La Cassazione riconferma le differenze tra mutuo di scopo e mutuo fondiario
Lo scorso 14 aprile 2021 la Terza Sez. della Cassazione Civile si è espressa sulla differenza tra due tipologie di contratto disciplinate in parte dal Codice civile (cfr. art 1813-1822 c.c.), in parte dal Testo unico bancario (cfr. art 38 TUB) ossia: il mutuo di scopo e il mutuo fondiario.
Con questa ulteriore sentenza, la Cassazione ha meglio rimarcato i confini fra le due discipline, conformandosi agli orientamenti prevalenti in materia.
Nel caso di specie, i ricorrenti proponevano ricorso per Cassazione contro la sentenza n. 1528/2018 della Corte di Appello di Bologna che confermava la decisione del giudice di prime cure. I ricorrenti nel 2014 avevano chiesto al Tribunale di Ferrara la nullità o estinzione di due fideiussioni da loro prestate a garanzia di due mutui erogati alla controparte, una società a responsabilità limitata.
La richiesta si fondava sull’assunto che l’amministratore unico della società non avesse utilizzato le somme erogate per lo scopo indicato nei contratti (l’acquisto di un terreno e la costruzione di alcuni immobili, scopo peraltro mai realizzato), ma per l’estinzione di debiti sociali pregressi.
I giudici di merito hanno concluso che entrambi i contratti non avessero natura di mutui di scopo, bensì di mutui fondiari; dunque, entrambi i contratti sono da considerarsi validi e di conseguenza, valide sono anche le relative fideiussioni.
In Cassazione i ricorrenti adducevano una violazione degli artt. 1362,1363,1367 e 1370 c.c. in tema di interpretazione dei contratti, dovendosi considerare tali contratti come mutui di scopo.
La Suprema Corte aderendo a una precedente pronuncia ha valutato positivamente l’inquadramento dei contratti svolto dai giudici di merito; infatti, la Corte ha affermato che il giudice di merito deve evitare di soffermarsi esclusivamente sul senso letterale delle parole e deve invece, attraverso un’interpretazione di tipo “sistematico”, individuare la causa concreta di detti contratti.
Ciò che differenzia infatti il mutuo di scopo dal mutuo fondiario è il fatto che una somma di denaro venga concessa per realizzare una determinata finalità, non soltanto nell’interesse del mutuatario ma anche del mutuante. Dunque, elemento necessario del mutuo di scopo è che la causa del contratto, contenuta nella clausola di destinazione della somma mutuata, coinvolga direttamente anche l’interesse dell’istituto finanziatore:
“Il mutuo di scopo convenzionale è un contratto consensuale parzialmente diverso dal mutuo ex art. 1813 c.c.), data la sua diversa funzione, e il requisito per tale sua classificazione è l’esistenza di un interesse (anche) del mutuante, e non solo del mutuatario, alla destinazione delle somme”(cfr Cass. n.1369/19).
Qualora lo scopo del contratto fosse d’interesse solo per il mutuatario, si realizzerebbe una mera esteriorizzazione dei motivi del negozio, di per sé non sufficiente a modificare la tipologia contrattuale. Dunque, secondo la Cassazione, necessario a qualificare un contratto come mutuo di scopo è la predisposizione di un programma contrattuale, teso alla realizzazione dello scopo indicato.
Sul tema è stata confermata un’altra posizione assunta dalla II sezione civile pochi mesi prima:
“Il mutuo di scopo risponde alla funzione di procurare al mutuatario i mezzi economici destinati al raggiungimento di una determinata finalità, comune al finanziatore, la quale, integrando la struttura del negozio, ne amplia la causa rispetto alla sua normale consistenza, sia in relazione al profilo strutturale, perché il mutuatario non si obbliga solo a restituire la somma mutuata e a corrispondere gli interessi, ma anche a realizzare lo scopo concordato, mediante l’attuazione in concreto del programma negoziale, sia in relazione al profilo funzionale, perché nel sinallagma assume rilievo essenziale proprio l’impegno del mutuatario a realizzare la prestazione attuativa.
La destinazione delle somme mutuate alla finalità programmata assurge pertanto a componente imprescindibile del regolamento di interessi concordato, incidendo sulla causa del contratto fino a coinvolgere direttamente l’interesse dell’istituto finanziatore, ed è perciò l’impegno del mutuatario a realizzare tale destinazione che assume rilevanza corrispettiva, non essendo invece indispensabile che il richiamato interesse del finanziatore sia bilanciato in termini sinallagmatici, oltre che con la corresponsione della somma mutuata, anche mediante il riconoscimento di un tasso di interesse agevolato al mutuatario” (Cass. n. 20552/2020).
Quindi, questo elemento strutturale differenzia il mutuo di scopo anche dallo schema tipico ex art 1813 c.c. Il mutuatario, infatti, si obbliga non soltanto a restituire la somma ottenuta e gli interessi maturati, ma anche ad attuare l’attività programmata, lo scopo dell’operazione di finanziamento (cfr. Cass. n. 12123/1990).
Pertanto, soltanto nel caso di mutuo di scopo, l’inosservanza della destinazione indicata in contratto rileva ai fini della validità, o meglio dell’invalidità, del contratto stesso.
