Published On: 10 Settembre 2016Categories: Articoli, Diritto Penale, Marco Conti

Archiviazione per tenuità del fatto, contraddittorio comunque necessario

La Suprema Corte, con la sentenza n. 36857 del 7 luglio 2016, ha statuito il seguente principio di diritto: Il provvedimento di archiviazione previsto dall’art. 411, comma 1, c.p.p., anche per l’ipotesi di non punibilità della persona sottoposta alle indagini ai sensi dell’art. 131-bis c.p. per particolare tenuità del fatto, è nullo se non si osservano le disposizioni processuali speciali previste dall’art. 411, comma 1-bis, c.p.p., non garantendo il necessario contraddittorio sul punto le più generali disposizioni previste dagli artt. 408 e seguenti c.p.p.”.

Nel caso di specie il Gip aveva emesso un provvedimento di archiviazione ai sensi dell’art. 131 bis c.p. relativo ad un procedimento riguardante un soggetto indagato per il reato di diffamazione di cui all’art. 595 c.p. Il p.m., a conclusione delle indagini preliminari, aveva proposto richiesta di archiviazione fondandosi però, al contrario del decreto disposto poi dal giudice, sulla non consumazione del delitto da parte della persona indagata. Quest’ultima, avendo interesse all’impugnazione in quanto il decreto di archiviazione disposto dal Gip ai sensi dell’art. 131 bis c.p. presuppone la commissione del fatto, proponeva ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte veniva così adita dall’indagata che si doleva della lesione del proprio diritto di difesa, in quanto chiamata a discutere sulla richiesta di archiviazione del pubblico ministero, a cui si era opposta la persona offesa, imperniata su aspetti prettamente di merito e non, dunque, su di un provvedimento che presupponesse la commissione dell’azione.

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla questione, si trovava così a valutare l’adeguata applicazione dell’art. 411 comma 1 bis c.p.p. da parte del Gip, il quale aveva disposto il decreto di archiviazione  sull’assunto secondo il quale tale disposizione gli consentisse di statuire la “particolare tenuità del fatto” nonostante questa non fosse stata eccepita nella richiesta di archiviazione presentata dal p.m. Ciò in evidente contrasto, inoltre, con il diritto di difesa della persona indagata che, in caso di richiesta di archiviazione ai sensi dell’art. 131 bis c.p., deve necessariamente essere edotta.

Il Giudice di legittimità, nel caso di specie, ha ritenuto erronea la decisione del Gip in quanto emessa in violazione dell’art. 411 comma 1 bis che esplicitamente consente al giudice di adottare un provvedimento di archiviazione ai sensi dell’art. 131 bis c.p., solo nel caso in cui quest’ultimo costituisca oggetto della richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero. Inoltre, come accennato in precedenza, tale richiesta, quando s’impernia sulla particolare tenuità del fatto, deve essere portata a conoscenza sia della persona offesa, sia della persona indagata, che chiaramente in questa circostanza avrebbe l’interesse ad impugnare, in modo tale da costituire un regolare contraddittorio nel corso dell’udienza fissata per la discussione.

Con la sentenza de qua, dunque, la Suprema Corte ha concluso per l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato dalla persona indagata, disponendo la trasmissione degli atti al giudice delle indagini preliminari.

Dott. Marco Conti

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Archiviazione per tenuità del fatto, contraddittorio comunque necessario

La Suprema Corte, con la sentenza n. 36857 del 7 luglio 2016, ha statuito il seguente principio di diritto: Il provvedimento di archiviazione previsto dall’art. 411, comma 1, c.p.p., anche per l’ipotesi di non punibilità della persona sottoposta alle indagini ai sensi dell’art. 131-bis c.p. per particolare tenuità del fatto, è nullo se non si osservano le disposizioni processuali speciali previste dall’art. 411, comma 1-bis, c.p.p., non garantendo il necessario contraddittorio sul punto le più generali disposizioni previste dagli artt. 408 e seguenti c.p.p.”.

Nel caso di specie il Gip aveva emesso un provvedimento di archiviazione ai sensi dell’art. 131 bis c.p. relativo ad un procedimento riguardante un soggetto indagato per il reato di diffamazione di cui all’art. 595 c.p. Il p.m., a conclusione delle indagini preliminari, aveva proposto richiesta di archiviazione fondandosi però, al contrario del decreto disposto poi dal giudice, sulla non consumazione del delitto da parte della persona indagata. Quest’ultima, avendo interesse all’impugnazione in quanto il decreto di archiviazione disposto dal Gip ai sensi dell’art. 131 bis c.p. presuppone la commissione del fatto, proponeva ricorso in Cassazione.

La Suprema Corte veniva così adita dall’indagata che si doleva della lesione del proprio diritto di difesa, in quanto chiamata a discutere sulla richiesta di archiviazione del pubblico ministero, a cui si era opposta la persona offesa, imperniata su aspetti prettamente di merito e non, dunque, su di un provvedimento che presupponesse la commissione dell’azione.

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla questione, si trovava così a valutare l’adeguata applicazione dell’art. 411 comma 1 bis c.p.p. da parte del Gip, il quale aveva disposto il decreto di archiviazione  sull’assunto secondo il quale tale disposizione gli consentisse di statuire la “particolare tenuità del fatto” nonostante questa non fosse stata eccepita nella richiesta di archiviazione presentata dal p.m. Ciò in evidente contrasto, inoltre, con il diritto di difesa della persona indagata che, in caso di richiesta di archiviazione ai sensi dell’art. 131 bis c.p., deve necessariamente essere edotta.

Il Giudice di legittimità, nel caso di specie, ha ritenuto erronea la decisione del Gip in quanto emessa in violazione dell’art. 411 comma 1 bis che esplicitamente consente al giudice di adottare un provvedimento di archiviazione ai sensi dell’art. 131 bis c.p., solo nel caso in cui quest’ultimo costituisca oggetto della richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero. Inoltre, come accennato in precedenza, tale richiesta, quando s’impernia sulla particolare tenuità del fatto, deve essere portata a conoscenza sia della persona offesa, sia della persona indagata, che chiaramente in questa circostanza avrebbe l’interesse ad impugnare, in modo tale da costituire un regolare contraddittorio nel corso dell’udienza fissata per la discussione.

Con la sentenza de qua, dunque, la Suprema Corte ha concluso per l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato dalla persona indagata, disponendo la trasmissione degli atti al giudice delle indagini preliminari.

Dott. Marco Conti

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