SEQUESTRO CONSERVATIVO: “Lì DOVE IL FUMUS NON SUSSISTE, IL GIUDICE DEL SEQUESTRO É ESENTATO DALL’ESAME E DALLA DECISIONE SUL PERICULUM IN MORA”.
Il sequestro conservativo viene disciplinato dall’art 671 c.p.c il quale prevede che “il giudice, su istanza del creditore, che ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può autorizzare il sequestro conservativo dei beni mobili o immobili del debitore o delle somme o cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne permetta il pignoramento”.
Il sequestro conservativo è dunque orientato a proteggere una futura esecuzione per espropriazione.
Difatti l’art. 2905 c.c. prevede che: “Il creditore può chiedere il sequestro conservativo dei beni del debitore, secondo le regole stabilite dal codice di procedura civile (671 c.p.c.). Il sequestro può essere chiesto anche nei confronti del terzo acquirente dei beni del debitore, qualora sia stata proposta l’azione per far dichiarare l’inefficacia dell’alienazione”.
Presupposti del sequestro conservativo sono: fumus boni iuris e periculum in mora.
IN DIRITTO
SUL FUMUS BONI IURIS E SUL PERICULUM IN MORA
Il fumus suppone un giudizio di ragionevole verosimiglianza circa la sussistenza del diritto fatto valere mentre il periculum in mora allude al fatto che la misura di urgenza si giustifica solo sotto il profilo del concreto rischio che, con il decorso del tempo, la decisione di merito o l’attività esecutiva risultino, in pratica, vanificate[1].
Pertanto, nel caso in cui si chieda la disposizione del sequestro conservativo, il ricorrente dovrà dimostrare che la garanzia del proprio credito si sia ridotta quantomeno a livello presuntivo.
Mentre, con riguardo al periculum in mora, è opportuno specificare che quest’ultimo può desumersi tanto da elementi oggettivi quanto da elementi soggettivi. Nello specifico, ciò che si richiede all’istante, per consentire l’accoglimento della sua domanda nel merito, è che egli prospetti la probabile sopravvenienza futura di un pregiudizio circa la propria situazione sostanziale, alla cui neutralizzazione mira il provvedimento cautelare richiesto[2].
Dal momento che si parla di una valutazione futura, ciò che viene chiesto al giudice è verificare la probabilità con la quale la situazione sostanziale può essere esposta a rischi di pregiudizio.
Il periculum rappresenta, in definitiva, l’interesse ad agire davanti al giudice cautelare, dando luogo all’accertamento di una condizione dell’azione cautelare, e allo stesso tempo una componente essenziale dell’oggetto dell’attività decisoria giudiziale.
Tanto nel caso del fumus, quanto nel caso del periculum al giudice è richiesto di pronosticare, attraverso un preventivo calcolo di probabilità, ciò che accadrà in futuro, ovvero:
- a) se la situazione sostanziale rappresentata dall’istante risulti fondata e possa superare il vaglio dell’accertamento pieno ed esauriente nel merito;
- b) se siano effettivi i prospettati rischi del pregiudizio.
In merito ad entrambi i presupposti, la giurisprudenza ritiene che sia necessaria una valutazione rigorosa degli stessi, stabilendo, nel caso del periculum in mora, i quali devono necessariamente sussistere congiuntamente.
Tuttavia, ai sensi dell’art. 671 c.p.c., l’emanazione di un provvedimento di sequestro conservativo presuppone l’esistenza sia del fumus boni iuris – cioè di una situazione che consenta di ritenere probabile l’esistenza della pretesa in contestazione – sia del periculum in mora – cioè del fondato timore di perdere le garanzie del proprio credito – così che la carenza anche di una soltanto delle suddette condizioni impedisce la concessione della misura cautelare, e, ove questa sia stata concessa, il giudizio di convalida deve avere ad oggetto la sussistenza di entrambe le condizioni. Pertanto, inerendo le dette condizioni alla “convalidabilità” del sequestro, in sede di gravame il giudice d’appello deve riscontrarne d’ufficio la ricorrenza, onde la dedotta insussistenza di una di esse non costituisce eccezione in senso proprio da riproporsi espressamente ex art. 346 c.p.c. Cass. 8 settembre 1997, n. 8729.
