Diritto penale
Published On: 9 Maggio 2014Categories: Articoli, Diritto Penale

Baby-squillo: la promessa di denaro non è induzione alla prostituzione

La Cassazione a Sezioni Unite si è pronunciata di recente (Sentenza N. 16207/2014 del 14.04.2014) al fine di stabilire i confini interpretativi dell’art. 600 bis c.p. (Prostituzione Minorile) ed in particolare  “se la condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca una persona minore di età ad intrattenere rapporti sessuali esclusivamente con il soggetto agente, integri gli estremi della fattispecie di cui al comma primo o di cui all’art. 600 bis c.p., comma 2“.

Date le recenti notizie di cronaca e il dilagare dei fenomeni di adolescenti che si spingono ad atti sessuali in cambio di pochi euro, l’argomento di cui alla sentenza in commento è da considerare di enorme attualità.

Per intenderci, l’art. 600 bis .c.p. prevede due fattispecie di reato:

a) la più grave ipotesi di cui al primo comma, fattispecie destinata a punire coloro che avviano i minori all’attività di prostituzione, li trattengono in tale attività e ne traggono vantaggio;

b) la più lieve ipotesi di cui al secondo comma, funzionale alla punizione di coloro che si limitano a compiere atti sessuali a pagamento con soggetti minorenni, indipendentemente dal fatto che questi ultimi siano o meno già dediti ad attività di mercimonio sessuale del proprio corpo.

La vigente formulazione della norma  –  così come riformata, per ultimo, dalla legge 1 ottobre 2012, n. 172 (entrata in vigore il 23 ottobre 2012) con la quale l’Italia ha ratificato e dato esecuzione alla Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, stipulata a Lanzarote il 25 ottobre 2007 – prevede, di conseguenza, un trattamento sanzionatorio molto differente a seconda che si tratti dell’ipotesi di induzione (punizione con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da Euro 15.000 a Euro 150.000) dalla semplice ipotesi di atti sessuali con minorenni punita con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da Euro 1.500 a Euro 6.000.

Il caso oggetto della Sentenza riguardava un soggetto che compiva atti sessuali con tre ragazzi minorenni,   prossimi però al raggiungimento della maggiore età,   in cambio di ospitalità loro fornita e di modeste ancorché sistematiche regalie in denaro.

Ebbene, la Suprema Corte ha ritenuto di annullare la sentenza che condannava il soggetto agente per l’ipotesi più grave di induzione alla prostituzione e hanno statuito che la condotta consistente nel promettere o dare denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca una persona di età compresa tra i quattordici ed i diciotto anni ad intrattenere rapporti sessuali esclusivamente con il soggetto agente, integra gli estremi della fattispecie di cui al comma secondo dell’art. 600 bis cod pen., e non quella di induzione alla prostituzione minorile di cui al comma primo dello stesso articolo. 

Le Sezioni Unite hanno ragionato in tali termini:

–  l’atto sessuale compiuto dal minore prostituito, a differenza di quanto avviene per i maggiorenni, non può essere inquadrato in un’area di libertà perché presuntivamente non ha ancora raggiunto quel livello di maturità tale da consentirgli una valutazione davvero consapevole in ordine alle ricadute della mercificazione del proprio corpo;

– tale assenza di libertà della prostituzione minorile, di cui il fruitore della prestazione sessuale non può non essere a conoscenza, discende – in forza della precisa incriminazione prevista dal comma secondo dell’art.600 bis c.p. – la punibilità della condotta del cliente medesimo, che diversamente è immune da sanzione penale quando viene in rapporto, sempre da cliente, con la prostituzione del soggetto adulto;

– nella nostra tradizione giuridica il tipo normativo della “induzione alla prostituzione” si pone – infatti – dal lato dell’offerta del sesso mercenario e non della domanda, sicché la basilare distinzione fra induttore e cliente deve muoversi fra attività rientranti nell’ambito dell’offerta di prostituzione e attività rientranti nell’ambito della domanda.

