Sono inefficaci nei confronti del Fallimento le elargizioni fatte dal fallito per beneficienza?
Egregio Avvocato,
mi permetto di disturbarla al fine di esporLe il mio problema.
Mi chiamo Renata, vivo a Messina e mi occupo di volontariato. Infatti presto servizio presso un’associazione che si occupa di assistenza agli anziani.
L’associazione opera grazie alle generosità di tante persone che, mensilmente, eseguono in favore della stessa delle piccole donazioni in denaro.
Mio marito Francesco, invece, fino all’anno scorso faceva il ristoratore ed era titolare di una ditta individuale.
Proprio mio marito, mensilmente, destinava una piccola quota dei proventi della sua attività imprenditoriale a beneficio dell’associazione.
Anche se parliamo di circa 100, 00 euro mensili, si è trattato di un contributo rilevante che – in questi ultimi anni – ha sensibilmente contribuito a garantire l’operatività dell’associazione.
Il problema è che – a causa della crisi economica e finanziaria – con sentenza emessa agli inizi di quest’anno, l’impresa di mio marito è stata dichiarata fallita e la curatela ha scritto all’associazione di volontariato chiedendo la restituzione di tutti gli emolumenti mensilmente corrisposti da mio marito a beneficio della stessa.
In modo particolare, nell’ultima lettera inviata all’associazione, la curatela fallimentare sostiene che tali elargizioni debbono ritenersi revocabili e minaccia l’esperimento, da parte del fallimento, di un’azione giudiziaria tesa ad ottenere la condanna dell’associazione alla restituzione delle somme richieste, ammontanti a circa 1.500, 00 euro.
Le chiedo consiglio al riguardo. È vero che le piccole donazioni mensilmente eseguite da mio marito, prima della dichiarazione di fallimento, sono inefficaci e devono ora essere restituite al fallimento?
Grazie per l’attenzione e la cortesia.
_________________
Gentile utente,
ritengo che la curatela fallimentare non possa agire in giudizio per far dichiarare l’inefficacia delle elargizioni eseguite da suo marito, prima di fallire, in favore dell’associazione di volontariato in cui Lei lavora.
È pur vero, infatti, che l’articolo 64 della Legge Fallimentare sancisce l’inefficacia, nei confronti dei creditori, degli atti a titolo gratuito compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento.
Impropriamente, a proposito di questi atti, si parla di “revocatoria fallimentare” mentre, in realtà, si tratta di un’inefficacia di diritto, con consegue per legge alla dichiarazione di fallimento del disponente ed obbliga i destinatari degli atti medesimi a restituire quanto a loro è stato dato dal fallito.
Tuttavia lo stesso articolo 64 della L.F. prevede un’espressa eccezione per i regali d’uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilità, sempre che tali liberalità risultino proporzionate al patrimonio del donante.
Quanto ai “regali d’uso” si precisa che per tali debbono intendersi quelle liberalità, di modico valore, che è consuetudine fare in occasione di servizi resi e, comunque, in conformità agli usi (art. 770, comma n. 2 del codice civile).
Si richiede comunque, per l’efficacia di tali atti nei confronti della massa dei creditori, che si tratti di atti che siano determinati da spirito di liberalità e siano proporzionati al patrimonio e alla situazione economica di colui che li pone in essere.
Gli stessi requisiti sono necessari per escludere l’inefficacia, nei confronti della massa dei creditori, degli atti posti in essere in adempimento di un dovere morale o sociale.
Sono, infine, atti compiuti a scopo di pubblica utilità, ad esempio, le elargizioni fatte dal soggetto – poi fallito – per beneficenza, alle fondazioni pie o culturali, per il bene della comunità sociale, alle associazioni di volontariato ecc…
Nel caso di specie ritengo che le elargizioni eseguite da suo marito, ante fallimento, in favore dell’associazione di volontariato rientrino proprio in quest’ultima categoria (atti compiuti a scopo di pubblica utilità) e non siano, quindi, colpiti dall’inefficacia di diritto di cui all’art. 64 della Legge Fallimentare.
Nella speranza di avere adeguatamente risposto al suo quesito, invio cordiali saluti.
