Published On: 17 Luglio 2016Categories: Articoli, Diritto Penale, Valentina Lieto

Capitali all'estero: reato di riciclaggio se c'è prova di delitto precedente

Con la sentenza n. 13901 del 7 aprile 2016 la Corte di Cassazione sezione penale ha sancito il principio secondo cui :”in ipotesi di rinvenimento di capitali illecitamente detenuti all’estero il reato di riciclaggio può ritenersi configurabile solo qualora l’accusa riesca a dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la realizzazione di un precedente delitto. La prova dell’esistenza del  reato presupposto è requisito indefettibile per l’addebito della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 648 bis c.p.”.

Il caso di specie ha ad oggetto il reato previsto e disciplinato dall’art. 648 bis c.p., con procedimento penale che ha visto l’imputato assolto per non aver commesso il fatto ex art. 530 comma 1 c.p.p.

L’imputato, secondo l’accusa sarebbe stato responsabile del reato suindicato perché avrebbe riportato in Italia delle ingenti somme di denaro trasferite all’estero ed in località a fiscalità privilegiata dal padre, ciò andando a costituire da parte di quest’ultimo una condotta realizzativa di reato in materia fiscale la cui sussistenza si poteva secondo l’accusa evincere da una serie di circostanze determinate.

Il reato presupposto sarebbe dunque stato compiuto dal padre dell’imputato e si sarebbe trattato secondo le tesi accusatorie di reato in materia fiscale. Mentre l’attribuzione del fatto di reato di cui all’art. 648 c.p. all’imputato stesso sarebbe stata dovuta alla condotta dallo stesso tenuta di rimpatrio delle somme in questione, nella consapevolezza della loro provenienza illecita.

Al fine di provare la consapevolezza nell’imputato della provenienza illecita delle somme, l’accusa adduceva il fatto che il figlio al fine di rimpatriare le somme si era rivolto a dei consulenti ed aveva successivamente distrutto la relativa documentazione presente sul suo pc.

Le somme in questione sarebbero state rimpatriate dall’imputato mediante la costituzione in Italia di società offshore.

Tuttavia la II sezione penale della Corte di Cassazione riteneva di respingere le tesi accusatorie e condivideva il ragionamento posto a base della decisione di merito dalla Corte d’Appello di Milano, ritenendo non possibile la configurazione del reato ex art. 648 c.p. e la sua attribuzione ad un soggetto quando c’è incertezza sull’esistenza del reato presupposto.

Dott.ssa Valentina Lieto

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Published On: 17 Luglio 2016Categories: Articoli, Diritto Penale, Valentina LietoBy

Capitali all'estero: reato di riciclaggio se c'è prova di delitto precedente

Con la sentenza n. 13901 del 7 aprile 2016 la Corte di Cassazione sezione penale ha sancito il principio secondo cui :”in ipotesi di rinvenimento di capitali illecitamente detenuti all’estero il reato di riciclaggio può ritenersi configurabile solo qualora l’accusa riesca a dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la realizzazione di un precedente delitto. La prova dell’esistenza del  reato presupposto è requisito indefettibile per l’addebito della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 648 bis c.p.”.

Il caso di specie ha ad oggetto il reato previsto e disciplinato dall’art. 648 bis c.p., con procedimento penale che ha visto l’imputato assolto per non aver commesso il fatto ex art. 530 comma 1 c.p.p.

L’imputato, secondo l’accusa sarebbe stato responsabile del reato suindicato perché avrebbe riportato in Italia delle ingenti somme di denaro trasferite all’estero ed in località a fiscalità privilegiata dal padre, ciò andando a costituire da parte di quest’ultimo una condotta realizzativa di reato in materia fiscale la cui sussistenza si poteva secondo l’accusa evincere da una serie di circostanze determinate.

Il reato presupposto sarebbe dunque stato compiuto dal padre dell’imputato e si sarebbe trattato secondo le tesi accusatorie di reato in materia fiscale. Mentre l’attribuzione del fatto di reato di cui all’art. 648 c.p. all’imputato stesso sarebbe stata dovuta alla condotta dallo stesso tenuta di rimpatrio delle somme in questione, nella consapevolezza della loro provenienza illecita.

Al fine di provare la consapevolezza nell’imputato della provenienza illecita delle somme, l’accusa adduceva il fatto che il figlio al fine di rimpatriare le somme si era rivolto a dei consulenti ed aveva successivamente distrutto la relativa documentazione presente sul suo pc.

Le somme in questione sarebbero state rimpatriate dall’imputato mediante la costituzione in Italia di società offshore.

Tuttavia la II sezione penale della Corte di Cassazione riteneva di respingere le tesi accusatorie e condivideva il ragionamento posto a base della decisione di merito dalla Corte d’Appello di Milano, ritenendo non possibile la configurazione del reato ex art. 648 c.p. e la sua attribuzione ad un soggetto quando c’è incertezza sull’esistenza del reato presupposto.

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