Conclusivamente, per tutti i motivi anzidetti la Cassazione nel caso oggetto del giudizio, ha rigettato i motivi dei ricorrenti, confermando l’inquadramento del giudice di II grado: i contratti non potevano essere qualificati come mutui di scopo bensì come mutui fondiari.
La Cassazione riconferma le differenze tra mutuo di scopo e mutuo fondiario
Lo scorso 14 aprile 2021 la Terza Sez. della Cassazione Civile si è espressa sulla differenza tra due tipologie di contratto disciplinate in parte dal Codice civile (cfr. art 1813-1822 c.c.), in parte dal Testo unico bancario (cfr. art 38 TUB) ossia: il mutuo di scopo e il mutuo fondiario.
Con questa ulteriore sentenza, la Cassazione ha meglio rimarcato i confini fra le due discipline, conformandosi agli orientamenti prevalenti in materia.
Nel caso di specie, i ricorrenti proponevano ricorso per Cassazione contro la sentenza n. 1528/2018 della Corte di Appello di Bologna che confermava la decisione del giudice di prime cure. I ricorrenti nel 2014 avevano chiesto al Tribunale di Ferrara la nullità o estinzione di due fideiussioni da loro prestate a garanzia di due mutui erogati alla controparte, una società a responsabilità limitata.
La richiesta si fondava sull’assunto che l’amministratore unico della società non avesse utilizzato le somme erogate per lo scopo indicato nei contratti (l’acquisto di un terreno e la costruzione di alcuni immobili, scopo peraltro mai realizzato), ma per l’estinzione di debiti sociali pregressi.
I giudici di merito hanno concluso che entrambi i contratti non avessero natura di mutui di scopo, bensì di mutui fondiari; dunque, entrambi i contratti sono da considerarsi validi e di conseguenza, valide sono anche le relative fideiussioni.
In Cassazione i ricorrenti adducevano una violazione degli artt. 1362,1363,1367 e 1370 c.c. in tema di interpretazione dei contratti, dovendosi considerare tali contratti come mutui di scopo.
La Suprema Corte aderendo a una precedente pronuncia ha valutato positivamente l’inquadramento dei contratti svolto dai giudici di merito; infatti, la Corte ha affermato che il giudice di merito deve evitare di soffermarsi esclusivamente sul senso letterale delle parole e deve invece, attraverso un’interpretazione di tipo “sistematico”, individuare la causa concreta di detti contratti.
Ciò che differenzia infatti il mutuo di scopo dal mutuo fondiario è il fatto che una somma di denaro venga concessa per realizzare una determinata finalità, non soltanto nell’interesse del mutuatario ma anche del mutuante. Dunque, elemento necessario del mutuo di scopo è che la causa del contratto, contenuta nella clausola di destinazione della somma mutuata, coinvolga direttamente anche l’interesse dell’istituto finanziatore:
“Il mutuo di scopo convenzionale è un contratto consensuale parzialmente diverso dal mutuo ex art. 1813 c.c.), data la sua diversa funzione, e il requisito per tale sua classificazione è l’esistenza di un interesse (anche) del mutuante, e non solo del mutuatario, alla destinazione delle somme”(cfr Cass. n.1369/19).
Qualora lo scopo del contratto fosse d’interesse solo per il mutuatario, si realizzerebbe una mera esteriorizzazione dei motivi del negozio, di per sé non sufficiente a modificare la tipologia contrattuale. Dunque, secondo la Cassazione, necessario a qualificare un contratto come mutuo di scopo è la predisposizione di un programma contrattuale, teso alla realizzazione dello scopo indicato.
Sul tema è stata confermata un’altra posizione assunta dalla II sezione civile pochi mesi prima:
“Il mutuo di scopo risponde alla funzione di procurare al mutuatario i mezzi economici destinati al raggiungimento di una determinata finalità, comune al finanziatore, la quale, integrando la struttura del negozio, ne amplia la causa rispetto alla sua normale consistenza, sia in relazione al profilo strutturale, perché il mutuatario non si obbliga solo a restituire la somma mutuata e a corrispondere gli interessi, ma anche a realizzare lo scopo concordato, mediante l’attuazione in concreto del programma negoziale, sia in relazione al profilo funzionale, perché nel sinallagma assume rilievo essenziale proprio l’impegno del mutuatario a realizzare la prestazione attuativa.
La destinazione delle somme mutuate alla finalità programmata assurge pertanto a componente imprescindibile del regolamento di interessi concordato, incidendo sulla causa del contratto fino a coinvolgere direttamente l’interesse dell’istituto finanziatore, ed è perciò l’impegno del mutuatario a realizzare tale destinazione che assume rilevanza corrispettiva, non essendo invece indispensabile che il richiamato interesse del finanziatore sia bilanciato in termini sinallagmatici, oltre che con la corresponsione della somma mutuata, anche mediante il riconoscimento di un tasso di interesse agevolato al mutuatario” (Cass. n. 20552/2020).
Quindi, questo elemento strutturale differenzia il mutuo di scopo anche dallo schema tipico ex art 1813 c.c. Il mutuatario, infatti, si obbliga non soltanto a restituire la somma ottenuta e gli interessi maturati, ma anche ad attuare l’attività programmata, lo scopo dell’operazione di finanziamento (cfr. Cass. n. 12123/1990).
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