Ammissione al concordato, credito professionista dev'essere soddisfatto in prededuzione?
Con sentenza n. 8958 del 2014, la Corte di Cassazione si è trovata a valutare se i crediti dei professionisti maturati per l’attività professionale prestata in favore della società – poi fallita – in relazione alla presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo devono essere collocati o meno in prededuzione.
La questione è stata già affrontata dalla Suprema Corte in precedenti pronunce ed è stata risolta nel senso che anche questi crediti rientrano tra quelli da soddisfarsi in prededuzione ai sensi dell’art. 111, secondo comma, della legge fall., come modificato dall’art. 99 del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.
La Corte di Cassazione ha infatti affermato che la “norma, nell’indicare come prededucibili i crediti “così qualificati da una specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge”, detta un precetto di carattere generale che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d’impresa, introduce un’eccezione al principio della par condicio creditorum, estendendo, in caso di fallimento, la prededucibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali (cfr. Cass., Sez. 1, 18 aprile 2013, n. 9489; 8 aprile 2013, n. 8533)”.
Il legislatore, attraverso la limitazione del beneficio ai crediti sorti “in occasione o in funzione” di procedure concorsuali, ha inteso riferirsi in via alternativa ad obbligazioni derivanti da attività svolte nell’ambito della procedura o comunque strumentali alle finalità della stessa.
È stato infatti precisato che “al di fuori dell’ipotesi in cui il credito si riferisca ad obbligazioni contratte direttamente dagli organi della procedura per gli scopi della procedura stessa, il collegamento occasionale ovvero funzionale posto dal dettato normativo deve intendersi riferito al nesso, non tanto cronologico né solo teleologico, tra l’insorgere del credito e gli scopi della procedura, strumentale in quanto tale a garantire la sola stabilità del rapporto tra il terzo e l’organo fallimentare, ma altresì nel senso che il pagamento di quel credito, ancorché avente natura concorsuale, rientra negli interessi della massa, e dunque risponde allo scopo della procedura, in quanto inerisce alla gestione fallimentare (cfr. Cass., Sez. I, 7 marzo 2013, n. 5705; 5 marzo 2012, n. 3402)”.
Non può quindi escludersi l’ammissione al beneficio dei crediti derivanti da attività svolte in giudizi già pendenti alla data apertura della procedura, in virtù d’incarichi precedentemente conferiti dall’imprenditore, a condizione ovviamente che dalla relativa verifica ne emerga l’adeguatezza funzionale agli interessi della massa.
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La questione è stata già affrontata dalla Suprema Corte in precedenti pronunce ed è stata risolta nel senso che anche questi crediti rientrano tra quelli da soddisfarsi in prededuzione ai sensi dell’art. 111, secondo comma, della legge fall., come modificato dall’art. 99 del d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5.
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È stato infatti precisato che “al di fuori dell’ipotesi in cui il credito si riferisca ad obbligazioni contratte direttamente dagli organi della procedura per gli scopi della procedura stessa, il collegamento occasionale ovvero funzionale posto dal dettato normativo deve intendersi riferito al nesso, non tanto cronologico né solo teleologico, tra l’insorgere del credito e gli scopi della procedura, strumentale in quanto tale a garantire la sola stabilità del rapporto tra il terzo e l’organo fallimentare, ma altresì nel senso che il pagamento di quel credito, ancorché avente natura concorsuale, rientra negli interessi della massa, e dunque risponde allo scopo della procedura, in quanto inerisce alla gestione fallimentare (cfr. Cass., Sez. I, 7 marzo 2013, n. 5705; 5 marzo 2012, n. 3402)”.
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