Published On: 8 Ottobre 2017Categories: Articoli, Diritto Penale, Marco Conti

Affidamento alla prova, le misure alternative alla pena

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 34565 depositata in data 14 luglio 2017, ha avuto modo di ribadire il principio di diritto secondo cui “ai fini della determinazione del residuo periodo di pena da espiare, il giudice deve motivare in ordine alla decorrenza della revoca prendendo in esame non solo la gravità oggettiva e soggettiva del comportamento che ha dato luogo alla stessa, ma anche la condotta complessivamente tenuta dal condannato durante il periodo di prova trascorso e la concreta incidenza delle prescrizioni imposte a suo carico”.

Il caso specifico portato all’attenzione della Suprema Corte concerneva un soggetto al quale il Tribunale di Sorveglianza concedeva la misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali.

Il detenuto veniva colto però mentre cercava di vendere un dipinto a lui non appartenente di talché il Tribunale di Sorveglianza disponeva con ordinanza la revoca della misura alternativa precedentemente disposta con efficacia retroattiva.

Adiva dunque la Suprema Corte il condannato dolendosi della manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione di cui al provvedimento di revoca della misura alternativa emesso in quanto, nello specifico, il Tribunale non avrebbe adeguatamente valorizzato le positive valutazioni evidenziate nella relazione redatta dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria in merito alla condotta tenuta dal detenuto.

Gli Ermellini non condividevano le deduzioni della difesa del condannato rilevando la congruità della motivazione addotta dal Tribunale di Sorveglianza il quale può legittimamente disporre la revoca della misura alternativa, con efficacia ex tunc, qualora rilevi l’inesistenza sin dall’inizio di un’adesione al processo rieducativo da parte del condannato il quale palesi atteggiamenti manifestamente negativi e contrastanti con la ratio sottesa alla misura alternativa disposta.

Per tali ragioni la Suprema Corte rigettava il ricorso promosso dal detenuto e lo condannava alle spese processuali.

Dott. Marco Conti

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Published On: 8 Ottobre 2017Categories: Articoli, Diritto Penale, Marco ContiBy

Affidamento alla prova, le misure alternative alla pena

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 34565 depositata in data 14 luglio 2017, ha avuto modo di ribadire il principio di diritto secondo cui “ai fini della determinazione del residuo periodo di pena da espiare, il giudice deve motivare in ordine alla decorrenza della revoca prendendo in esame non solo la gravità oggettiva e soggettiva del comportamento che ha dato luogo alla stessa, ma anche la condotta complessivamente tenuta dal condannato durante il periodo di prova trascorso e la concreta incidenza delle prescrizioni imposte a suo carico”.

Il caso specifico portato all’attenzione della Suprema Corte concerneva un soggetto al quale il Tribunale di Sorveglianza concedeva la misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali.

Il detenuto veniva colto però mentre cercava di vendere un dipinto a lui non appartenente di talché il Tribunale di Sorveglianza disponeva con ordinanza la revoca della misura alternativa precedentemente disposta con efficacia retroattiva.

Adiva dunque la Suprema Corte il condannato dolendosi della manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione di cui al provvedimento di revoca della misura alternativa emesso in quanto, nello specifico, il Tribunale non avrebbe adeguatamente valorizzato le positive valutazioni evidenziate nella relazione redatta dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria in merito alla condotta tenuta dal detenuto.

Gli Ermellini non condividevano le deduzioni della difesa del condannato rilevando la congruità della motivazione addotta dal Tribunale di Sorveglianza il quale può legittimamente disporre la revoca della misura alternativa, con efficacia ex tunc, qualora rilevi l’inesistenza sin dall’inizio di un’adesione al processo rieducativo da parte del condannato il quale palesi atteggiamenti manifestamente negativi e contrastanti con la ratio sottesa alla misura alternativa disposta.

Per tali ragioni la Suprema Corte rigettava il ricorso promosso dal detenuto e lo condannava alle spese processuali.

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