ha inteso rigettare il reclamo proposto dall’imprenditore per ottenere l’iscrizione nel Registro delle Imprese della chiusura della procedura concordataria e la conseguente cancellazione della dicitura “in concordato”.

Secondo il Tribunale di Trento la richiesta – inizialmente presentata al Conservatore del Registro delle Imprese –  non era suscettibile di accoglimento in quanto, innanzitutto, non sarebbe contemplata nel nostro ordinamento l’iscrizione della “chiusura della procedura”.

Inoltre, sempre secondo il Tribunale di Trento, la richiesta sarebbe addirittura inammissibile per carenza di un atto da iscrivere presso il Registro delle Imprese.

A parere del medesimo Tribunale, inoltre, la richiesta sarebbe anche superflua in quanto nel Registro delle Imprese viene comunque iscritto il decreto di omologazione, il quale sarebbe di per sé idoneo a garantire la conoscenza dell’intervenuta chiusura della procedura di concordato.

Infine il Tribunale evidenzia che nel nostro ordinamento la cancellazione di un’iscrizione dal registro delle imprese – nel caso in esame della dicitura “in concordato” – ai sensi dell’art. 2191 del c.c. è prevista nel solo caso in cui sia avvenuta in difetto delle condizioni richieste per legge e, peraltro, nel  sistema delle iscrizioni nel Registro delle Imprese non è contemplata la cancellazione dell’iscrizione quale conseguenza dell’assenso espresso dalle parti o, in ogni caso, dell’esaurimento della funzione dell’iscrizione.

In conclusione si evidenzia l’esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di merito relativamente alla possibilità o meno di chiedere, durante la fase esecutiva del concordato preventivo, l’emanazione di un provvedimento del Tribunale che accerti l’avvenuta chiusura della procedura concordataria e che disponga la relativa annotazione nel Registro delle Imprese, con conseguente cancellazione dell’indicazione di impresa come “in concordato”.

Alcuni Tribunali (ad esempio il Tribunale di Padova) ammettono per l’imprenditore una tale possibilità, mentre altri (ad esempio il Tribunale di Trento) escludono che l’imprenditore abbia tale possibilità.

Ad un tale riguardo, anche a tutela della certezza dei rapporti giuridici e per sciogliere ogni dubbio interpretativo, è auspicabile l’intervento di modificazioni legislative finalizzate a porre definitivamente fine ad ogni contrasto di opinioni.

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Chiusura della procedura di concordato e pubblicazione nel Registro delle Imprese. I contrasti giurisprudenziali

A volte la dicitura “in concordato preventivo” continua ad accompagnare la denominazione sociale nonostante l’avvenuta omologazione del concordato preventivo e, quindi, nonostante la chiusura della fase procedurale svoltasi dinanzi al Tribunale Fallimentare.

Allora si è discusso se fosse possibile chiedere direttamente al Tribunale di emettere, successivamente al decreto di omologazione del concordato preventivo, un ulteriore provvedimento declaratorio dell’avvenuta chiusura della procedura concordataria contenente, anche, l’invito alla Camera di Commercio di provvedere alla relativa annotazione.

Orbene, a fronte di tale tipo di istanze, i vari Tribunali di volta in volta interpellati hanno tuttavia fornito risposte estremamente contrastanti tra di loro.

Si prendano ad esempio i seguenti due provvedimenti emessi, rispettivamente, dal Tribunale di Padova e dal Tribunale di Trento.

  • TRIBUNALE DI PADOVA, SENTENZA DEL 16-29 LUGLIO 2015.

Con la sentenza in discorso il Tribunale di Padova ha ritenuto di dover aderire alla richiesta dell’imprenditore e, quindi, di poter accogliere l’istanza  all’uopo presentata, emettendo dopo l’omologazione del concordato preventivo un provvedimento ulteriore con il quale ha accertato l’avvenuta chiusura della procedura di concordato preventivo per effetto dell’intervenuta omologa del concordato, incaricando contestualmente la cancelleria di comunicare il provvedimento alla Camera di Commercio per ogni annotazione di competenza (cfr. Tribunale di Padova, 16 luglio 2015).  

La motivazione del provvedimento in discorso appare estremamente condivisibile.

Sostanzialmente il Tribunale ha ritenuto che l’annotazione della chiusura della procedura di concordato presso la Camera di Commercio e la conseguente elisione nell’indicazione della società della dicitura “in concordato” fosse opportuna in quanto:

1) il permanere di tale dicitura anche successivamente all’omologa del concordato preventivo era ingiustificata e ciò alla stregua del contenuto dell’art. 181 della Legge Fallimentare secondo cuila procedura di concordato preventivo si chiude con il decreto di omologazione”;

2) l’ingiustificato permanere della dicitura nelle visure camerali pregiudicava di fatto l’impresa (ormai tornata in bonis e nella libertà di agire senza preventive autorizzazioni del Tribunale Fallimentare) nei suoi rapporti con i terzi;

3) l’ingiustificato permanere, nelle visure relative all’impresa, della dicitura “in concordato” non serviva in alcun modo a consentire ai terzi, che di volta in volta sarebbero entrati in contatto con l’impresa, di acquisire adeguata contezza circa la situazione finanziaria di quest’ultima.

