Fallimenti Diseguali
Gli analisti di Cherry Bit hanno utilizzato la metrica adottata dalla Cepej – Commissione europea per l’efficienza della giustizia per calcolare la durata dei procedimenti fallimentari.
La definizione esatta è quella di “disposition time”, cioè il tempo necessario per smaltire i procedimenti pendenti alla fine di un determinato anno.
Calandoci tra i numeri di questa analisi, possiamo riscontrare come i tribunali con i rendimenti medi migliori sono stati Torino, Bergamo e Milano, con un valore compreso tra i 4 e i 5 anni. Al contrario, i tribunali con la statistica peggiore sono stati Padova, Firenze, Verona, Catania e Bari, con un intervallo temporale compreso tra i 6,4 e gli 11 anni.
Un’altra importante statistica è rappresentata dal “clearance date” ossia il tasso di smaltimento delle procedure da parte del tribunale. In linea teorica, un clearance date maggiore di 100 significa che il tribunale, in un anno, riesce a smaltire più procedimenti di quanti ne apre e, di conseguenza, riduce il carico di procedure pendenti. Questo dato viene calcolato come il rapporto tra il numero di procedimenti conclusi nell’anno e quelli aperti. Va segnalato che un quarto dei tribunali analizzati, in particolare Milano, Firenze, Verona, Catania e Cagliari continua ad accumulare pratiche aumentando esponenzialmente il proprio indice.
Geograficamente parlando, è interessante notare come nel 2019 il 35% dei procedimenti fallimentari sia stato preso in carico solo dai due tribunali di Roma e Milano, i quali sono anche i due tribunali con il maggior numero di procedure pendenti.
Inoltre, dal focus si evince che i vari passaggi di una procedura fallimentare, sono smaltiti con tempi diversi tra i vari tribunali. Ad esempio, mentre a Torino la fase che si conclude con la definizione dello stato passivo dura 1,36 anni, a Bari la stessa attività ha una durata pari a 5,25 anni.
Ci sono, però, anche stime incoraggianti e positivi come quelle riguardanti i numeri di procedimenti aperti e il numero di pratiche pendenti.
Nei tribunali di Torino, Vicenza e Napoli la percentuale di nuove pratiche aperte si è rispettivamente ridotta del 37%, 20 e 34%.
Non può dirsi lo stesso dei tribunali di Cagliari e Catania, dove le nuove pratiche sono aumentate del 17 e del 15%.
Quali possono essere i fattori reali che comportano questi numeri e queste statistiche?
Sicuramente il numero di giudici assegnati ad ogni sezione fallimentare è un discrimine importante che incide notevolmente sui livelli di efficienza. Da osservare infatti che Milano, secondo tribunale in Italia nel 2019 per numero di magistrati delegati a codesta tipologia di procedure, ha gestito oltre mille nuove pratiche con una media di 100 ogni giudice.
Tribunali come Napoli, Torino e Bologna possono contare su un rapporto di 35:1 nuove pratiche per singolo giudice.
In conclusione, possiamo ritenere che questa analisi statistica sia importante soprattutto in vista dell’anno 2021, il quale, a causa dell’emergenza sanitaria da Coronavirus, sarà un anno corredato da forti e innumerevoli default aziendali.
Giuseppe Edoardo Tarabuso
Fonte foto: database freepik
Fallimenti Diseguali
Gli analisti di Cherry Bit hanno utilizzato la metrica adottata dalla Cepej – Commissione europea per l’efficienza della giustizia per calcolare la durata dei procedimenti fallimentari.
La definizione esatta è quella di “disposition time”, cioè il tempo necessario per smaltire i procedimenti pendenti alla fine di un determinato anno.
Calandoci tra i numeri di questa analisi, possiamo riscontrare come i tribunali con i rendimenti medi migliori sono stati Torino, Bergamo e Milano, con un valore compreso tra i 4 e i 5 anni. Al contrario, i tribunali con la statistica peggiore sono stati Padova, Firenze, Verona, Catania e Bari, con un intervallo temporale compreso tra i 6,4 e gli 11 anni.
Un’altra importante statistica è rappresentata dal “clearance date” ossia il tasso di smaltimento delle procedure da parte del tribunale. In linea teorica, un clearance date maggiore di 100 significa che il tribunale, in un anno, riesce a smaltire più procedimenti di quanti ne apre e, di conseguenza, riduce il carico di procedure pendenti. Questo dato viene calcolato come il rapporto tra il numero di procedimenti conclusi nell’anno e quelli aperti. Va segnalato che un quarto dei tribunali analizzati, in particolare Milano, Firenze, Verona, Catania e Cagliari continua ad accumulare pratiche aumentando esponenzialmente il proprio indice.
Geograficamente parlando, è interessante notare come nel 2019 il 35% dei procedimenti fallimentari sia stato preso in carico solo dai due tribunali di Roma e Milano, i quali sono anche i due tribunali con il maggior numero di procedure pendenti.
Inoltre, dal focus si evince che i vari passaggi di una procedura fallimentare, sono smaltiti con tempi diversi tra i vari tribunali. Ad esempio, mentre a Torino la fase che si conclude con la definizione dello stato passivo dura 1,36 anni, a Bari la stessa attività ha una durata pari a 5,25 anni.
Ci sono, però, anche stime incoraggianti e positivi come quelle riguardanti i numeri di procedimenti aperti e il numero di pratiche pendenti.
Nei tribunali di Torino, Vicenza e Napoli la percentuale di nuove pratiche aperte si è rispettivamente ridotta del 37%, 20 e 34%.
Non può dirsi lo stesso dei tribunali di Cagliari e Catania, dove le nuove pratiche sono aumentate del 17 e del 15%.
Quali possono essere i fattori reali che comportano questi numeri e queste statistiche?
Sicuramente il numero di giudici assegnati ad ogni sezione fallimentare è un discrimine importante che incide notevolmente sui livelli di efficienza. Da osservare infatti che Milano, secondo tribunale in Italia nel 2019 per numero di magistrati delegati a codesta tipologia di procedure, ha gestito oltre mille nuove pratiche con una media di 100 ogni giudice.
Tribunali come Napoli, Torino e Bologna possono contare su un rapporto di 35:1 nuove pratiche per singolo giudice.
In conclusione, possiamo ritenere che questa analisi statistica sia importante soprattutto in vista dell’anno 2021, il quale, a causa dell’emergenza sanitaria da Coronavirus, sarà un anno corredato da forti e innumerevoli default aziendali.
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