CONCLUSIONI
- Richiamando il principio della ragione più liquida, la giurisprudenza ha stabilito che il fumus boni iuris ed il periculum in mora debbano sussistere congiuntamente ai fini dell’emanazione di un provvedimento cautelare. Il riscontro dell’assenza di uno di essi, data la loro stretta complementarietà, esonera il giudice dal verificare l’esistenza dell’altro presupposto; per la giurisprudenza, infatti, l’elemento predominante è il fumus boni iuris. Nel momento in cui il fumus viene meno, si ritiene superflua ogni altra valutazione sul periculum. (Trib. Vicenza, sez. spec. Società 15 giugno 2016).
Sulla base della giurisprudenza sopra riportata si deduce che in assenza del fumus, il giudice non è tenuto ad esaminare il periculum.
Questa affermazione risulta essere certa non solo in quanto confermata dalla giurisprudenza (sopra indicata ed al punto 2) ma anche da diversi autori quali: Fabio Fiorucci, “Tutela d’urgenza ex art. 700 c.p.c.”, Giuffrè editore, p. 113 e Gianluca Cascella, “La tutela cautelare nel processo civile”, Dike collana giuridica, p. 31.
- Ai sensi dell’art. 671 c.p.c., l’emanazione di un provvedimento di sequestro conservativo presuppone l’esistenza sia del fumus boni iuris, sia del periculum in mora. Di conseguenza, la carenza anche di una soltanto delle suddette condizioni impedisce la concessione della misura cautelare, e, ove questa sia stata concessa, il giudizio di convalida deve avere ad oggetto la sussistenza di entrambe le condizioni. Pertanto, inerendo le dette condizioni alla “convalidabilità” del sequestro, in sede di gravame il giudice d’appello deve riscontrarne d’ufficio la ricorrenza, onde la dedotta insussistenza di una di esse non costituisce eccezione in senso proprio da riproporsi espressamente ex 346 c.p.c.(Cass. Civile, Sez. II, del 19/02/2016 n. 3358, Cass. Civile, Sez. I del 12/12/2011 n. 26529, Cass. Civile, Sez. III del 4/06/2013 n. 14068).
[1]P. Biavati, “Argomenti di Diritto Processuale Civile”, III ed (aggiornata), Bononia University Press, pp. 705 e ss.
[2]P. Biavati, “Argomenti di Diritto Processuale Civile”, III ed (aggiornata), Bononia University Press, pp. 706 e ss.
Dott.ssa Chiara Verdone
Fonte foto: database freepik
SEQUESTRO CONSERVATIVO: “Lì DOVE IL FUMUS NON SUSSISTE, IL GIUDICE DEL SEQUESTRO É ESENTATO DALL’ESAME E DALLA DECISIONE SUL PERICULUM IN MORA”.
Il sequestro conservativo viene disciplinato dall’art 671 c.p.c il quale prevede che “il giudice, su istanza del creditore, che ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito, può autorizzare il sequestro conservativo dei beni mobili o immobili del debitore o delle somme o cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne permetta il pignoramento”.
Il sequestro conservativo è dunque orientato a proteggere una futura esecuzione per espropriazione.
Difatti l’art. 2905 c.c. prevede che: “Il creditore può chiedere il sequestro conservativo dei beni del debitore, secondo le regole stabilite dal codice di procedura civile (671 c.p.c.). Il sequestro può essere chiesto anche nei confronti del terzo acquirente dei beni del debitore, qualora sia stata proposta l’azione per far dichiarare l’inefficacia dell’alienazione”.
Presupposti del sequestro conservativo sono: fumus boni iuris e periculum in mora.
IN DIRITTO
SUL FUMUS BONI IURIS E SUL PERICULUM IN MORA
Il fumus suppone un giudizio di ragionevole verosimiglianza circa la sussistenza del diritto fatto valere mentre il periculum in mora allude al fatto che la misura di urgenza si giustifica solo sotto il profilo del concreto rischio che, con il decorso del tempo, la decisione di merito o l’attività esecutiva risultino, in pratica, vanificate[1].
Pertanto, nel caso in cui si chieda la disposizione del sequestro conservativo, il ricorrente dovrà dimostrare che la garanzia del proprio credito si sia ridotta quantomeno a livello presuntivo.
Mentre, con riguardo al periculum in mora, è opportuno specificare che quest’ultimo può desumersi tanto da elementi oggettivi quanto da elementi soggettivi. Nello specifico, ciò che si richiede all’istante, per consentire l’accoglimento della sua domanda nel merito, è che egli prospetti la probabile sopravvenienza futura di un pregiudizio circa la propria situazione sostanziale, alla cui neutralizzazione mira il provvedimento cautelare richiesto[2].