Relativamente a quest’ultimo punto il Tribunale di Padova ha evidenziato, innanzitutto, che l’eventuale elisione della ingiustificata dicitura “in concordato” non avrebbe impedito ai terzi di accorgersi della pregressa soggezione dell’impresa alla procedura di concordato preventivo.

Infatti al terzo basterebbe estrarre dalla Camera di Commercio una visura c.d. “storica” della società tornata in bonis e leggerne la storia pregressa e la cronologia degli eventi, individuando la parte relativa alla pregressa ammissione della società alla procedura concordataria.

Pertanto la dicitura “in concordato” non è essenziale per dare evidenza della pregressa procedura concordataria.

Parimenti la medesima dicitura, che sopravvive alla chiusura della procedura concorsuale e compare nelle visure camerali anche dopo l’omologa, non è nemmeno idonea a consentire al terzo di comprendere la situazione finanziaria dell’impresa e ciò in quanto, essendo la società tornata in bonis ed avendo ripreso ad operare in situazione  di sostanziale equilibrio finanziario, il terzo ne potrebbe conoscere la situazione finanziaria attraverso la consultazione di documenti di certo più attendibili (il decreto di omologazione, i bilanci dell’impresa, le relazioni del Commissario giudiziali, le relazioni depositate dallo stesso imprenditore in adempimento degli obblighi informativi imposti dal concordato).

Le motivazioni poste dal Tribunale di Padova a fondamento del proprio convincimento appaiono condivisibili, specialmente nella misura in cui tengono conto del concreto interesse dell’impresa all’eliminazione dalle risultanze camerali di una dizione, quella di impresa “IN CONCORDATO”, che non è più attuale durante la fase di esecuzione del concordato e che pregiudica la normale ripresa delle attività imprenditoriali senza, peraltro, arrecare ai terzi alcun tipo di vantaggio.

  • TRIBUNALE DI TRENTO. DECRETO DEL 13 APRILE 2017

Radicalmente opposta è stata, invece, la posizione assunta circa due anni dopo dal Tribunale di Trento – in funzione di Giudice del Registro – con decreto del 13 aprile 2017.

Con tale decreto il Tribunale ha inteso rigettare il reclamo proposto dall’imprenditore per ottenere l’iscrizione nel Registro delle Imprese della chiusura della procedura concordataria e la conseguente cancellazione della dicitura “in concordato”.

Secondo il Tribunale di Trento la richiesta – inizialmente presentata al Conservatore del Registro delle Imprese –  non era suscettibile di accoglimento in quanto, innanzitutto, non sarebbe contemplata nel nostro ordinamento l’iscrizione della “chiusura della procedura”.

Inoltre, sempre secondo il Tribunale di Trento, la richiesta sarebbe addirittura inammissibile per carenza di un atto da iscrivere presso il Registro delle Imprese.

A parere del medesimo Tribunale, inoltre, la richiesta sarebbe anche superflua in quanto nel Registro delle Imprese viene comunque iscritto il decreto di omologazione, il quale sarebbe di per sé idoneo a garantire la conoscenza dell’intervenuta chiusura della procedura di concordato.

Infine il Tribunale evidenzia che nel nostro ordinamento la cancellazione di un’iscrizione dal registro delle imprese – nel caso in esame della dicitura “in concordato” – ai sensi dell’art. 2191 del c.c. è prevista nel solo caso in cui sia avvenuta in difetto delle condizioni richieste per legge e, peraltro, nel  sistema delle iscrizioni nel Registro delle Imprese non è contemplata la cancellazione dell’iscrizione quale conseguenza dell’assenso espresso dalle parti o, in ogni caso, dell’esaurimento della funzione dell’iscrizione.

In conclusione si evidenzia l’esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di merito relativamente alla possibilità o meno di chiedere, durante la fase esecutiva del concordato preventivo, l’emanazione di un provvedimento del Tribunale che accerti l’avvenuta chiusura della procedura concordataria e che disponga la relativa annotazione nel Registro delle Imprese, con conseguente cancellazione dell’indicazione di impresa come “in concordato”.

Alcuni Tribunali (ad esempio il Tribunale di Padova) ammettono per l’imprenditore una tale possibilità, mentre altri (ad esempio il Tribunale di Trento) escludono che l’imprenditore abbia tale possibilità.

Ad un tale riguardo, anche a tutela della certezza dei rapporti giuridici e per sciogliere ogni dubbio interpretativo, è auspicabile l’intervento di modificazioni legislative finalizzate a porre definitivamente fine ad ogni contrasto di opinioni.

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