Published On: 28 Maggio 2017Categories: Andrea Paolucci, Articoli, Diritto amministrativo

Atto amministrativo, la qualificazione sull'effettivo contenuto e sugli effetti concretamente prodotti

“La qualificazione di un atto amministrativo deve essere operata sulla base del suo effettivo contenuto e degli effetti concretamente prodotti, e non anche del nomen juris assegnatogli dall’Autorità emanante”: questo è quanto affermato dal Consiglio di Stato, sezione IV, con la sentenza n. 1718 del 13 aprile 2017.

Con sentenza n. 1093/11 il TAR Toscana respingeva il ricorso, proposto dall’odierna appellante, concernente la sospensione in via di autotutela del regolamento urbanistico del Comune di Firenze.

L’originale ricorrente, pertanto, proponeva appello in Consiglio di Stato.

Secondo i Giudici di Palazzo Spada aditi “sull’amministrazione comunale incombe un vero e proprio obbligo giuridico di integrare la disciplina del territorio nelle parti decadute o comunque carenti. Il che però è quanto precisamente fatto nel caso di specie dal comune”.

È consolidato infatti in giurisprudenza”, proseguono i Giudici, “il criterio secondo cui la qualificazione di un atto amministrativo deve essere operata sulla base del suo effettivo contenuto e degli effetti concretamente prodotti, e non anche del nomen juris assegnatogli dall’Autorità emanante. Ora, dall’esame delle deliberazioni consiliari in controversia si evince chiaramente a giudizio del Collegio che la inibitoria investì, nella sostanza, non la pregressa strumentazione di governo del territorio globalmente considerata ma soltanto le previsioni volumetriche del regolamento relative alle zone residenziali e anzi, come chiarito in occasione della proroga, alla sola zona B, che era poi quella ove si annidava lo scostamento più stravolgente dai limiti massimi fissati in sede strutturale. Ne consegue, dal momento che la sospensione era esclusivamente, e ragionevolmente, finalizzata ad impedire una edificazione fondata su un atto rivelatosi illegittimo, che il mezzo va respinto”.

Come chiarito dalla Giurisprudenza della Sezione”, conclude il Collegio adito, “l’esistenza di una precedente diversa previsione urbanistica non comporta per l’Amministrazione la necessità di fornire particolari spiegazioni sulle ragioni delle differenti scelte operate, anche quando queste siano nettamente peggiorative per i proprietari e per le loro aspettative, dovendosi in tali altri casi dare prevalente rilievo all’interesse pubblico che le nuove scelte pianificatorie intendono perseguire”.

L’appello, pertanto, veniva respinto.

Dott. Andrea Paolucci

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Published On: 28 Maggio 2017Categories: Andrea Paolucci, Articoli, Diritto amministrativoBy

Atto amministrativo, la qualificazione sull'effettivo contenuto e sugli effetti concretamente prodotti

“La qualificazione di un atto amministrativo deve essere operata sulla base del suo effettivo contenuto e degli effetti concretamente prodotti, e non anche del nomen juris assegnatogli dall’Autorità emanante”: questo è quanto affermato dal Consiglio di Stato, sezione IV, con la sentenza n. 1718 del 13 aprile 2017.

Con sentenza n. 1093/11 il TAR Toscana respingeva il ricorso, proposto dall’odierna appellante, concernente la sospensione in via di autotutela del regolamento urbanistico del Comune di Firenze.

L’originale ricorrente, pertanto, proponeva appello in Consiglio di Stato.

Secondo i Giudici di Palazzo Spada aditi “sull’amministrazione comunale incombe un vero e proprio obbligo giuridico di integrare la disciplina del territorio nelle parti decadute o comunque carenti. Il che però è quanto precisamente fatto nel caso di specie dal comune”.

È consolidato infatti in giurisprudenza”, proseguono i Giudici, “il criterio secondo cui la qualificazione di un atto amministrativo deve essere operata sulla base del suo effettivo contenuto e degli effetti concretamente prodotti, e non anche del nomen juris assegnatogli dall’Autorità emanante. Ora, dall’esame delle deliberazioni consiliari in controversia si evince chiaramente a giudizio del Collegio che la inibitoria investì, nella sostanza, non la pregressa strumentazione di governo del territorio globalmente considerata ma soltanto le previsioni volumetriche del regolamento relative alle zone residenziali e anzi, come chiarito in occasione della proroga, alla sola zona B, che era poi quella ove si annidava lo scostamento più stravolgente dai limiti massimi fissati in sede strutturale. Ne consegue, dal momento che la sospensione era esclusivamente, e ragionevolmente, finalizzata ad impedire una edificazione fondata su un atto rivelatosi illegittimo, che il mezzo va respinto”.

Come chiarito dalla Giurisprudenza della Sezione”, conclude il Collegio adito, “l’esistenza di una precedente diversa previsione urbanistica non comporta per l’Amministrazione la necessità di fornire particolari spiegazioni sulle ragioni delle differenti scelte operate, anche quando queste siano nettamente peggiorative per i proprietari e per le loro aspettative, dovendosi in tali altri casi dare prevalente rilievo all’interesse pubblico che le nuove scelte pianificatorie intendono perseguire”.

L’appello, pertanto, veniva respinto.

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