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Baby-squillo: la promessa di denaro non è induzione alla prostituzione

La Cassazione a Sezioni Unite si è pronunciata di recente (Sentenza N. 16207/2014 del 14.04.2014) al fine di stabilire i confini interpretativi dell’art. 600 bis c.p. (Prostituzione Minorile) ed in particolare  “se la condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca una persona minore di età ad intrattenere rapporti sessuali esclusivamente con il soggetto agente, integri gli estremi della fattispecie di cui al comma primo o di cui all’art. 600 bis c.p., comma 2“.

Date le recenti notizie di cronaca e il dilagare dei fenomeni di adolescenti che si spingono ad atti sessuali in cambio di pochi euro, l’argomento di cui alla sentenza in commento è da considerare di enorme attualità.

Per intenderci, l’art. 600 bis .c.p. prevede due fattispecie di reato:

a) la più grave ipotesi di cui al primo comma, fattispecie destinata a punire coloro che avviano i minori all’attività di prostituzione, li trattengono in tale attività e ne traggono vantaggio;

b) la più lieve ipotesi di cui al secondo comma, funzionale alla punizione di coloro che si limitano a compiere atti sessuali a pagamento con soggetti minorenni, indipendentemente dal fatto che questi ultimi siano o meno già dediti ad attività di mercimonio sessuale del proprio corpo.

La vigente formulazione della norma  –  così come riformata, per ultimo, dalla legge 1 ottobre 2012, n. 172 (entrata in vigore il 23 ottobre 2012) con la quale l’Italia ha ratificato e dato esecuzione alla Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, stipulata a Lanzarote il 25 ottobre 2007 – prevede, di conseguenza, un trattamento sanzionatorio molto differente a seconda che si tratti dell’ipotesi di induzione (punizione con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da Euro 15.000 a Euro 150.000) dalla semplice ipotesi di atti sessuali con minorenni punita con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da Euro 1.500 a Euro 6.000.

Il caso oggetto della Sentenza riguardava un soggetto che compiva atti sessuali con tre ragazzi minorenni,   prossimi però al raggiungimento della maggiore età,   in cambio di ospitalità loro fornita e di modeste ancorché sistematiche regalie in denaro.

Ebbene, la Suprema Corte ha ritenuto di annullare la sentenza che condannava il soggetto agente per l’ipotesi più grave di induzione alla prostituzione e hanno statuito che la condotta consistente nel promettere o dare denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca una persona di età compresa tra i quattordici ed i diciotto anni ad intrattenere rapporti sessuali esclusivamente con il soggetto agente, integra gli estremi della fattispecie di cui al comma secondo dell’art. 600 bis cod pen., e non quella di induzione alla prostituzione minorile di cui al comma primo dello stesso articolo. 

Le Sezioni Unite hanno ragionato in tali termini:

–  l’atto sessuale compiuto dal minore prostituito, a differenza di quanto avviene per i maggiorenni, non può essere inquadrato in un’area di libertà perché presuntivamente non ha ancora raggiunto quel livello di maturità tale da consentirgli una valutazione davvero consapevole in ordine alle ricadute della mercificazione del proprio corpo;

– tale assenza di libertà della prostituzione minorile, di cui il fruitore della prestazione sessuale non può non essere a conoscenza, discende – in forza della precisa incriminazione prevista dal comma secondo dell’art.600 bis c.p. – la punibilità della condotta del cliente medesimo, che diversamente è immune da sanzione penale quando viene in rapporto, sempre da cliente, con la prostituzione del soggetto adulto;

– nella nostra tradizione giuridica il tipo normativo della “induzione alla prostituzione” si pone – infatti – dal lato dell’offerta del sesso mercenario e non della domanda, sicché la basilare distinzione fra induttore e cliente deve muoversi fra attività rientranti nell’ambito dell’offerta di prostituzione e attività rientranti nell’ambito della domanda.

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