Dal momento che si parla di una valutazione futura, ciò che viene chiesto al giudice è verificare la probabilità con la quale la situazione sostanziale può essere esposta a rischi di pregiudizio.
Il periculum rappresenta, in definitiva, l’interesse ad agire davanti al giudice cautelare, dando luogo all’accertamento di una condizione dell’azione cautelare, e allo stesso tempo una componente essenziale dell’oggetto dell’attività decisoria giudiziale.
Tanto nel caso del fumus, quanto nel caso del periculum al giudice è richiesto di pronosticare, attraverso un preventivo calcolo di probabilità, ciò che accadrà in futuro, ovvero:
- a) se la situazione sostanziale rappresentata dall’istante risulti fondata e possa superare il vaglio dell’accertamento pieno ed esauriente nel merito;
- b) se siano effettivi i prospettati rischi del pregiudizio.
In merito ad entrambi i presupposti, la giurisprudenza ritiene che sia necessaria una valutazione rigorosa degli stessi, stabilendo, nel caso del periculum in mora, i quali devono necessariamente sussistere congiuntamente.
Tuttavia, ai sensi dell’art. 671 c.p.c., l’emanazione di un provvedimento di sequestro conservativo presuppone l’esistenza sia del fumus boni iuris – cioè di una situazione che consenta di ritenere probabile l’esistenza della pretesa in contestazione – sia del periculum in mora – cioè del fondato timore di perdere le garanzie del proprio credito – così che la carenza anche di una soltanto delle suddette condizioni impedisce la concessione della misura cautelare, e, ove questa sia stata concessa, il giudizio di convalida deve avere ad oggetto la sussistenza di entrambe le condizioni. Pertanto, inerendo le dette condizioni alla “convalidabilità” del sequestro, in sede di gravame il giudice d’appello deve riscontrarne d’ufficio la ricorrenza, onde la dedotta insussistenza di una di esse non costituisce eccezione in senso proprio da riproporsi espressamente ex art. 346 c.p.c. Cass. 8 settembre 1997, n. 8729.
CONCLUSIONI
- Richiamando il principio della ragione più liquida, la giurisprudenza ha stabilito che il fumus boni iuris ed il periculum in mora debbano sussistere congiuntamente ai fini dell’emanazione di un provvedimento cautelare. Il riscontro dell’assenza di uno di essi, data la loro stretta complementarietà, esonera il giudice dal verificare l’esistenza dell’altro presupposto; per la giurisprudenza, infatti, l’elemento predominante è il fumus boni iuris. Nel momento in cui il fumus viene meno, si ritiene superflua ogni altra valutazione sul periculum. (Trib. Vicenza, sez. spec. Società 15 giugno 2016).
Sulla base della giurisprudenza sopra riportata si deduce che in assenza del fumus, il giudice non è tenuto ad esaminare il periculum.
Questa affermazione risulta essere certa non solo in quanto confermata dalla giurisprudenza (sopra indicata ed al punto 2) ma anche da diversi autori quali: Fabio Fiorucci, “Tutela d’urgenza ex art. 700 c.p.c.”, Giuffrè editore, p. 113 e Gianluca Cascella, “La tutela cautelare nel processo civile”, Dike collana giuridica, p. 31.
- Ai sensi dell’art. 671 c.p.c., l’emanazione di un provvedimento di sequestro conservativo presuppone l’esistenza sia del fumus boni iuris, sia del periculum in mora. Di conseguenza, la carenza anche di una soltanto delle suddette condizioni impedisce la concessione della misura cautelare, e, ove questa sia stata concessa, il giudizio di convalida deve avere ad oggetto la sussistenza di entrambe le condizioni. Pertanto, inerendo le dette condizioni alla “convalidabilità” del sequestro, in sede di gravame il giudice d’appello deve riscontrarne d’ufficio la ricorrenza, onde la dedotta insussistenza di una di esse non costituisce eccezione in senso proprio da riproporsi espressamente ex 346 c.p.c.(Cass. Civile, Sez. II, del 19/02/2016 n. 3358, Cass. Civile, Sez. I del 12/12/2011 n. 26529, Cass. Civile, Sez. III del 4/06/2013 n. 14068).
[1]P. Biavati, “Argomenti di Diritto Processuale Civile”, III ed (aggiornata), Bononia University Press, pp. 705 e ss.
[2]P. Biavati, “Argomenti di Diritto Processuale Civile”, III ed (aggiornata), Bononia University Press, pp. 706 e ss.
Dott.ssa Chiara Verdone
Fonte foto: database freepik
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