Sergio Scicchitano
Sono inefficaci nei confronti del Fallimento le elargizioni fatte dal fallito per beneficienza?
Egregio Avvocato,
mi permetto di disturbarla al fine di esporLe il mio problema.
Mi chiamo Renata, vivo a Messina e mi occupo di volontariato. Infatti presto servizio presso un’associazione che si occupa di assistenza agli anziani.
L’associazione opera grazie alle generosità di tante persone che, mensilmente, eseguono in favore della stessa delle piccole donazioni in denaro.
Mio marito Francesco, invece, fino all’anno scorso faceva il ristoratore ed era titolare di una ditta individuale.
Proprio mio marito, mensilmente, destinava una piccola quota dei proventi della sua attività imprenditoriale a beneficio dell’associazione.
Anche se parliamo di circa 100, 00 euro mensili, si è trattato di un contributo rilevante che – in questi ultimi anni – ha sensibilmente contribuito a garantire l’operatività dell’associazione.
Il problema è che – a causa della crisi economica e finanziaria – con sentenza emessa agli inizi di quest’anno, l’impresa di mio marito è stata dichiarata fallita e la curatela ha scritto all’associazione di volontariato chiedendo la restituzione di tutti gli emolumenti mensilmente corrisposti da mio marito a beneficio della stessa.
In modo particolare, nell’ultima lettera inviata all’associazione, la curatela fallimentare sostiene che tali elargizioni debbono ritenersi revocabili e minaccia l’esperimento, da parte del fallimento, di un’azione giudiziaria tesa ad ottenere la condanna dell’associazione alla restituzione delle somme richieste, ammontanti a circa 1.500, 00 euro.
Le chiedo consiglio al riguardo. È vero che le piccole donazioni mensilmente eseguite da mio marito, prima della dichiarazione di fallimento, sono inefficaci e devono ora essere restituite al fallimento?
Grazie per l’attenzione e la cortesia.
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Gentile utente,
ritengo che la curatela fallimentare non possa agire in giudizio per far dichiarare l’inefficacia delle elargizioni eseguite da suo marito, prima di fallire, in favore dell’associazione di volontariato in cui Lei lavora.
È pur vero, infatti, che l’articolo 64 della Legge Fallimentare sancisce l’inefficacia, nei confronti dei creditori, degli atti a titolo gratuito compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento.
Impropriamente, a proposito di questi atti, si parla di “revocatoria fallimentare” mentre, in realtà, si tratta di un’inefficacia di diritto, con consegue per legge alla dichiarazione di fallimento del disponente ed obbliga i destinatari degli atti medesimi a restituire quanto a loro è stato dato dal fallito.
Tuttavia lo stesso articolo 64 della L.F. prevede un’espressa eccezione per i regali d’uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilità, sempre che tali liberalità risultino proporzionate al patrimonio del donante.
Quanto ai “regali d’uso” si precisa che per tali debbono intendersi quelle liberalità, di modico valore, che è consuetudine fare in occasione di servizi resi e, comunque, in conformità agli usi (art. 770, comma n. 2 del codice civile).
Si richiede comunque, per l’efficacia di tali atti nei confronti della massa dei creditori, che si tratti di atti che siano determinati da spirito di liberalità e siano proporzionati al patrimonio e alla situazione economica di colui che li pone in essere.
Gli stessi requisiti sono necessari per escludere l’inefficacia, nei confronti della massa dei creditori, degli atti posti in essere in adempimento di un dovere morale o sociale.
Sono, infine, atti compiuti a scopo di pubblica utilità, ad esempio, le elargizioni fatte dal soggetto – poi fallito – per beneficenza, alle fondazioni pie o culturali, per il bene della comunità sociale, alle associazioni di volontariato ecc…
Nel caso di specie ritengo che le elargizioni eseguite da suo marito, ante fallimento, in favore dell’associazione di volontariato rientrino proprio in quest’ultima categoria (atti compiuti a scopo di pubblica utilità) e non siano, quindi, colpiti dall’inefficacia di diritto di cui all’art. 64 della Legge Fallimentare.
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