"A Roma la mafia non esiste”
E’ quanto sostanzialmente ha sancito la decima sezione penale del Tribunale di Roma con la sentenza emessa all’esito del procedimento penale meglio noto come “mafia capitale”.
Viene dunque censurata l’ipotesi posta alla base dell’impianto accusatorio del pool dei pubblici Ministeri composto dal dott. Paolo Ielo, dott. Giuseppe Cascini e il Dott. Luca Tescaroli capeggiati dal Procuratore Capo Giuseppe Pignatone.
Nel provvedimento emesso dal Collegio Giudicante, per la cui più approfondita analisi non si può non rimandare al deposito delle motivazioni, vengono condivise dunque le deduzioni delle difese più agguerrite rappresentate dall’Avvocato Giosuè Bruno Naso, legale storico di Massimo Carminati, e dall’Avvocato Alessandro Diddi, legale di Salvatore Buzzi, i quali sin dall’inizio hanno fondato la propria strategia difensiva sull’asserita carenza degli elementi tipici della fattispecie delittuosa di cui all’art. 416 bis c.p., ovvero l’intimidazione e il conseguente controllo del territorio.
Non si può non evidenziare come, benché sia “caduta” l’associazione mafiosa, le pene comminate nei confronti degli imputati principali, Carminati e Buzzi, siano comunque severe, 20 anni al primo e 19 al secondo.
Come poc’anzi accennato occorrerà attendere il deposito delle motivazioni dalle quali si potrà evincere, oltre ai motivi di diritto per i quali il Tribunale non ha condiviso in toto la tesi accusatoria, anche i margini di un eventuale appello proponibile sia dagli imputati che dall’organo requirente.
Dott. Marco Conti
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Nel provvedimento emesso dal Collegio Giudicante, per la cui più approfondita analisi non si può non rimandare al deposito delle motivazioni, vengono condivise dunque le deduzioni delle difese più agguerrite rappresentate dall’Avvocato Giosuè Bruno Naso, legale storico di Massimo Carminati, e dall’Avvocato Alessandro Diddi, legale di Salvatore Buzzi, i quali sin dall’inizio hanno fondato la propria strategia difensiva sull’asserita carenza degli elementi tipici della fattispecie delittuosa di cui all’art. 416 bis c.p., ovvero l’intimidazione e il conseguente controllo del territorio.
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